“NON MI taggare che sono venuto male”, “Se mi tagghi non vale” e ancora “Ti vorrei taggare”, per indicare un certo gradimento dell’altro, o “Mi ha taggato la polizia”, ovvero ho ricevuto una multa. Voce del verbo – non ancora riconosciuto dal dizionario italiano – taggare che, assolutamente in voga nel linguaggio di giovani e meno giovani iscritti a Facebook, ora diventa pure un brevetto riconosciuto dall’US Patent and Trademark Office 1. Se è vero che ai tempi del social network lasciarsi è pure un po’ staggarsi  –  a molti è toccato almeno una volta togliere il tag dalla foto con l’ex fidanzata o con l’amica non più troppo cara – è vero anche che il riconoscimento dell’Uspto ufficializza un sistema diventato più di una moda. Con circa 100 milioni di immagini caricate  –  e taggate – ogni giorno su Facebook è questo uno degli ingredienti del successo del maggiore social network del web oltre che secondo sito più visitato subito dopo Google.

Tagging, così come viene descritto nella scheda del brevetto numero 7,945,653 registrato il 17 maggio 2011, è un sistema per contrassegnare contenuti digitali. Il metodo, che prevede la selezione di un media digitale e di una regione del media, può includere l’associazione di una persona o di un’entità all’interno della regione selezionata e l’invio di una notifica alla persona o all’entità citata nel tag. Più difficile da spiegare che da fare per la maggior parte degli utenti di Facebook che da ora in poi utilizzeranno un sistema inventato da Marck Zuckerberg, Aaroon Sitting e Scott Marlette ogni volta che, cliccando su un’immagine, su un video, su un file musicale o su un testo, assoceranno a quel contenuto un nome.

Ci sono voluti circa cinque anni, dal momento del deposito della richiesta di brevetto per il tagging, per far ottenere a mister Facebook, al product architect Sitting e all’ex ingegnere Marlette la paternità del sistema che prevede come ulteriore funzione associata alla notifica anche l’invio di contenuti pubblicitari. È inoltre di pochi giorni fa l’introduzione del tag anche per marchi, prodotti e personaggi famosi, così a chi vorrà identificare quella popolare bevanda immortalata nella foto della festa basterà collegare l’immagine alla fan page della bibita con il tagging.

Oltre all’aspetto economico dell’ultima vittoria di Zuckerberg e compagnia  –  solo alcune settimane fa sempre a Facebook veniva riconosciuta la paternità del sistema di regali virtuali  –  il brevetto garantisce un discreto controllo sulle altre piattaforme sociali che da ora in poi dovranno guardarsi bene dall’introdurre sistemi che possono anche solo ricordare il tagging. Che d’ora innanzi è made in Facebook.

Fonte: http://www.repubblica.it