Il cognitive computing è la tecnologia che in futuro ci consentirà di interagire con i computer in modo molto più immediato e naturale di oggi, praticamente “parlando” con le macchine e sfruttando la loro capacità di imparare dall’esperienza. I vantaggi principali si avranno i tutti quei campi dove è necessario elaborare grandi quantità di dati, disponibili possibilmente in formati non omogenei tra loro e dunque difficilmente “digeribili” dalle applicazioni informatiche tradizionali.
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Una piattaforma e un’app per aiutare i grandi nella scelta dei regali per i bambini.
Alzi la mano chi, nella sua infanzia, avrebbe tanto desiderato un trenino elettrico, ed invece si è ritrovato a scartare l’action figure di quel robot giapponese che proprio non gli andava a genio. Oppure chi ha storto il naso perchè avrebbe voluto giocare con il Camper di Barbie ed invece ha dovuto mettere nella cesta dei giochi l’ennesimo bambolotto piagnucolante.
#OnTheRoad è la nuova app che Pirelli ha realizzato per offrire a tutti i guidatori uno strumento semplice ed efficace per gestire l’auto. Basta installare #OnTheRoad, digitare il numero di targa e connettere la propria auto: l’app recupererà i dati del libretto. Inserire le informazioni di assicurazione, patente e bollo e #OnTheRoad ricorderà le scadenze più importanti: un alert avvisa al momento di effettuare la revisione o quando bollo e assicurazione stanno per scadere.
Quando far controllare i freni o la pressione delle gomme? Quando invece verificare l’aria condizionata? Quando montare gli pneumatici invernali? Da oggi ci pensa #OnTheRoad, suggerendo al momento giusto
Amazon sta lavorando ad un innovativo sistema di consegne rapide che sfrutterebbe l’uso di droni volanti per consegnare la merce ordinata entro mezzora dall’ordine. Può sembrare fantascienza eppure è un progetto a cui Amazon sta lavorando seriamente. A rivelarlo, direttamente Jeff Bezos, fondatore ed amministrare delegato di Amazon, durante la trasmissione americana “60 minutes” in un’intervista con Charlie Rose.
Lo chiamarono, profeticamente, ABC, senza pensare che sarebbe diventato, di lì a pochi decenni, l’alfabeto del nuovo millennio. È l’Atanasoff-Berry Computer, il primo computer al mondo, progettato e realizzato all’Università dell’Iowa tra il 1937 e il 1942 dai ricercatori americani John Vincent Atanasoff e Clifford Berry. Insieme all’Electronic Numerical Integrator and Computer (Enica), considerata dagli storici la prima macchina in grado di essere riprogrammata per risolvere problemi specifici, l’ABC il pezzo forte della prima mostra-museo organizzata negli Stati Uniti per ripercorrere la storia del computer. L’hanno aperta nel cuore californiano della Silicon Valley, a Mountain View, alle porte di San Francisco, dove già esisteva il Computer History Museum. Ma questa mostra-esibizione, non a caso denominata «Revolution: The First 2000 Years of Computing» (Rivoluzione: i primi 200 anni dell’arte del computer), vuole essere la più aggiornata, completa ed esauriente esibizione mai organizzata al mondo in tema di computer. Per allestirla sono stati spesi, infatti, 19 milioni di dollari, e tra i finanziatori vi sono nomi come quello di Bill Gates o della Hewlett&Packard. «Revolution» offre uno spaccato di quella rivoluzione di fine millennio che ha cambiato il mondo: dall’ABC, che nell’Iowa occupava un’intera stanza, all’Iphone o all’Ipad. «Sono emblematici dell’ era di transizione dentro alla quale stiamo vivendo come genere umano – ha spiegato al New York Times il presidente del museo, Leonard J. Shestek -. Dal tempo in cui non vi era alcun computer, al tempo in cui i computer sono dentro a ogni cosa che tocchiamò. Distribuita su 19 sale, la mostra è un viaggio lungo non più di mezzo secolo attraverso l’evoluzione di quell’oggetto che più di ogni altro ha cambiato il modo di vivere contemporaneo. Chi si ricorda di Commodore 64? Oggi, nell’era di Facebook e Twitter, sembra preistoria. Eppure quel computer risale appena al 1982 e fu lungo gli Anni Ottanta la macchina più popolare al mondo. La mostra resterà in modo permanente a Mountain View. «Ma come 15 anni siamo approdati nella Silicon Valley per dare vita al primo museo di computer – ha detto Shustek – non è affatto escluso che tra 15 anni apriremo questa mostra a Shanghai. Seguiamo l’innovazione, ovunque essa ci porti nel mondo».
