enellogoantep-680x395E l’ha pensato l’agenzia Wolff Olins, mentre il logo precedente era firmato da Bob Noorda

Oggi Bob Noorda, il leggendario designer olandese, è morto. Di nuovo: e questa volta per sempre. Oggi finisce definitivamente un’epoca, quella in cui i loghi delle grandi società venivano progettati dai designer. Prima di commentare il nuovo logo di ENEL però, facciamo un salto indietro: al 1998, mica gli anni 60 eh. Due delle più grandi commodity italiane, Eni e Enel, commissionano nello stesso anno il redesign dei loro loghi al maestro olandese, ormai da tempo attivo a Milano.

Progetti diversi, ma stesso approccio: grande attenzione a questioni formali, tipografiche e cromatiche, seguendo l’idea secondo cui il logo è il minimo comune denominatore dei valori e della storia di un’azienda, è semanticamente potente e non deve passare di moda, è disegnato per durare, se non per sempre il più a lungo possibile.

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Guardare oggi Bob Noorda in questo video dell’archivio Enel in cui racconta in modo semplice eppure affascinante la genesi del suo progetto, fa davvero effetto, e purtroppo quasi tenerezza. E lo diciamo con tutto il rispetto verso una figura monumentale del design grafico mondiale.

Il mondo è cambiato, e anche noi designer dobbiamo farcene una ragione: non possiamo continuare a valutare (criticare?) i loghi utilizzando parametri che appartengono ad altri momenti storici, e che partono da una visione strettamente disciplinare del tipo “un buon logo deve funzionare così e cosà per essere definito davvero un buon logo”, perché purtroppo il parere dei grafici non interessa più a nessuno, ad eccezione dei grafici stessi, proprio con nel caso di TIM.

 

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E anche la questione del “lo sapeva fare mia cuginetta di 6 anni coi pastelli” non ha davvero nessun senso (al massimo poi, per citare Munari, la cuginetta saprebbe RI-farlo, non farlo, ma non divaghiamo), ed ecco perché: un logo ormai trascende completamente il suo valore meramente grafico distintivo, diventando parte (spesso l’inizio) di una grande narrazione. Paradossalmente mai come oggi la questione del logo è strategica, e lo conferma il fatto che anche Google ha rivisto il suo marchio sfatando il primo dei grandi tabù del branding: mai cambiare il logo di qualcosa che è molto conosciuto e ha successo.

Se poi una società ha bisogno di riposizionarsi (vedi Eni tra il 2009 e il 2012, capostipite in Italia di questo genere di operazioni) allora è fondamentale ripartire dal logo, o meglio dal marchio: dal logo-design al branding in un giro di giostra. E così ha fatto Enel: in un colpo solo presenta logo e sito, lavorando su un appeal super-digitale capace di allontanarne la sua immagine anni luce da quell’aura vagamente ministeriale da cui erano avvolte le grandi commodity del nostro Paese.

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Siamo seri, la nuova immagine di Enel, valutata in maniera complessiva con un approccio olistico al design e alla comunicazione è davvero interessante e quasi avanguardista se si considerano campo, portata e pubblico. Al progetto e alla strategia di comunicazione ha collaborato l’agenzia Wolff Olins – qui un video in cui raccontano il loro lavoro – e sono state coinvolte altre agenzie di comunicazione come Saatchi&Saatchi. È chiaro quindi che la questione non è “Enel ha un nuovo logo”, ma piuttosto Enel ha un nuovo racconto di sé, perché da oggi Enel è un nuovo brand.

Quanto durerà la nuova immagine? Il tempo di un racconto, appunto. O di un cambio di management. Solo una cosa è certa: in questa storia, purtroppo, non c’è più posto per Bob e per quelli come lui. Siamo tutti avvertiti.

Fonte: dailybest