La fobia da virus H1N1 sta creando problemi nei Pronto soccorso già intasati dalle urgenze ordinarie e da centinaia di persone che, ogni giorno, da Nord a Sud, si presentano con il sospetto di aver contratto la suina: donne incinte, studenti con lo zaino in spalla, autisti di bus, professionisti in giacca e cravatta.
I sintomi sono gli stessi per tutti: febbre, tosse, a volte complicazioni respiratorie.
In altri tempi, queste persone se ne sarebbero state a casa al calduccio, magari previa telefonata al medico di base per una tutela fisica ma anche psicologica.
Oggi, tutti temono di avere contratto il nuovo virus e intasano il pronto soccorso e chiedono tamponi e farmaci antivirali.
In ospedale li fanno accomodare in una stanzetta con la mascherina, poi li rispediscono a casa senza test e senza quel costoso Tamiflu (37 euro a scatola) che invece veniva garantito gratis a tutti fino a poche settimane fa.
Ciò perché i soldi sono finiti e non ci si può permettere di spendere altri milioni.
E così il ministero ha cambiato linea, niente più tamponi né antivirali a pioggia e un ordine secco ai direttori dei Pronto soccorso di non intervenire più, se non nei casi critici.
Cosa accadrà non appena tosse e raffreddore di stagione colpiranno, come sempre, un italiano su tre?
Per svuotare gli ospedali, alcune Regioni lavorano all’apertura straordinaria degli ambulatori per nove ore al giorno, sabati compresi. Ma anche in questo caso non ci sono certezze.
La Società italiana di medicina generale, che ha pubblicato alcune linee guida per i dottori della mutua, spiega che alle Asl spetterà la vaccinazione per la suina, limitata al 40 per cento degli italiani classificati a rischio (personale sanitario, pubblica sicurezza e servizi essenziali dello Stato, cittadini fra i 2 e i 27 anni), mentre negli ambulatori si farà il solo vaccino per la stagionale.