Comma3 - Strumenti e soluzioni per comunicare con internet

Categoria: Approfondimenti Pagina 22 di 25

Il consumer premia smartphone e led

I primi dati parziali di Gfk relativi a dicembre 2010 confermano invece le difficoltà della telefonia tradizionale.

Il Natale è stato positivo per la tecnologia di consumo: è quanto emerge dai primi dati parziali relativi al mese di dicembre elaborati dal servizio Weekly Monitor Gfk di  Italia. I prodotti tecnologici di consumo, anche quest’anno, sono stati tra i più gettonati nel periodo natalizio, grazie anche a un’intensa attività promozionale che ha favorito le vendite e un ulteriore decremento dei prezzi. Questo è il caso del segmento dei Pc Mobile (notebook e netbook), che nel mese di dicembre ha registrato +17% a quantità e +3% a valore. Il prezzo medio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è sceso del 12%, attestandosi su un valore medio di 258 euro. Il sottocomparto dei Notebook ha mostrato una crescita più contenuta, con un +3% a quantità e un +1% a valore, anche se sviluppa ancora oltre il 78% delle vendite a valore dei Mobile Pc. Non sono disponibili ancora i dati sui tablet, comunque segnalati in forte crescita da Gfk.

Bene Led e digitale
Continua il boom degli acquisti per la Tv digitale, sull’onda dello switch-off di Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Benché il trend di crescita al Nord, per effetto di una diluizione degli acquisti su un periodo di tempo più lungo, sia stato più moderato rispetto alle regioni coinvolte nei mesi precedenti, i risultati di vendita sono stati comunque molto positivi. I dati relativi a dicembre 2010 mostrano infatti per i Tv a schermo piatto un incremento sia a quantità (+27%) che a valore (+10%), con prezzi medi in flessione (-13%). Il minor tasso di crescita a valore generato dalla flessione del prezzo medio, anche in questo caso, è dovuto a un’elevata attività promozionale ma anche a uno sviluppo degli acquisti non solo nei grandi schermi ma anche in quelli più piccoli. I Led Tv, ora disponibili praticamente in tutti i formati, costituiscono il segmento che registra la crescita più consistente, sviluppando il 40% delle vendite a quantità e oltre il 55% a valore. Sorprende che oltre il 50% delle vendite dei Led sia stato generato da schermi inferiori ai 23 pollici. In parallelo, continua la corsa all’acquisto anche per i decoder digitali, che hanno evidenziato nelle ultime quattro settimane dell’anno tassi di crescita ancora molto spinti (+62% a quantità rispetto allo stesso periodo del 2009). Le vendite sono sostenute dai modelli zapper (+86%), mentre gli interattivi MHP sono in flessione (-26%).

Crollano gli Mp4
Altra aria tira invece nel settore della musica digitale: i dati Gfk mostrano una netta caduta delle vendite di lettori multimediali portatili (-20% in volume e -18% in valore). Soprattutto il lettore MP4 sembra avere perso di fascino: qui si concentra infatti la flessione più consistente nelle vendite (-28% in volume e -24% in valore), a dispetto della decrescita dei prezzi medi. Il lettore MP4 sembra essere stato sostituito da prodotti multi-tasking, quali smartphone o telefoni cellulari con funzionalità di lettore multimediale. Gfk segnala invece un imprevisto recupero per il segmento dei lettori MP3, sostenuti da nuovi modelli integrati dall’utilizzo di nuove funzionalità (Usb,Tft,Led, Mstn..) e da un design accattivante, capaci di catturare di nuovo l’attenzione e le scelte dei consumatori nel periodo natalizio.

Corrono smartphone e fotocamere
L’analisi dei dati del settore telefonia mobile nel periodo natalizio mostra invece un debole segnale positivo (+2% a quantità) rispetto alle vendite realizzate nello stesso periodo dell’anno precedente. L’evoluzione dei due principali segmenti di mercato (cellulari e smartphone) è però, come rilevato anche nei mesi scorsi, molto diversa. Il numero di smartphone venduti è infatti aumentato di quasi l’80% rispetto al dicembre 2009. Il trend è favorito anche da un’ulteriore riduzione del prezzo medio (215 euro a dicembre 2010 contro i 280 euro del 2009). In flessione invece i telefoni cellulari (-10% a quantità),  a dispetto di un ulteriore diminuzione dei prezzi medi, che si attestano ormai intorno agli 80 euro, contro i 90 euro del 2009. Numeri confortanti, infine, per le vendite di fotocamere digitali. I dati relativi alle ultime quattro settimane del 2010 sono migliori rispetto allo stesso periodo del 2009 (+17% in volume), con un’ulteriore contrazione dei prezzi medi (-8%) che conferma le tendenze emerse negli ultimi mesi.