Fonte: www.ilgiornale.it
La diffusione delle tecnologie informatiche di base nelle imprese con almeno 10 addetti del settore industriale e dei servizi è ormai ampiamente consolidata.
A gennaio 2010 il 95,1% delle imprese ha dichiarato di utilizzare il computer e il 93,7% dispone di una connessione ad internet. L’impiego del computer coinvolge 4 addetti alle imprese su 10.
L’utilizzo di internet avviene tramite connessioni fisse in banda larga per l’83,1% delle imprese.
L’84% delle imprese si collega a internet tramite connessioni veloci fisse o mobili: queste ultime sono utilizzate dal 18,6% delle imprese.
La connessione mobile è caratterizzata da una maggiore presenza di connessioni veloci con tecnologia almeno di terza generazione (UMTS, CDMA2000, HSDPA) rispetto a quelle mobili non in banda larga (rispettivamente 18,6% e 11,6%).
Le tecnologie di collegamento a internet in banda larga sono presenti soprattutto tra le imprese con almeno 50 addetti (oltre il 92,9% adotta la connessione fissa a banda larga e l’86,7% quella DSL).
La connessione mobile interessa complessivamente circa il 23% delle imprese ed è fortemente influenzata sia dalla dimensione aziendale (la percentuale di utilizzo passa dal 19,9% delle imprese con meno di 50 addetti al 71,1% di quelle con oltre 249), sia dall’attività economica, come emerge dal confronto tra le telecomunicazioni (41,7%) e i servizi di ristorazione (8,6%).
Sempre a gennaio 2010 il 24,4% delle imprese utilizza la rete intranet ed il 17,3% reti extranet.
La connessione ad internet è largamente presente su tutto il territorio nazionale, con differenze contenute tra il 95% del Nord-ovest e il 91,4% del Mezzogiorno.
I sistemi operativi open source sono stati utilizzati dal 15,9% delle imprese, la firma digitale dal 23,6%.
L’86,6% delle imprese usufruisce della rete per accedere a servizi bancari o finanziari on-line, il 65,5% per acquisire informazioni sui mercati, il 55,3% per ottenere servizi e informazioni in formato digitale, il 50,9% per acquisire servizi post-vendita e, infine, il 22,6% per proporre progetti di formazione e istruzione online del personale.
Nel 2009 8 imprese su 10 hanno fatto ricorso a servizi offerti online dalla Pubblica Amministrazione.
Poco più di una impresa su tre effettua acquisti online ed il 5% è impegnato nelle vendite online.
A gennaio 2010 la presenza di un sito web coinvolge sei imprese su dieci, raggiungendo livelli del 69,8% nelle imprese dell’industria (senza le costruzioni) e l’80,7% in quelle del settore ICT.
Nel settore dei servizi non finanziari di particolare rilievo appare la presenza del sito web nelle imprese operanti nel settore dei servizi di alloggio e in quello delle agenzie di viaggio (rispettivamente 96,8% e 92,4%).
L’utilizzo delle reti intranet ha coinvolto il 21,3% delle piccole imprese, con quote crescenti all’aumentare della dimensione aziendale, fino a raggiungere il 74,4% nelle grandi unità.
Analogamente, l’utilizzo di reti extranet ha interessato il 15,1% delle piccole imprese e il 54,6% di quelle più grandi.
I sistemi operativi open source sono stati utilizzati dal 13,9% delle piccole e dal 49,3% delle grandi imprese, mentre la firma digitale, rispettivamente, dal 21,7 e dal 50%.
Il 29,4% delle imprese ha dichiarato di disporre di una politica di sicurezza ICT formalmente definita e con un programma di revisione regolare. Questa attività mostra un’elevata variabilità settoriale e dimensionale: le maggiori incidenze si rilevano nelle telecomunicazioni (89,4% delle imprese) e nelle grandi aziende (77,6%).
