Dimenticate il Pulcino Pio e Gangnam Style. Quest’estate è la beneficenza ad essere virale.
A meno che non siate andati in vacanza in una caverna isolata da tutto e da tutti, sapete sicuramente di cosa parliamo. L’Ice Bucket Challenge è stato il tormentone dell’estate 2014.
Ormai siamo abituati alle ossessioni passeggere del popolo della rete: notizie, personaggi, film, canzoni, prodotti che a cadenza regolare catturano la nostra attenzione e diventano meme. Ad un primo sguardo, l’Ice Bucket Challenge sembra un fenomeno virale molto simile a Nek Nomination, Harlem Shake e simili: il protagonista del video si filma mentre si versa addosso un secchio d’acqua ghiacciata, lo condivide sui social network e sfida gli amici a fare lo stesso attraverso un tag.
Stavolta c’è una differenza: l’iniziativa nasce per porre l’attenzione su una malattia, la SLA.
Le reazioni
Diverse sono state le reazioni alla nomination: c’è chi ha accettato la sfida e ha invogliato i propri amici a fare lo stesso, c’è chi si è gettato l’acqua gelata addosso e ha anche dimostrato di aver effettuato la donazione, c’è chi si è rifiutato di fare la prova e ha posto l’attenzione sulla donazione, c’è chi ha approfittato per parlare anche di altri importanti cause e infine c’è chi ha accettato la sfida senza neanche sapere o dire il perché.
L’onorevole scopo dietro l’iniziativa ha incoraggiato soprattutto personaggi famosi, politici e atleti a mettersi in gioco, cosa che ha portato ad una maggiore condivisione del fenomeno anche da parte dei media tradizionali.
Abbastanza ovvie le critiche sul consumo di acqua, preziosa risorsa limitata, o sul fatto che ci sono anche altre cause che meritano la nostra attenzione. Molti difendono a spada tratta il diritto alla privacy, secondo cui fare beneficenza dovrebbe essere un’azione privata. C’è anche chi critica coloro, soprattutto i VIP, che non hanno mostrato la somma donata, o i VIP che hanno mostrato la somma donata, e i VIP la cui somma donata è stata considerata una cifra troppo bassa. E poi ci sono i VIP a cui questa iniziativa ha fatto proprio innervosire. Politici criticati per aver realizzato il video senza aver mai fatto nulla di concreto a riguardo, e altri che sono stati esempio di epic fail.
E i brand?
Non potevano mancare all’appello i brand. Docce gelate di CEO e impiegati a parte – vedi Tim Cook e Topshop – le Ice Bucket Challenge brandizzate più interessanti sono quelle per cui gli uffici marketing hanno fatto uno sforzo in più, cercando di rimanere nel personaggio. Ne sono un esempio Old Spice, McDonald’s e KFC.
Ma l’azienda che ha fatto parlare di più è stata Samsung che ha partecipato alla sfida, senza essere stata nominata da nessuno, con il suo Galaxy S5 resistente all’acqua.
Abbastanza scontate le nomination a iPhone 5S, HTC One M8 e Nokia Lumia 930. Colpo da maestro o mossa fuori luogo?
I risultati
Nonostante le sue origini non siano ancora del tutto chiare, è certo che il fenomeno virale del 2014 abbia preso piede molto in fretta: sono oltre 118.000 i tweet pubblicati con l’hashtag #icebucketchallenge da metà giugno.
Su Facebook oltre 28 milioni di persone hanno partecipato alla conversazione sull’Ice Bucket Challenge attraverso post, commenti o like e 2,4 milioni di video condivisi. La maggior parte dell’attività è avvenuta tra il 10 e il 17 agosto e Stati Uniti, Australia e Zelanda sono stati i Paesi più coinvolti.
Cosa più importante è il risultato in termini di donazioni. Il Time scrive che la ALS Association ha raccolto 79,7 milioni di dollari da 1,7 milioni di donatori dal 29 Luglio. L’anno scorso nello stesso periodo erano stati raccolti solo 2,5 milioni.
I motivi del successo
Perché l’Ice Bucket Challenge ha avuto così tanto successo? Proviamo a capirlo seguendo il modello Tensione/Emozione/Catarsi e la formula CREATE (Catarsi-Riusabilità-Emozione-Archetipi-Tensione-Elevazione) elaborato da Mirko Pallera, che i Ninja utilizzano per analizzare i fenomeni virali.
Il modello Tensione/Emozione/Catarsi ci dice che un contenuto virale deve fare leva su una tensione psico-culturale e liberare le emozioni provocando una catarsi nello spettatore.
Partendo dalla tensione che nasce dalla lotta contro una malattia, obiettivo principale dell’Ice Bucket Challenge è emozionare il pubblico, seppur attraverso un atto comico, sperando in tal modo di generare consapevolezza della malattia e incentivare le donazioni.
Il format utilizzato ha la caratteristica imprescindibile di ogni fenomeno virale: la riusabilità. Per accettare la sfida bastano un secchio d’acqua ghiacciata e uno smartphone, se poi vogliamo farla proprio bene è sufficiente donare anche solo 5 euro. Ed ognuno è libero di cambiare le regole a proprio piacimento, purché il risultato sia sempre lo stesso.
Non è difficile trovare l’archetipo a cui si fa riferimento: quando accettiamo la sfida e doniamo anche una piccola somma alla causa non facciamo altro che sentirci un po’ Angeli Custodi, che si prendono cura degli altri con compassione e sacrificio. C’è una narrazione archetipica forte anche nella nomination, attraverso la quale ci viene affidata una missione, ci viene richiesto di compiere un gesto eroico tipico del Martire, figura archetipica considerata ombra dell’Angelo.
Certo, parliamo di un martirio ironico, adatto ai social network, ma che è comunque molto sentito. Un martirio che si sente sulla propria pelle, attraverso un gesto, quello del versarsi addosso dell’acqua ghiacciata, che amplifica l’emozione.
La Catarsi sta proprio nel vedere l’effetto su chi ha accettato la challenge e nello sdrammatizzare il tema con l’ironia di una sfida che ci fa fare un piccolo sacrificio. E l’Elevazione sta nel sentirsi persone migliori per aver contribuito ad una giusta causa.
Fonte: ninjamarketing