Fonte: www.01net.it

L’università sul tablet 300 milioni di lezioni

Con il Podcast web e cellulari sostituiscono il professore. E’ un soccorso per gli studenti che non frequentano e una risorsa per i più distratti

LA LEZIONE del prof si scarica sull’iPod o su un tablet e la si ascolta ovunque, fuori dalle pareti di un’aula. Il podcast cresce e crescono le università che offrono gratis, audio e video di conferenze e lezioni in rete. Il più grande “campus” accademico del mondo si trova su iTunes U: 300 milioni di lezioni in download, in 4 anni, dalla piattaforma di Apple che distribuisce corsi e immagini.

Lì sono appena sbarcate la Bocconi di Milano e l’università di Pisa. Allo stesso indirizzo, in quel crocevia di saperi senza pedaggio, si erano già insediate nei mesi passati altri quattro atenei italiani. Chiunque può ascoltare la registrazione del docente in cattedra che spiega, mostra slide, diagrammi, video dalle università dei cinque continenti. È una specie di facoltà globale: si può scegliere cosa trasferire sul computer, sul cellulare o sugli altri supporti elettronici. Si trova di tutto. Dalle lezioni di macroeconomia, ai segreti delle particelle elementari, dall’etica di Einstein a Mark Twain, dai misteri dell’ultima supernova alle tecniche di chirurgia toracica. Da Berkeley, da Yale, da Oxford, dal MIT, da Stanford, da Insead, da Coimbra, da molte altre.

Le lezioni in podcast sono un soccorso per gli studenti che non frequentano, una risorsa per i distratti che non hanno preso bene gli appunti, un’opportunità per chi vuole approfondire o semplicemente conoscere. Su iTunes U ci sono i contenuti forniti da 800 università, 350mila lezioni che docenti, famosi o sconosciuti,

tengono nei propri atenei e di cui non resterebbe traccia se non fra gli allievi che li ascoltano in diretta al chiuso di quelle stanze. Col podcast invece l’orizzonte diventa globale.

Molte accademie hanno elaborato proprie piattaforme di podcasting e di web learning, alcune riservate agli iscritti, altre ad accesso libero. Qualcuno ha messo filmati di lezioni sui canali di Youtube (per esempio la Bocconi di Milano o l’università di Reggio Emilia). Ma al momento il crocevia più affollato resta quello di Apple con contenuti che arrivano da 80 Paesi.

Se le università americane sono state le prime a sperimentare questa strada, da qualche anno sono arrivate anche le italiane. In avanscoperta è andata la Federico II di Napoli con un suo portale, “Federica”, che raccoglie migliaia di lezioni. Ha debuttato su iTunes U nella scorsa primavera con corsi di medicina, chimica, biologia, ma sull’Apple store fra le lezioni più scaricate offerte dall’ateneo napoletano ci sono quelle sulla Divina Commedia tenute dal professor Raffaele Doglio, dantista e docente di letteratura italiana.

Anche in mezzo a tutta questa tecnologia si torna lì, tra l’Inferno e il Paradiso, in 15 lezioni. “Ho ricevuto mail da un viticoltore californiano e da un sacerdote del Mozambico che avevano seguito il mio corso di storia medioevale” racconta divertita Enrica Salvatori, docente dell’università di Pisa, altro ateneo che debutta su iTunes. Salvatori da anni sperimenta il podcasting, ha creato anche un sito (historycast. org) con lezioni divulgative sulla storia: da Federico II, al Natale nel Medioevo, ai Vangeli apocrifi.

Su iTunes si trovano anche gli atenei di Trento, Trieste, Modena e Reggio Emilia. “Noi puntiamo sulle conferenze piuttosto che sul podcast dei corsi anche se ne abbiamo già di matematica e di informatica” spiega Tommaso Minerva dell’università di Modena. Lì si viaggia a una media di circa 12mila titoli scaricati la settimana, in testa alla hit c’è la conferenza di un sociologo, Vanni Codeluppi su: “Libertà immaginaria: le illusioni del capitalismo tecno-nichilista”.

Fonte: www.repubblica.it

24,7 milioni di internauti in Italia: prevalgono i più adulti

È tempo di fare un po’ di statistiche e conoscere la popolazione del grande Web nella sua percentuale italiana. I dati di cui andremo a parlare analizzano la fisionomia del fenomeno in Italia e provengono da Audiweb relativamente allo scorso novembre. Subito da segnalare è il numero di 24,7 milioni di internauti italiani (ovvero i soggetti che si sono collegati a Internet almeno una volta).

