Prosegue il viaggio de «La Stampa» nel nuovo mondo digitale per scoprire come la tecnologia sta trasformando le nostre vite e quali sono e saranno
le sfide e le opportunità. Ecco alcuni esempi scelti tra le imprese più innovative e di successo
torino
TREAT A BIT
Si comincia con l’incubatore e si continua con il progetto
LUCA CASTELLI
A volte, incubare non basta. Prima di trasformare un progetto di business digitale in impresa bisogna verificare la validità dell’idea iniziale, sviluppare un prototipo, valutare la predisposizione imprenditoriale dei soggetti coinvolti. Solo dopo aver superato questi test si potrà creare la società. È questo il senso di Treat A Bit (www.treatabit.com ), programma di prevalutazione delle start up tecnologiche nato a fine 2011 all’interno di I3P, l’incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino. Treat A Bit, che nel primo anno di vita ha seguito 40 progetti, 18 dei quali hanno lanciato il loro prodotto digitale, offre tre servizi: uno spazio di co-working, un servizio di consulenza business e la possibilità di partecipare a eventi, in modalità workshop o networking (per mettere in contatto cultura imprenditoriale e cultura creativa del territorio). L’idea è che nel settore dei progetti digitali più che riempire fogli di carta con un business plan serva una prima fase di sviluppo e verifica del prototipo: che sia un sito, un social network, un videogioco o anche un servizio ibrido (metà online, metà offline). Il programma Treat a Bit prevede tre moduli da tre mesi ciascuno. In questo periodo i team vengono accompagnati nello sviluppo dell’idea. Se le valutazioni sono positive il progetto passa sotto l’ombrello di I3P, l’incubatore vero e proprio.
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IUBENDA
La consulenza legale che funziona con un clic
LUCA CASTELLI
Se l’età del fondatore è una discriminante per il successo di una start up (Zuckerberg lanciò Facebook a 19 anni), Iubenda parte con il piede giusto. Il suo ideatore, l’abruzzese Andrea Giannangelo, è nato nel 1989 e vanta un curriculum da piccolo Mozart digitale: primi siti creati a 11 anni, tanti altri progetti da teenager, una laurea in economia a Bologna. La sua ultima creatura, Iubenda (www.iubenda.com ), è un generatore automatico di policy legali per siti Web. «La privacy policy regola la gestione dei dati personali raccolti da un sito», spiega Giannangelo da San Francisco, dove sta prendendo le misure della Silicon Valley, «ma i documenti necessari per le attività online sono numerosi, dalle condizioni di vendita e recesso a quelle sul copyright. Un mercato ancora vergine da circa 300 miliardi di dollari». Iubenda – eletta dallo Iab Forum come la migliore start up italiana dell’anno – vuole diventare il riferimento globale per le procedure legali semplici: il cliente si collega al sito, inserisce alcune informazioni e un software gli fornisce i documenti di cui ha bisogno. Le policy restano nei server di Iubenda e sono accessibili tramite link: «Così possiamo aggiornarli quando cambia la legislazione». Il servizio base è gratuito, ma esistono diversi livelli di consulenza a pagamento. Dopo 6 mesi di vita, la start up serve 10 mila siti (la metà in Italia). «Siamo pronti a crescere e assumere nuove persone».
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MIND THE BRIDGE
Aiutare i talenti italiani a trasformare le idee in realtà
LUCA INDEMINI
Ci sono Hub, incubatori, acceleratori per start up. E poi c’è , che getta un ponte tra Italia e Silicon Valley dove ogni anno transitano le migliori start up nel campo dell’hi-tech, selezionate in giro per il Bel Paese, in cerca di esperienza, consigli e finanziamenti. È questo lo scopo della Fondazione no profit creata nel 2007 da Marco Marinucci, manager di Google, che vive a San Francisco. «Lavoriamo sui giovani talenti italiani – spiega Alberto Onetti, chairman di Mind the Bridge –. Cerchiamo di aiutarli a trasformare i sogni in realtà, sostenendoli durante il “primo miglio”». Mind the Bridge lancia ogni anno una business plan competition per selezionare le idee più innovative. Le migliori accedono al Boot Camp, che precede le selezioni finali e si propone di fornire ai partecipanti feedback e consigli per valorizzare i punti di forza del pitch e affinare il business plan. Il passo successivo è il Venture Camp, che si svolge a Milano tra ottobre e novembre. Da qui escono i nomi degli startupper che potranno fare il salto di qualità: 3 mesi di incubazione nel Gym a San Francisco, dove entreranno in contatto con prestigiosi mentor e saranno inseriti in un programma di incontri con i big della Silicon Valley. Da quest’anno, sarà possibile ottenere fin da subito un finanziamento di 65 mila dollari, grazie al nuovo Fondo di Mind the Bridge.
