Criteri di classificazione condivisi a livello internazionale, sicurezza e privacyLe raccomandazioni del Comitato nazionale di bioetica a tutela dei pazienti
Le app mediche sono tecnologie ed innovazioni con enormi potenzialità migliorative per la salute pubblica e la salute individuale. Esistono però una serie di risvolti etici e di problemi sollevati dall’utilizzo delle nuove applicazioni in campo sanitario, che bisogna affrontare. Il Comitato nazionale di bioetica scende in campo sui delicati temi della regolamentazione del settore e degli strumenti da fornire al cittadino per orientarsi meglio nella giungla delle app, al centro dell’agenda di istituzioni, società scientifiche e associazioni del mondo della sanità.
Un mercato in rapida espansione
Il mercato delle applicazioni su smartphone, tablet e dispositivi digitali è in rapidissima espansione: nel giro di un anno, si è passati da più di 40 mila a 1oo mila app disponibili sul mercato. Una vera e propria rivoluzione, difficile da governare come hanno evidenziato le risposte alla consultazione pubblica della Commissione europea sul «Libro Verde sulla mHealth», pubblicate lo scorso 12 gennaio. Preoccupazioni tutt’altro che infondate. Primo tra gli enti regolatori pubblici, nel 2013 la Food and drug administration statunitense ha lanciato l’allarme sui rischi connessi alle app mediche e ha approvato Linee di indirizzo sull’argomento che ha rivisto già nel febbraio scorso. Anche il ministero della Salute si sta muovendo per cercare di dare un quadro normativo alla materia e i Garanti della Privacy dell’Europa hanno chiesto alle piattaforme che propongono app su smartphone e tablet di obbligare gli sviluppatori ad informare gli utenti, prima che questi scarichino le app, sugli eventuali dati personali che verranno raccolti e sul loro uso.
Le problematicità
Il documento del Comitato nazionale di bioetica è stato approvato nella seduta plenaria del 29 maggio 2015 ( e reso pubblico il 10 giugno) da un gruppo di esperti coordinati dalla professoressa Laura Palazzani, ordinario di filosofia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza della Lumsa di Roma. Dunque secondo il Comitato , le mobile app sono tecnologie che promuovono una forte innovazione e aprono nuove opportunità tra le quali la promozione di uno stile salutare di vita negli utenti, la facilitazione della comunicazione medico-paziente, il miglioramento dell’efficienza del sistema sanitario, la velocizzazione della raccolta di dati, l’ampliamento di accesso alle cure. «Al tempo stesso — scrivono gli esperti — emergono alcune problematicità discusse sul piano etico, relativamente alla sicurezza ed efficacia, alla privacy, al consenso informato, alla dipendenza e vulnerabilità tecnologica, all’autogestione della salute e al divario tecnologico».
Il «decalogo»
Alla luce dell’analisi etica il Comitato esprime alcune raccomandazioni, con particolare riferimento alla classificazione delle applicazioni in funzione dei rischi, alla promozione di una ricerca interdisciplinare tra informatici, progettisti e medici, insieme ad esperti di etica, scienze cognitive e sociali, nella fase di progettazione, sperimentazione e valutazione delle applicazioni, all’ incentivazione delle industrie a produrre app effettivamente utili per la salute dei cittadini e alla identificazione di responsabilità delle compagnie che producono app, nell’ambito dei profili di sicurezza e privacy. Il Comitato sollecita l’istituzione di un osservatorio per il monitoraggio delle app e la costituzione di siti e/o portali accreditati scientificamente, la promozione di un’appropriata informativa e una trasparente comunicazione all’utente al momento dell’utilizzo dell’app, con una specifica attenzione ai minori e la promozione di studi sull’impatto dell’uso delle app, in particolare sull’identità personale e relazionale. L’obiettivo è quello di promuovere l’acquisizione di una consapevolezza critica da parte della società delle nuove applicazione per la salute, evitando forme eccessive di salutismo e di medicalizzazione.
Fonte: corriere