Gli italiani sul Web crescono ancora da come si deduce da una comparazione dei dati di novembre 2009 con quelli dell’appena conclusosi 2010. Percentuali di crescita equivalenti al 10,7% segnalano che il 45% circa della popolazione dai 2 anni in su (in senso ipotetico ovviamente) si collega abitualmente ad Internet. Crescono a 12,6 milioni gli utenti attivi, altrimenti esprimibili in percentuale dell’11,3%, nel “giorno medio”, precedentemente fissi a 11,3 milioni (novembre 2009).
Il tempo di connessione di questi internauti è mediamente di 1 ora e 32 minuti al giorno per la consultazione di 181 pagine. Rientrano nel totale di utenti attivi 5,5 milioni di donne e 7 milioni di uomini dell’età compresa tra i 35 e i 54 anni. Questa fascia d’età costituisce il 47,6% del totale degli utenti attivi, ovvero 6 milioni. Seguono i giovani dai 25 ai 34 anni con una media di 2,6 milioni di utenti attivi, e cioè il 20,9%.

Nonostante questi ultimi dati sembrino essere a favore dei più giovani, l’analisi di Audiweb stupisce nella comparazione del numero di utenti attivi con un’età tra i 55 e i 74 anni con quelli notevolmente più giovani tra i 18 e i 24. La prima fascia supera la seconda con un buono scarto: 1,7 milioni contro poco meno di 1,3 milioni.

Considerando le fasce orarie mediamente più frequentate si piazza al primo posto quella che va dalle 12:00 alle 15:00 con 6,4 milioni di utenti, al secondo la fascia oraria della mattina dalle 09:00 alle 12:00 con 5,6 milioni e infine i 5 milioni di utenti dalle 21:00 alle 00:00. Durante la giornata l’attività rimane stabile nel pomeriggio dalle 15:00 alle 21:00 circa.

Per quanto concerne la suddivisione territoriale dell’utenza si segnala il Nord-ovest con il 31% di utenti attivi (3,9 milioni), seguito dal Sud e le Isole con 29,4% (3,7 milioni), il Centro al 17% (2,1 milioni) e il Nord-Est al 16,2% (2 milioni).

Fonte: www.hi-techitaly.com

AL CELLULARE NON SI PARLA PIÙ. SMS E FACEBOOK SONO I NUOVI MODI PER COMUNICARE…

I telefonini italiani hanno (quasi) perso la voce. E per evitare la pensione anticipata dopo un paio di decenni di onorato servizio come strumento di comunicazione verbale, hanno deciso di cambiar lavoro. Riciclandosi con gran successo come colf, personal trainer, baby-sitter, medici di famiglia e consulenti per problemi di cuore. Sia medici che sentimentali.

La metamorfosi è stata inevitabile. Ed è partita già dal 2005, l´anno in cui il Belpaese ha iniziato a perdere la sua passione per la chiacchiera alla cornetta: allora passavamo quasi sette minuti al giorno sulla linea fissa di casa con parenti e amici. Oggi ci stiamo solo 4 minuti e 41 secondi, il 32% in meno. Poco male, si diceva. È il prezzo da pagare alla tumultuosa crescita a due cifre del cellulare.