Tra i rischi rilevati e trattati nell’ambito della politica di sicurezza vi sono quelli legati alla distruzione e corruzione di dati a causa di un attacco o di un incidente inaspettato vengono considerati dalla maggior parte delle imprese (88,2%).
Seguono i rischi dovuti alla divulgazione di informazioni riservate a seguito di intrusioni, di attacchi come pharming, phishing o a seguito di un incidente (75,8%) e quelli di indisponibilità dei servizi ICT a seguito di un attacco derivante dall’esterno (56,7%).
In tutte le attività economiche considerate si rileva una netta prevalenza di incidenti avvenuti nel 2009 legati alla indisponibilità di servizi informatici o alla perdita o corruzione dei dati dovuti a guasti di hardware o software (16,3%), contro il 3,1% di incidenti legati a indisponibilità o distruzione dati per attacchi esterni, virus dolosi, accessi non autorizzati.
Meno dell’1% delle imprese indica di aver subito incidenti relativi alla sicurezza che hanno comportato la divulgazione di dati riservati a seguito di intrusioni o attacchi come pharming e phishing (0,8%) o di cause legate ai comportamenti dei propri dipendenti (0,6%).
Per sensibilizzare il proprio personale relativamente agli obblighi in materia di sicurezza informatica, sette imprese su dieci hanno dichiarato di utilizzare metodi quali la formazione obbligatoria, norme contrattuali legate al fenomeno, azioni di informazione diffusa (ad es. via Intranet, newsletter o documenti cartacei). Tra le procedure interne di sicurezza adottate dalle imprese, la più diffusa risulta l’autenticazione tramite l’utilizzo di password di tipo ‘forte’ (64%), seguita dal backup dei dati all’esterno (41,8%), la registrazione informatica delle attività per l’analisi degli incidenti relativi alla sicurezza (logging), l’autenticazione mediante componenti hardware (ad esempio, smart card) seguito a maggiore distanza dai metodi biometrici (rispettivamente 12,3 e 1,6%).
Analogamente, la diffusione di queste procedure risulta più intensa tra le imprese con almeno 250 addetti rispetto alle altre, con particolare riferimento alle procedure più sofisticate quali password forte e logging (rispettivamente 90,1 e 64,0% contro il 61,9 e il 15,2 delle imprese più piccole).
A gennaio 2010 il 63,2% delle imprese con almeno 10 addetti scambia elettronicamente informazioni con altre imprese in un formato che ne consente il trattamento automatico. Il 21,8% delle imprese condivide per via elettronica informazioni con clienti e fornitori sulla gestione della filiera produttiva.
La tipologia di informazioni maggiormente scambiata risulta quella legata alla ricezione di fatture elettroniche (54,4%), con elevate differenziazioni settoriali.
Le imprese attive nelle attività editoriali, immobiliari o negli altri servizi alle imprese (noleggio, ricerca, vigilanza e altri servizi delle divisioni).
A gennaio 2010 il 40,8% delle imprese con almeno 10 addetti condivide automaticamente per via elettronica, al proprio interno, le informazioni relative agli ordini di vendita ricevuti in qualsiasi forma e il 33,9% quelle relative agli ordini di acquisto trasmessi.
La maggior parte delle imprese mette in comune queste informazioni con la funzione aziendale connessa alla contabilità, seguono la funzione della produzione e di gestione dei livelli delle scorte e, nel caso delle vendite, quella della distribuzione.
Circa 3 imprese su 10 hanno dichiarato di adottare applicazioni software ERP (Enterprise Resource Planning) per la condivisione di informazioni con altre aree funzionali interne (quali contabilità, progettazione, produzione, marketing), ma si registrano anche diversificazioni legate sia all’attività economica, come nel caso delle telecomunicazioni (53,8%) e delle imprese nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (46,6%), sia alla dimensione aziendale (si passa dal 18,4% delle imprese con 10-49 addetti al 67,9% di quelle con oltre 249 addetti).
