Arriva da Taranto una notizia agghiacciante.
In una sola parola: pedofilia.
Tutto ruota attorno alle dichiarazioni di tre minori.
Sarebbero stati spogliati, fotografati e riprese con le videocamere mentre gli adulti avevano rapporti sessuali.
Gli inquirenti non trovarono alcun filmato amatoriale, ma le dichiarazioni delle presunte vittime sono state considerate pienamente attendibili.
La sezione distaccata di Taranto della Corte d’Appello di Lecce ha confermato la condanna nei confronti di 6 imputati coinvollti nel blitz antipedofilia denominato «Giglio», risalente al 25 maggio del 2000. Secondo l’accusa, avrebbero organizzato veri e propri “festini” durante i quali venivano realizzati film hard-core con i minori protagonisti.
Questo il dispositivo della sentenza: 5 anni di reclusione a Massimiliano Darseno (di 9 anni era stata la richiesta del pm Mariano Buccoliero), 4 anni e 2 mesi ad Angelo Colapinto (4 anni e 8 mesi), 4 anni e 2 mesi a Silvana Ricci (4 anni), 4 anni e 2 mesi a Elena Tinelli (4 anni), 4 anni e 2 mesi ad Angelo Belmonte (4 anni) e 4 anni e 2 mesi a Giuseppe Inerte (4 anni). Assolta per non aver commesso il fatto la 27enne Romina Galeone, difesa dall’avv. Fausto Soggia, condannata in primo grado a 4 anni e 8 mesi.
Altri due imputati sono deceduti. Infine, non aveva presentato appello Carlo Mansueto, che rimediò 4 anni e 2 mesi di carcere. Le indagini dei carabinieri di Palagiano scattarono nel settembre del 1999, sulla base delle dichiarazioni di tre bambini, due di 9 ed uno di 12 anni.
Le giovani vittime sostengono di aver partecipato più volte alle feste, organizzate in un’abitazione privata e nel retrobottega di un negozio di giocattoli, dove era presente un ragazzo che spesso si vestiva da femmina, la fidanzata di quest’ultimo ed altre persone, indicate col nome di battesimo: “Elena, detta mangiagatti”, Giuseppe, Roberta”; altri solo per soprannome: “i pitoni, Carminuccio, u’mbriacone”. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i minori, appartenenti a famiglie disagiate, venivano adescati all’uscita dalle scuole, nei giardini, nei cortili, lontano da occhi indiscreti.
Durante i festini, che duravano anche cinque o sei ore, le ragazze presenti si sarebbero spogliate e al ritmo di musica (i bambini hanno canticchiato la colonna sonora del celebre film “Nove settimane e mezzo”) avrebbero ballato nude anche sui tavoli.
Le presunte vittime sarebbero state incitate a toccare le donne “da sopra e da sotto le mutandine” e a loro volta sarebbero state palpeggiate, sino alla masturbazione.
Altre volte avrebbero assistito ai rapporti sessuali, anche promiscui, tra gli adulti.
Per gli inquirenti il vero obiettivo dell’organizzazione era quello di produrre pornografia infantile e vendere a peso d’oro le videocassette.
Più persone, secondo quanto raccontato dai bambini, si sarebbero alternate in cabina di regia.
Giunti nell’abitazione, i minori sarebbero stati spogliati, avrebbero fatto il bagno nella vasca con i loro “amici” più grandi e sarebbero stati condotti nelle stanze da letto.
Per accattivarsi la simpatia delle piccole vittime, in talune occasioni, gli uomini avrebbero tirato le torte in faccia alle ragazze mentre ballavano.
Un imputato avrebbe invitato i bambini a fare “il gioco della mosca cieca”, bendando loro gli occhi ed esortandoli a toccare le donne nude. Secondo il magistrato inquirente, le dichiarazioni dei minori sono senz’altro attendibili.
Tale convinzione, aggiunse il gip Bina Santella nell’ordinanza di custodia cautelare, si deduce dal disegno dei bambini, i quali hanno descritto alla perfezione gli ambienti in cui venivano organizzati i festini, dal linguaggio non consono a ragazzini di quell’età, dalla dovizia di particolari.
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