Peccato che adesso anche le conversazioni sul mobile inizino a dare segni di stanchezza: nel 2009 gli italiani sono rimasti con il telefonino appiccicato all´orecchio per 5 minuti e 9 secondi al dì, un misero 4,7% in più del 2008. E l´anno scorso – complice il boom di Facebook, Skipe e affini – le cose sono andate ancora peggio: la crisi, certificano i dati Nielsen, ha tagliato del 10% a quota 29 euro al mese la spesa media tricolore per i cellulari. Un dato che annuncia, vaticinano i guru delle tlc, il primo storico calo delle conversazioni sul piccolo parallelepipedo nero che ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare l´Italia, nel campo, non è sola. In dieci dei maggiori mercati di telefonia mondiali, dice la Ofcom, le telefonate sul cellulare sono in calo. «I genitori le riducono per far quadrare i conti di famiglia» spiega l´ultima relazione dell´authority delle tlc inglese. Di più: le chiamate, causa crisi, si sono ridotte a telegrammi verbali di pochi secondi. E se si può – per questioni di risparmio – si manda un sms: nel 2011 secondo Abi research il traffico dei messaggini esploderà a quota 7mila miliardi (l´800% in più del 2008), qualcosa come 1.666 per ognuno dei 4,2 miliardi di cellulari oggi attivi al mondo. L´avvento di Skype e del suo servizio low-cost via internet hanno completato l´opera, visto che nel 2010 oltre 54 miliardi di minuti di chiamate internazionali (il 13% del totale) hanno viaggiato sul web grazie al software dell´azienda Usa. Il vero colpo di grazia alle conversazioni via telefonino è però arrivato – un po´ a sorpresa – dai veri protagonisti del suo boom: i giovanissimi a inizio millennio erano stati loro a tirare la volata alla migrazione (e all´aumento) delle chiamate dal fisso al cellulare. Oggi sono sempre loro a tradire. «In molti l´hanno sostituito come mezzo di comunicazione con i social network», dice Filippo Renga, direttore dell´osservatorio mobile alla «School of management» del Politecnico di Milano. Non parlano più, chattano. Un´emorragia epocale visto che solo Facebook, per dare un´idea, ha già raggiunto i 700 milioni di utenti.«La vecchia chiamata non è più il suo core business – conferma Ombretta Capodaglio di Nielsen Online – . Undici milioni di italiani lo usano per viaggiare in internet, il 31% in più del 2009, tre milioni entrano nei social network via telefonino». Oggi il numero di persone che lo usa solo per parlare si è ridotto a un misero 14%, confermando come almeno su questo terreno il Belpaese – in testa alle classifiche globali per la penetrazioni dei cosiddetti smartphone – è all´avanguardia nel mondo. La voce, in questo nuovo universo, è un optional. Nel verso senso della parola: ci sono applicazioni come Viber e Whatsapp che già oggi regalano le vecchie chiamate su alcuni cellulari. Si parla gratis. Tanto il gestore della rete e del servizio fa soldi con il fiume in piena di dati che transita oggi sui nostri telefonini.È come ovvio, anche una rivoluzione commerciale che sta obbligando molte industrie a ripensare tutte le loro strategie di vendita. Lo schermo di un cellulare vale oggi più della vetrina di un negozio: tra il 25 novembre e il 25 dicembre scorsi le vendite via mobile gestite da E-Bay sono salite del 166% a 230 milioni di dollari. Il sistema di pagamenti internazionale Paypal ha registrato a dicembre un´impennata del 300% delle transazioni tramite telefonino e un aumento dell´87% delle donazioni benefiche. E non è un caso se, secondo Berg, la pubblicità su questo strumento di comunicazione (pur orfana della voce) salirà dagli 1,7 miliardi del 2009 ai 17,6 del 2015.

Fonte: www.dagospia.com

Risparmiare Batteria Col Cellulare, Ecco I Suggerimenti

Di seguito un elenco di impostazioni/servizi da disattivare o attivare per prolungare la durata della batteria:

  1. Rete GSM. Dalle impostazioni di connettività del telefono, impostiamo la rete in modalità GSM (disattiviamo dunque eventuali modalità UMTS o duali). La continua ricerca del segnale 3G infatti aumenta il consumo di batteria.
  2. Display. I display, è ben noto, sono la maggior fonte di consumo energetico di un cellulare: assicuriamoci di ridurre ad un livello sufficiente la luminosità (retroilluminazione). E’ importante anche impostare un buon timeout di retroilluminazione (lo schermo si spegne dopo un certo numero di secondi). Negli schermi di tipo AMOLED, in cui i singoli pixel sono autoilluminati, un tema di colore chiaro ha un consumo decisamente superiore rispetto ad uno di colore scuro.
  3. Vibrazione e toni di avviso. Per quanto possibile, eliminare la vibrazione e i toni di avviso durante la pressione dei tasti. E’ inoltre consigliato utilizzare i modi d’uso con vibrazione solo quando necessario.
  4. Riproduzione musica. L’ascolto della musica mediante cuffie auricolari ha un consumo inferiore rispetto all’ascolto tramite altoparlante del telefono.
  5. Bluetooth. Anche qui, è ben risaputo che tenere attivo il bluetooth provoca un consumo di oltre il 20% in più. E’ quindi necessario tenere il bluetooth disattivato quando non utilizzato, e sarebbe opportuno usare il meno possibile applicazioni che utilizzano il bluetooth se si vuole prolungare la durata della batteria.
  6. WLAN. L’utilizzo della connessione Wi-Fi e la ricerca continua di punti d’accesso influenzano in parte il consumo di batteria. Come per il bluetooth, meglio impostare la ricerca automatica di WLAN su Mai e connettersi solo all’occorrenza. Di conseguenza, è consigliabile anche ridurre l’intervallo di sincronizzazione per applicazioni come un client email.
  7. Rete GPRS. E’ utile disattivare anche la connessione dati a pacchetto (avviandola Su richiesta) anziché consentendo la ricerca automatica.
  8. Applicazioni in background. Questo lo diciamo soltanto per dovere di cronaca, perché è particolarmente ovvio: le applicazioni, dopo essere state utilizzate, vanno terminate con il pulsante Esci/Chiudi e non lasciate in esecuzione in background. Quest’ultimo caso, oltre a ridurre la memoria RAM a disposizione e dunque rallentare il telefono, causa anche un maggior consumo di batteria.

