Uno scenario da post catastrofe, con le strade ancora agibili, ma senza nessuno che le attraversi. La similitudine è di James Cowie della società americana Renesys, specializzata nel monitorare le attività sul Web, che ha descritto così la situazione di Internet in Libia a partire dalla sera di giovedì quando il governo ha chiuso gli ultimi canali che ancora consentivano il flusso di notizie via Web da e per il Paese. In maniera però più sottile e sofisticata di quanto avvenuto qualche settimana fa in Egitto, dove il regime di Mubarak si era limitato a ordinare ai provider di “staccare la spina”, spegnendo i server.
Quello che è accaduto non è del tutto chiaro, ma pare che in Libia i tecnici governativi sembrano aver mantenuto in funzione le strutture, incanalando però il traffico in una specie di “buco nero” che risucchia le richieste. Il comportamento dei provider potrebbe essere stato simile a quello delle compagnie telefoniche che tendono a diminuire la quota di traffico a disposizione di un certo utente man mano che questi supera una certa soglia; in questo caso la quota di traffico a disposizione è stata semplicemente azzerata.
“In una nazione delle dimensioni della Libia – conferma Craig Labovitz, analista capo della società di sicurezza Arbor Networks – è improbabile che un singolo evento, un incidente, possa isolare il Paese. Per il governo è relativamente facile, invece, riprogrammare alcuni server o togliere la corrente a una manciata di data center per tagliare le connessioni alla Rete”.
Il blackout, secondo quanto conferma anche Google, è stato pressoché continuo durante la giornata di venerdì ed è proseguito venerdì mattina; lo si evince dal grafico del Transparency Report, uno strumento online che serve per controllare di ora in ora il fluire dei dati provenienti dai vari servizi della Grande G (da YouTube a Gmail, a Google Search) nel mondo.
Nelle ultime 48 ore la barra del diagramma che riguarda la Libia è rimasta fissa nei pressi dello zero. Soltanto in alcuni alberghi che ospitano i giornalisti stranieri, secondo quanto riferisce il Wall Street Journal, il servizio sembra essere stato temporaneamente ripristinato in un paio di occasioni. In Libia la la situazione dell’accesso a Internet è molto diversa da quella dell’Egitto; soltanto il 6 % della popolazione utilizza il Web (contro il 24 % degli egiziani), si tratta però di una fascia di abitanti molto scolarizzata, influente e interessata alla politica, per cui la perdita dell’informazione online può rappresentare un brutto colpo.
Ma anche chi non segue abitualmente le vicende politiche risentirà dell’oscuramento – spiega Leslie Harris, presidente del Centro per la Democrazia e la Tecnologia di Washington. Ciò è vero in particolare per gli abitanti della capitale: “li isolerà ancor più da chi vive nelle altre parti della nazione – sottlinea Harris – e dalle informazioni su ciò che sta accadendo laggiù”. Impedendo così che il vento della ribellione possa contagiare anche chi è stato finora fedele al rais. Oltre naturalmente, a impedire al resto del mondo di conoscere ottenere ragguagli in tempo reale su ciò che sta accedendo, e di stigmatizzare la violenza dilagante.
Fonte: http://www.lastampa.it