La crisi economica, con il forte aumento della disoccupazione, ha determinato un parallelo aumento nel numero di suicidi e omicidi nei 26 paesi dell’UE, ma anche una riduzione del numero di vittime legate al traffico. Lo afferma uno studio (The public health effect of economic crisis and alternative government policy responses in Europe) condotto dall’Università di Oxford e dalla London School of Hygiene pubblicato su “Lancet”.
I ricercatori hanno trovato che, complessivamente, per ogni aumento dell’uno per cento del tasso di disoccupazione si ha in media un incremento dello 0,8 per cento nei suicidi fra persone di età inferiore ai 65 anni. Peraltro, anche il numero di omicidi aumenta dello 0,8 per cento, mentre le vittime del traffico diminuiscono dell’1,4 per cento. In termini assoluti, ciò corrisponderebbe a un eccesso di suicidi nell’UE pari a 1740 casi e in un eccesso di morti correlate all’abuso di alcol pari a 3500 casi.
In particolare, se la disoccupazione supera il 3 per cento l’aumento nel tasso dei suicidi in quella fascia di età sale del 4,5 per cento, mentre le morti legate ad abuso di alcol addirittura del 28 per cento. Fra gli uomini di età compresa fra i 30 e 44 anni si osserva inoltre un aumento del 2,7 per cento delle morti per infarto. Gli autori non hanno invece riscontrato un aumento dei tassi di mortalità da tutte le cause anche se, notano, le risposte variano da paese a paese in relazione alla presenza di ammortizzatori sociali più o meno significativi.
I ricercatori hanno studiato i tassi di mortalità da 30 cause di morte a partire dal 1970 confrontandoli con quelli relativi ai tassi di disoccupazione ed elaborando modelli che tenessero conto dei diversi sistemi di sicurezza sociale. Sono arrivati così alla conclusione che la crisi economica “non si trasforma in un killer” solo quando gli interventi di sostegno attivo al mercato del lavoro superano i 135 euro pro capite, e che quanto più ci si discosta in negativo da tale cifra tanto maggiori sono gli effetti su queste cause di mortalità.
Lo studio, sottolineano i ricercatori, ha peraltro preso in considerazione solamente i tassi di mortalità mentre non sono stati esaminati gli effetti della recessione sulla morbilità.
“Alcuni effetti negativi della Grande Depressione – scrivono gli autori – si sono manifestati solo 5 anni dopo la crisi delle banche fra le fine degli anni Venti e i primi anni Trenta. Vi è quindi il timore che la crisi attuale possa avere effetti di lunga durata; anche una volta che i mercati si siano ripresi, non è detto che le persone si riprendano dai timori e dai comportamenti a essi associati.
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/titolo/1339208