Questo è quanto. Seguendo questi consigli, o una parte di essi, si potrà ottenere un risparmio della batteria consentendovi un utilizzo sino al doppio del tempo (in genere 48h). Se volete inoltre approfondire questo argomento, potete leggere la guida alle batterie al litio con tutti i consigli per la carica/scarica delle batterie accumulatrici più diffuse in cellulari e pc.

Fonte: www.ziogeek.com

Internet sulla macchina

Se per il futuro i costruttori d’auto mondiali stanno investendo miliardi di dollari nella motorizzazione a basso consumo, le prossime innovazioni nel mercato delle automobili girano tutte intorno all’elettronica e all’interattività. La settimana scorsa a Las Vegas si è tenuto l’International Consumer Electronics Show (CES), una delle maggiori convention mondiali su tecnologia ed elettronica: quest’anno è stato invaso da 120mila delegati delle case automobilistiche, tutti col loro bel BlackBerry aziendale (la cosa ci interessa, ci arriviamo). Le attenzioni di tutti erano ovviamente puntate sulla presentazione dell’auto elettrica.

La presenza dell’auto elettrica al Ces, al Consumer electronic show, tempio della tecnologia, è il simbolo massimo di un cambiamento in atto di vasta portata: l’automobile a ioni di litio non appartiene più solo al vecchio mondo meccanico, ma fa parte di quel pianeta di silicio e software che ha trasformato il mondo negli ultimi anni del secolo scorso.

Le applicazioni di queste innovazioni al mercato automobilistico sono moltissime: i produttori di auto stanno puntando sulla dimestichezza delle generazioni più giovani con le nuove tecnologie per attrarre la loro attenzione e proporre prodotti molto interessanti. Si va dal sistema di ricarica ad induzione per dispositivi elettronici, su cui General Motors ha investito ben cinque milioni di dollari e che permetterà di ricaricare il cellulare in auto senza ricorrere a cavi e cavetti, al sistema di navigazione sviluppato da Nvidia per Tesla Motors, con schermone integrato da 17 pollici.

L’oggetto più interessante è prodotto sempre da General Motors. Si chiama OnStar, è sul mercato da qualche anno ed è di fatto l’erede dei normali navigatori satellitari ai quali ormai ci siamo abituati. Oltre alle mappe e alla navigazione via GPS, l’OnStar mette a disposizione del conducente molti altri servizi. C’è il servizio per il pronto soccorso: in caso di impatto del veicolo, il sistema comunica istantaneamente le proprie coordinate satellitari – rilevate col GPS – al luogo più vicino dal quale è possibile ricevere dei soccorsi. C’è il servizio per localizzare la macchina in caso di furto e quello per fare le telefonate in vivavoce. Ma il meglio è quello che si riesce a fare col sistema elettronico dell’auto. L’apparecchio di OnStar può diventare infatti uno specchietto retrovisore o laterale, può monitorare le prestazioni del veicolo – consumi, emissioni, pressione delle gomme, eccetera – in tempo reale e può permettere al proprietario dell’auto di compiere molte operazioni anche quando è da tutt’altra parte.

General Motors sta sviluppando infatti un’applicazione per smartphone che permetterà di bloccare le porte o accendere il motore a distanza. Se vi chiedete a che serva, immaginate di dover prendere un aereo: avete parcheggiato la macchina in fretta e a un certo punto non vi ricordate se l’avete chiusa o no. Dovunque voi siate potete aprire l’applicazione sul vostro smartphone, inserire il PIN e attivare la chiusura centralizzata. Oppure mettiamo che state tornando dalla spiaggia in una giornata di sole e volete trovare l’auto già fresca: aprite l’applicazione, inserite il PIN e fate partire l’aria condizionata (lo dicono quelli di GM, eh).

