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Internet Wi-Fi, con il nuovo anno abolite le vecchie regole

In vigore dal 1 gennaio 2011 le modifiche al decreto Pisanu: gli esercenti adesso non dovranno più identificare i clienti che utilizzano le connessioni senza fili. Decadono anche altri obblighi che hanno frenato la diffusione degli hotspot in Italia

Dopo 5 anni di condizionale, anche in Italia il Wi-Fi ha ottenuto la piena libertà. Dal primo gennaio 2011 è infatti possibile collegarsi alla reti Wi-Fi pubbliche presenti sul suolo nazionale senza l’obbligo di identificarsi; e nello stesso tempo i gestori di locali pubblici che offrono ai clienti Internet senza fili non devono più chiedere l’autorizzazione al questore, né registrare l’attività online degli avventori.

Una piccola rivoluzione innescata dall’approvazione del decreto Milleproroghe da parte del Consiglio dei Ministri e dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre. Il nuovo dispositivo legislativo infatti ha modificato l’articolo 7 del decreto Pisanu, abrogando quelle norme che dal 2005 obbligavano gli esercenti e chi metteva a disposizione una connessione in un locale pubblico a identificare i navigatori tramite un documento d’identità.

Il nuovo anno dunque si è portato via tutti e tre gli obblighi principali previsti dalla Pisanu che, a detta di molti osservatori, avevano contribuito a rallentare la diffusione degli hotspot e delle connessioni pubbliche in Italia. E dunque il barista, il ristoratore o l’esercente che oggi voglia fornire una Wi-Fi ai propri clienti non dovrà più richiedere l’autorizzazione della Questura; né sarà tenuto a identificare i cybernauti fotocopiando la loro carta d’identità o in altro modo; né ancora dovrà tenere il registro di log della navigazione degli utenti, tracciando e conservando la loro attività online. Diverso invece il discorso per chi fornisce connettività come attività principale del proprio servizio, vale a dire gli Internet point veri e propri. Per loro l’abrogazione non vale, e restano tutti gli obblighi appena citati.

Il decreto che prendeva il nome dall’allora Ministro dell’Interno Beppe Pisanu, nato per motivi di sicurezza nazionale sull’onda emotiva degli attentati terroristici avvenuti a Londra nel 2005, e successivamente convertito in legge, era stato prorogato anno dopo anno fino ad oggi. Non senza provocare mal di pancia e malumori da parte dei difensori dei diritti digitali e della libertà di internet, tanto che nel 2009 oltre cento blogger, giornalisti e imprenditori avevano sottoscritto una Carta per la liberazione del Wi-Fi.

Un dibattito che da allora si è fatto sempre più intenso, tanto più che proprio nel 2009 lo stesso Pisanu aveva ritenuto in qualche modo superate le condizioni che avevano portato all’approvazione del suo decreto: “Da un lato le esigenze di sicurezza sono nel frattempo mutate e dall’altro l’accesso a internet come agli altri benefici dello sviluppo tecnologico deve essere facilitato”. A queste dichiarazioni era seguita prima una proposta per alleggerire gli obblighi imposti avanzata dal deputato Roberto Cassinelli (PDL), quindi l’iniziativa bipartisan, anzi,   “terzopolista” con PD, per ottenere l’ abrogazione delle norme della Pisanu promossa da Linda Lanzilotta (API), e sostenuta da Paolo Gentiloni (PD), Roberto Rao (UDC) e Luca Barbareschi (FLI). Mentre lo scorso ottobre, anche l’attuale ministro dell’Interno Roberto Maroni si era pronunciato contro il rinnovo del decreto e dunque per una modifica delle norme in senso meno restrittivo.

Il fronte del Wi-Fi libero può dunque cantar vittoria? “In parte possiamo dire di sì – risponde a Sky.it Guido Scorza, avvocato esperto di diritto delle nuove tecnologie – perché finalmente è stato preso in considerazione un problema che era stato snobbato per 5 anni.  Tuttavia non possiamo aspettarci che da oggi avvenga un’esplosione di Internet pubblico in giro per l’Italia. I cambiamenti culturali hanno i loro tempi. Inoltre suscita perplessità il fatto che fino a poco tempo fa quelle norme erano ritenute indispensabili per ragioni di antiterrorismo”.  In effetti lo stesso procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso lo scorso novembre si era espresso contro l’abrogazione della Pisanu.