Il 23,4% delle imprese utilizza applicazioni di gestione del front office con riferimento alla raccolta, condivisione e analisi delle informazioni ottenute sulla clientela (CRM, Customer Relationship Management). Livelli di utilizzo maggiore si registrano per le imprese del settore ICT (41,4%) e delle attività editoriali (49,3%).
Fonte: www.bitcity.it
Dal Ces di Las Vegas appare chiaro una volta di più che l’universo del pc, così come lo conoscevamo fino a 18 mesi fa, non esiste più. Conclusa senza rimpianti l’era dei computer fissi, che stanno lasciando il posto ai moderni all-in-one magari con schermo touch da comandare con le dita (bellissimi oggetti fintanto che le ditate non impediscono di vedere filmati e foto), il personal è divenuto prima mobile, poi ultraportatile e successivamente si è trasformato in un netbook. E cioè in un pc bonsai comodo e leggero, che piace ai ragazzini quando stanno sul Messenger, ai grandi che si possono vedere un film in treno oppure in salotto e a tutti coloro che voglio navigare sul Web, “giocare” con Facebook o lanciare messaggini su Twitter. Adesso sotto i riflettori del Ces 2010 il pc diventa una tavoletta, uno slate pc, uno smartbook, ovvero un incrocio tra un grosso smartphone e un tablet pc. Insomma il computer sta assumendo varie forme, diventando sempre più personale. E nelle case è tramontata l’era del pc unico collettore della vita digitale domestica.
I riflettori dei media sono puntati su Apple e c’è da immaginare che la casa della Mela si ritaglierà qualcosa di più della consueta prestigiosissima area di nicchia; la gran massa del mercato sarà però controllata dalle altre stelle del firmamento hi-tech, vale a dire Hp, Acer, Asus, Lenovo.
ROMA – Un computer e una connessione a internet possono cambiare la vita: forse non salvarla, ma renderla migliore sicuramente sì. Ne sono fortemente convinti i 180 soci di Informatici Senza Frontiere, onlus che dal 2005 opera nel settore informatico per portare un aiuto concreto a chi vive in situazioni di emarginazione e difficoltà. L’associazione è nata da un gruppo di manager veneti che hanno deciso di mettere le proprie conoscenze al servizio di una missione ben precisa: combattere il digital divide in tutte le sue forme, in Italia e all’estero, dagli ospedali alle carceri, dai luoghi del terremoto in Abruzzo a un piccolo centro di microcredito in Madagascar. Con risultati che possono “toccare il cuore”, racconta il presidente dell’associazione, Girolamo Botter.
L’associazione Informatici Senza Frontiere. Il quartier generale della onlus è in Veneto, a Treviso, ma negli anni sono state aperte delle sezioni in varie regioni d’Italia: in Lombardia, Piemonte, Toscana, Puglia, Calabria e nel Lazio. Oltre ai soci fondatori, fanno parte dell’associazione numerosi volontari, tra cui soprattutto informatici e programmatori, ma anche esperti del marketing e della comunicazione. Fianco a fianco, o più spesso con la mediazione del computer, queste persone “lavorano” nel loro tempo libero per cercare di sanare lo spreco di tecnologia nei paesi sviluppati: hardware erroneamente ritenuto rotto o obsoleto, conoscenze informatiche inutilizzate, software a costo zero in grado di automatizzare piccole operazioni quotidiane. Il tutto in stretta collaborazione con le aziende e il mondo accademico, nella convinzione che tutti, dal manager di successo allo studente unviersitario, possano giocare un ruolo importante nella battaglia contro l’isolamento tecnologico.
ROMA – L’utilizzo di computer e di internet continua ad aumentare ma nel settore delle nuove tecnologie l’Italia è ancora indietro. E per quanto riguarda la banda larga, il gap infrastrutturale con il resto d’Europa rimane ampio, con il nostro Paese al quartultimo posto. L’indagine Multiscopo condotta dall’Istat sugli “Aspetti della vita quotidiana” fotografa una realtà a due facce. Uno dei dati più significativi è che le famiglie italiane usano di più computer e internet, soprattutto se in casa ci sono dei ragazzi al di sotto dei 18 anni. Al top restano comunque televisione e cellulari, presenti in oltre il 90% dei nuclei familiari.