La connettività delle automobili a internet è terreno di grandi investimenti e molto marketing, non solo al CES. Google ha stretto un accordo con General Motors per far sì che il sistema OnStar sia basato sulle mappe di Google Maps. Da qui all’introduzione di un qualche collegamento con Facebook, MySpace e YouTube il passo è breve. Ovviamente, però, non si tratta di innovazioni a costo zero. Per prima cosa, infatti, serve un’infrastruttura capace di reggere il trasferimento di una robusta mole di informazioni. In un momento paradossale, i 120mila BlackBerry dei 120mila delegati presenti al CES hanno infatti intasato la rete: niente segnale, niente telefonate, niente email.

Poi c’è il problema delle distrazioni, sul quale probabilmente si catalizzeranno le critiche di molti osservatori. Accedere a Facebook dalla propria auto può essere divertente così come guardare un video su Youtube. Ma in auto le distrazioni possono essere fatali, e non è semplice isolare il conducente dai servizi che la sua macchina mette a disposizione per i passeggeri. Le case automobilistiche si trovano quindi di fronte alle necessità di sviluppare un minimo comune denominatore per evitare le distrazioni da applicazioni multimediali, ma sono al contempo chiamate a soddisfare le richieste dei consumatori, che vorrebbero fare quello che vogliono. La questione è ancora apertissima: di certo ci saranno grandi innovazioni, e grandi discussioni.

Fonte: www.ilpost.it

Internet Wi-Fi, con il nuovo anno abolite le vecchie regole

In vigore dal 1 gennaio 2011 le modifiche al decreto Pisanu: gli esercenti adesso non dovranno più identificare i clienti che utilizzano le connessioni senza fili. Decadono anche altri obblighi che hanno frenato la diffusione degli hotspot in Italia

Dopo 5 anni di condizionale, anche in Italia il Wi-Fi ha ottenuto la piena libertà. Dal primo gennaio 2011 è infatti possibile collegarsi alla reti Wi-Fi pubbliche presenti sul suolo nazionale senza l’obbligo di identificarsi; e nello stesso tempo i gestori di locali pubblici che offrono ai clienti Internet senza fili non devono più chiedere l’autorizzazione al questore, né registrare l’attività online degli avventori.

Una piccola rivoluzione innescata dall’approvazione del decreto Milleproroghe da parte del Consiglio dei Ministri e dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre. Il nuovo dispositivo legislativo infatti ha modificato l’articolo 7 del decreto Pisanu, abrogando quelle norme che dal 2005 obbligavano gli esercenti e chi metteva a disposizione una connessione in un locale pubblico a identificare i navigatori tramite un documento d’identità.

Il nuovo anno dunque si è portato via tutti e tre gli obblighi principali previsti dalla Pisanu che, a detta di molti osservatori, avevano contribuito a rallentare la diffusione degli hotspot e delle connessioni pubbliche in Italia. E dunque il barista, il ristoratore o l’esercente che oggi voglia fornire una Wi-Fi ai propri clienti non dovrà più richiedere l’autorizzazione della Questura; né sarà tenuto a identificare i cybernauti fotocopiando la loro carta d’identità o in altro modo; né ancora dovrà tenere il registro di log della navigazione degli utenti, tracciando e conservando la loro attività online. Diverso invece il discorso per chi fornisce connettività come attività principale del proprio servizio, vale a dire gli Internet point veri e propri. Per loro l’abrogazione non vale, e restano tutti gli obblighi appena citati.

Il decreto che prendeva il nome dall’allora Ministro dell’Interno Beppe Pisanu, nato per motivi di sicurezza nazionale sull’onda emotiva degli attentati terroristici avvenuti a Londra nel 2005, e successivamente convertito in legge, era stato prorogato anno dopo anno fino ad oggi. Non senza provocare mal di pancia e malumori da parte dei difensori dei diritti digitali e della libertà di internet, tanto che nel 2009 oltre cento blogger, giornalisti e imprenditori avevano sottoscritto una Carta per la liberazione del Wi-Fi.

Un dibattito che da allora si è fatto sempre più intenso, tanto più che proprio nel 2009 lo stesso Pisanu aveva ritenuto in qualche modo superate le condizioni che avevano portato all’approvazione del suo decreto: “Da un lato le esigenze di sicurezza sono nel frattempo mutate e dall’altro l’accesso a internet come agli altri benefici dello sviluppo tecnologico deve essere facilitato”. A queste dichiarazioni era seguita prima una proposta per alleggerire gli obblighi imposti avanzata dal deputato Roberto Cassinelli (PDL), quindi l’iniziativa bipartisan, anzi,   “terzopolista” con PD, per ottenere l’ abrogazione delle norme della Pisanu promossa da Linda Lanzilotta (API), e sostenuta da Paolo Gentiloni (PD), Roberto Rao (UDC) e Luca Barbareschi (FLI). Mentre lo scorso ottobre, anche l’attuale ministro dell’Interno Roberto Maroni si era pronunciato contro il rinnovo del decreto e dunque per una modifica delle norme in senso meno restrittivo.