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RISPARMIOSUPER.IT
L’applicazione che confronta le offerte dei supermercati
LUCA INDEMINI
Nascono per trasformare le passioni in professione o per cercare di fornire soluzioni innovative. La rete e gli utenti giudicheranno le start up legate al web. Barbara Labate alcuni anni fa studiava negli Usa: «Avevo pochi soldi e cercavo di ingegnarmi per spendere il meno possibile nel fare la spesa. Così è nata l’idea di Risparmiosuper.it ». Un’applicazione che confronta i prezzi dei volantini e delle offerte promozionali dei supermercati più vicini e fornisce le migliori soluzioni. Risparmio Super funziona in tutt’Italia, include 13 mila punti vendita e 72 catene di alimentari e elettrodomestici. Mercoledì scorso Risparmiosuper si è aggiudicata la competition per startup «Get in the ring», nella finale di Rotterdam, imponendosi tra 200 progetti di 16 nazioni diverse. NextStyler.com nasce invece dalla passione dei fondatori, Mary Palomba e Maurizio Palumbo, ma anche dal bisogno dei giovani stilisti di trovare una vetrina sul mondo: promette abiti esclusivi a prezzi contenuti e punta ad affermarsi come nuovo brand della moda, grazie alla collaborazione con centinaia di stilisti emergenti. Apps-Builder.com, ideato dai torinesi Pelleri e Giglio, è nato invece per creare applicazioni fai da te. Sul sito è possibile creare la propria applicazione, anche senza specifiche competenze tecniche, spaziando dalla vendita on line alla gestione di prenotazioni, alla condivisione della propria musica.
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SARDEX
Dalla Sardegna un circuito di scambio per le aziende
FEDERICO GUERRINI
Una fase di studio iniziata nel 2008 e durata un paio di anni. Nel gennaio 2010 il lancio. Da allora è stato un continuo crescendo. Oggi Sardex , startup sarda che amministra un “circuito di compensazione di crediti e debiti fra aziende” conta su oltre 800 aderenti e punta a raggiungere, con il suo giro di affari, l’1% del Pil isolano. “Partiamo dal principio – spiega il responsabile comunicazione Carlo Mancosu – che che le aziende hanno sempre un surplus di merci che rimane invenduto o non sfruttato: tale eccedenza viene resa disponibile attraverso il circuito Sardex”. L’esempio classico è quello del ristorante che ha un certo numero di coperti andati deserti: li metterà a disposizione di altri aderenti in cambio di prestazioni di altro tipo. Ma attenzione: non si tratta di un baratto: “prima di tutto – racconta Mancosu – perché qui lo scambio può anche essere asincrono e poi il concetto di credito è più nobile, ha a che fare con la fiducia reciproca”. Accanto B2B Sardex ha lanciato anche il B2E (business to employee): le aziende possono pagare i benefit dei loro dipendenti in crediti Sardex, sopperendo così alla mancanza di liquidità. Per esempio se un impiegato cade e si fa male può chiedere che gli siano anticipati dei crediti per recarsi dal dentista del circuito.
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OFFICINE ARDUINO
Un polo per la creatività e il lavoro sociale nato a Torino
LUCA INDEMINI
Condivisione. Di spazi, strumenti, esperienze e competenze. È questo il segreto di un piccolo grande polo della creatività, nato più di due anni fa a Torino, in via Agostino da Montefeltro.
In principio fu Toolbox, centro per il coworking creato da Aurelio Balestra nell’aprile 2010. Open space per il lavoro sociale, che oltre a offrire postazioni di lavoro, sale riunioni e wi-fi, permette ai professionisti che usufruiscono degli spazi (per lo più architetti, informatici, web-designer) di condividere idee, esperienze e opportunità. Terreno fertile per accogliere le Officine Arduino, aperte nel febbraio 2012 come rivenditore di Arduino (primo esempio di hardware “open source” ideato nel 2005 da Massimo Banzi) e spazio per la promozione dell’open hardware. Ma non solo. Sotto la direzione del CEO Davide Gomba, le Officine ospitano il FabLab Torino (www.fablabtorino.org ), nato dall’esperienza del FabLab della mostra Stazione Futuro, curata da Riccardo Luna. Il FabLab potrebbe essere riassunto come il paradiso dei makers, una piccola comunità di persone interessate a creare nuovi processi produttivi dal basso, partendo dalla fabbricazione digitale. Gli associati hanno accesso ai macchinari ospitati nell’Officina – plotter per il taglio, fresa per il controllo numerico, Makerbot 3D per la stampa tridimensionale –, che operano senza utente: si imposta il lavoro al computer e la sicurezza è garantita. Il funzionamento del FabLab è semplice, basta associarsi e acquistare crediti per l’utilizzo delle macchine oppure guadagnarli condividendo oggetti (che vengono messi a disposizione degli altri utenti) o competenze (tenendo workshop). Ad oggi sono circa 200 i makers che gravitano attorno al FabLab Torino e l’esperienza inizia replicarsi in Italia. Lentamente, il sogno di Banzi di vedere un FabLab in ogni città italiana, inizia a prendere forma.
Fonte: La Stampa