Emilio Bellini – direttore scientifico Distribution & Retail Corporate, Mip Politecnico di Milano – racconta: «Discutendo con i miei studenti di consumer experience sono loro a confermarmi che nei negozi tradizionali si annoiano».
Le classifiche più importanti del marketing mondiale, tra cui il ranking Interbrand, mostra come a scalare i vertici nell’ultimo decennio sono stati i marchi che hanno operato una rivoluzione copernicana, togliendo dal piedistallo il “bene” sostituendolo con il “servizio”, ovvero la “consumer experience”.
Tra gli esempi recenti di innovazione ci sono le boutique di vestiti attrezzate con i primi camerini dotati di magic mirror, specchi virtuali che mostrano il capo di abbigliamento sull’avatar scannerizzato del cliente, coadiuvati da assistenti armati di tablet e app capaci di intercettare i gusti sui social. È il caso dell’americana Werby Parker, vincitrice del «Retail Innovator of the Year Award» 2015, premiata per la radicale innovatività nell’optical retail: prova virtuale dei modelli, store-zoning e cross-canalità sfrenate.
Fama di innovatore nel settore se l’è guadagnata anche Nespresso, che ha ridefinito il concetto (il Why) della consumer experience della tazzina: i coffee-lovers sono accolti dal Club Members per condividere le esperienze, con la possibilità di accedere alle aree self service degli store che, con tecnologia Rfid, permettono di ritirare direttamente in-store gli acquisti.
In Italia ci si muove ancora a macchia di leopardo: tra le novità c’è il “Warehouse in a box” – il magazzino in scatola – sviluppato da Wib Machines per Coop e appena inaugurato a Catania: una macchina per la vendita automatica evoluta capace di gestire un catalogo molto ampio con alimentari, vini, accessori, cosmetici e altro. Si può acquistare in loco oppure online con ecommerce da pc, tablet o smartphone, e ritirare i propri acquisti in qualsiasi momento, 24h/7.
Fonte: ilsole24ore