Il fronte del Wi-Fi libero può dunque cantar vittoria? “In parte possiamo dire di sì – risponde a Sky.it Guido Scorza, avvocato esperto di diritto delle nuove tecnologie – perché finalmente è stato preso in considerazione un problema che era stato snobbato per 5 anni.  Tuttavia non possiamo aspettarci che da oggi avvenga un’esplosione di Internet pubblico in giro per l’Italia. I cambiamenti culturali hanno i loro tempi. Inoltre suscita perplessità il fatto che fino a poco tempo fa quelle norme erano ritenute indispensabili per ragioni di antiterrorismo”.  In effetti lo stesso procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso lo scorso novembre si era espresso contro l’abrogazione della Pisanu.

Rimane poi un ulteriore banco di prova: nei prossimi due mesi il decreto Milleproroghe dovrà essere convertito in legge, con la possibilità di ulteriori modifiche. L’ipotesi di un obbligo di identificazione degli utenti più “leggero”, ad esempio richiedendo il loro numero di cellulare, potrebbe ancora rientrare dalla finestra. In ogni caso, si può ben dire che con il 2011, per quanto riguarda il Wi-Fi, qualcosa è davvero cambiato.

Fonte: http://tg24.sky.it

I cd durano poco, un microbo è per sempre

L’umanità ha sempre cercato l’immortalità. Non potendola raggiungere letteralmente, ci si è accontentati di inseguirla attraverso l’eredità della memoria. Ma i supporti ci possono tradire

Se pensiamo all’immortalità come trasmissione di memoria, in fondo parliamo di messaggi in bottiglia che affidiamo al mare del tempo. La ricerca dell’immortalità si intreccia con una storia di tecnologie dei supporti cui affidare il proprio messaggio al futuro. Dalle pareti delle grotte alle tavolette di terracotta, dalle lastre di pietra a pelli e papiri… l’ironia della sorte è che spesso sono diventati immortali banali conti della spesa mentre sono andate perse opere fondamentali (basti pensare all’incendio della Biblioteca di Alessandria). Mai, nella storia dell’umanità è stato così facile provare ad essere immortali. Creare memoria da lasciare in eredità ai posteri, ad eventuali nostri futuri biografi. Dalla Nasa alla più scarsamente tecnologica delle zie abbiamo però tutti lo stesso problema: far durare le informazioni. Come salvare per l’eternità dati, immagini, filmati, emozioni? Il problema è serio. Nulla è eterno e immutabile. E la tecnologia guarda avanti e non indietro.

Le tecnologie muoiono

Buona parte dei dati raccolti dai satelliti della Nasa negli anni ‘60 si stanno perdendo: non solo i nastri magnetici originali stanno smagnetizzandosi, ma non esistono quasi più macchine in grado di leggerli. Chi ha investito soldi e tempo nel costruirsi una collezione di videocassette sa che la fine è vicina. Analoga sorte per i dati conservati sui primi floppy disk, quelli delle dimensioni di un 33 giri o quasi, ma anche i dischetti più recenti. Prima o poi capiterà ai Cd e ai Dvd, ai BluRay. E potremmo continuare citando le pellicole 8 mm, le Kodachrome e così via. Ma al di là dell’obsolescenza tecnologica c’è il problema della degradazione dei supporti. A differenza delle solide rocce dei nostri antenati, i supporti moderni hanno una durata limitata. Lastre e pellicole perdono le immagini, la carta ingiallisce, i supporti magnetici si smagnetizzano, gli stessi hard disk perdono dati e anche Cd e Dvd masterizzati in casa hanno una durata limitata. E gli esperti sanno bene che la buona vecchia carta (di buona qualità) mediamente dura molto, molto di più di un qualsiasi supporto digitale. Il che ha delle profonde implicazioni sui progetti di digitalizzazione delle biblioteche e delle collezioni.