Rimane poi un ulteriore banco di prova: nei prossimi due mesi il decreto Milleproroghe dovrà essere convertito in legge, con la possibilità di ulteriori modifiche. L’ipotesi di un obbligo di identificazione degli utenti più “leggero”, ad esempio richiedendo il loro numero di cellulare, potrebbe ancora rientrare dalla finestra. In ogni caso, si può ben dire che con il 2011, per quanto riguarda il Wi-Fi, qualcosa è davvero cambiato.

Fonte: http://tg24.sky.it

AGCOM, arriva il nuovo decreto contro la pirateria informatica

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha approvato il nuovo regolamento anti-pirateria digitale, che dopo 60 giorni di consultazione pubblica potrebbe diventare legge. L’obiettivo del decreto è quello di tutelare il diritto d’autore nel mondo del web. L’impresa non è sicuramente facile, riuscirà il decreto a raggiungere il suo obiettivo?

Stando alle parole del presidente AGCOM, Corrado Calabrò, il decreto cerca di bilanciare il diritto alla privacy dei cittadini con la libertà di accesso al web e la salvaguardia del copyright.

I punti cardine del provvedimento sono fondamentalmente quattro. Di fatto il garante diventa unico supervisore e si impegna a far rispettare le nuove metodiche. Il detentore dei diritti di copyright può richiedere la rimozione di contenuti dai siti e nel caso non avvenga entro 48 ore far intervenire direttamente l’AGCOM. Il passo successivo fa scattare un confronto tra le parti e “qualora risulti l’illegittima pubblicazione di contenuti protetti da copyright” la rimozione diventa forzata.

Per quanto riguarda invece i siti situati all’estero vi sono due possibilità: da una parte la creazione di una black-list per i provider, dall’altra in casi estremi l’inibizione di indirizzi IP.

“La  proposta di AGCOM per contrastare la pirateria online costituisce una seria ed efficace risposta alla necessità di tutelare i contenuti digitali in rete in una fase nella quale il decollo dell’offerta legale è ancora aggredito dalla contraffazione”, ha commentato il presidente della Federazione dell’industria musicale italiana Enzo Mazza. “[…] l’iniziativa di blocco dei siti, già dimostratasi molto efficace nel caso del stop di Pirate bay in Italia, costituisce un chiaro messaggio nei confronti degli operatori illegali per i quali non deve esserci alcun spazio nelle reti digitali del futuro”.

Risulta comunque interessante anche analizzare la parte del decreto che riguarderà i singoli utenti e la loro esperienza di navigazione online. Sempre Corrado Calabrò afferma:

“Non si prevede alcuna forma di controllo sugli utenti o di censura del web, come qualcuno temeva, ma, ispirandoci soprattutto all’esperienza Usa, l’Italia si colloca tra gli esempi più moderni e avanzati, facendo proprio l’approccio che considera il mercato unico digitale come la “quinta libertà” il cui sviluppo va considerato prioritario”.

In sostanza non verrà punito chi viene sorpreso a scaricare un film o una canzone, ma sarà perseguito a termini di legge il sito che favorisce il download illegale dei prodotti coperti da diritto d’autore.

Sembra una proposta interessante e con tanti punti di forza, ma credo che, per bloccare realmente il mercato dei download illegali, la legge dovrebbe intervenire anche a livello dei singoli utenti. In questo modo, infatti, i singoli si sentiranno tranquillamente autorizzati a scaricare qualsiasi cosa, certi di non poter essere perseguiti dalla legge anche se si trovavano in possesso di materiale chiaramente protetto da diritto d’autore.

Personalmente sono d’accordo solo in parte con questo decreto. Ha grosse potenzialità, ma andrebbe corretto sotto certi aspetti.

Voi che ne dite?

Fonte: www.yourlifeupdated.com

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