Digitalizzare l’informazione dell’umanità appare inoltre un compito quasi impossibile: se la Libreria del Congresso americana ha raccolto in 200 anni di storia di una collezione di oltre 140 milioni di pezzi, si stima che una quantità equivalente di informazione venga oggi generata ogni 15 minuti, nel mondo. Ma anche archivi meno vasti hanno i loro problemi, come nel caso della Foundation Institute for Visual History and Education, un archivio dell’Università della Southern California che ha raccolto oltre 52.000 interviste video con sopravvissuti e testimoni della Shoah. 100.000 ore di video, 235.000 nastri in vent’anni.  Una migrazione massiccia da vecchi Vhs e Beta ai nuovi formati digitali, per un inquietante totale di 8.000 Terabyte di dati. Milioni di dollari di investimento. Ed ogni tre anni tutto viene ricopiato un’altra volta.

Possiamo fidarci?

Secondo l’aneddotica (tutta da verificare), i supporti tecnologici creati dall’umanità per durare più a lungo sarebbero i messaggi per eventuali extraterrestri affidati dalla Nasa alle sonde Pioneer e Voyager. Una placca d’alluminio incisa per il primo (nulla di nuovo sotto il sole, un graffito), un disco di rame placcato oro con video, musiche, dati il secondo. Teoricamente costruito per durare un miliardo di anni (tanto, prima che qualcuno reclami…). Con tanto di campione radioattivo in copertina per permetterne una datazione a eventuali scopritori alieni. Un oggetto decisamente fuori mercato per il privato.

Se si studiano gli incerti dati disponibili sulla durata dei supporti, concludiamo che non c’è da fidarsi troppo. Un Cd o un Dvd potrebbe o dovrebbe durare da un minimo di un paio d’anni a forse 10, 20 o qualcosa di più… ma tutto dipende dalla marca, dalla qualità del prodotto, da come lo abbiamo usato e conservato. E quindi in sostanza potrebbe tradirci da un momento all’altro. Forse ancora peggio per gli hard disk e per le memorie allo stato solido (dalle chiavette Usb ai dischi Ssd) le cui durate possono essere parecchio variabili. Quanto valeva per i vecchi supporti cartacei, per le foto, per i dischi magnetici, vale anche per i nuovi media: lentamente tutto si disgrega. Anche supporti esoterici come i cosiddetti dischi eterni (Cd o Dvd costruiti con particolari metalli e tecnologie) non durano teoricamente più di 100 anni (anche qui, dura da verificare sul campo, la promessa del produttore…), a costi anche 100 volte superiori ai Cd da supermercato.

I più bravi copiano

In realtà non si conosce esattamente la durata reale dei supporti, anche perché alcuni di questi sono sul mercato da relativamente pochi anni. È impossibile stimare esattamente la durata anche perché dipende dal produttore, condizioni in cui sono usati e quanto li si usa ogni giorno; e i dati (contraddittori) disponibili derivano da esperimenti e test di invecchiamento accelerato che cercano di simulare un passaggio del tempo che non abbiamo ovviamente tempo di attendere.

Se vogliamo salvare la memoria, c’è un’unica soluzione. Copiare. E continuare a copiare. Si chiama migrazione perpetua, un processo che occuperà tutta la nostra vita e anche quella dei nostri discendenti, se vorranno conservare questa immortalità di ricordi (o di dati aziendali). Copiare da un hard disk (ancora perfettamente funzionante) a un altro disco nuovo, tenere entrambe le copie e ripetere a distanza di qualche mese. Duplicare i Dvd su un altro disco fisso. Un lavoro impegnativo e costoso, che ci impegna, vita natural durante a rinnovare il rito del salvataggio, delle riconversione. Magari dandoci anche un’opportunità per rieditare, censurare, modificare la storia passata in una sua nuova e più adeguata versione. E facendoci rimpiangere i bei tempi in cui bastava spargere un po’ di colori sulle mura di una caverna per vivere sereni per il resto della nostra (breve) esistenza preistorica.

Fonte: www.apogeonline.com

Italiani popolo di pazienti in Rete

L’Italia è tra i Paesi in cui il «dottor Web» è più consultato, ma pochi controllano l’attendibilità delle fonti. I consigli per chi cerca informazioni.

Otto italiani su dieci si affidano a Internet per cercare informazioni su salute e farmaci, mentre uno su due ricorre al Web per l’autodiagnosi. Purtroppo va aggiunto che tre connazionali su quattro non controllano l’attendibilità delle fonti, rischiando così di imbattersi in contenuti poco affidabili. È quanto emerge dai nuovi dati del “Bupa Health Pulse 2010“, la ricerca internazionale della London School of Economics sui servizi sanitari.

I pazienti italiani sono tra i più digitali in assoluto: più connessi dei cugini francesi (con il 59% si rivelano i meno propensi a ricorrere al Web), degli spagnoli (72%), degli inglesi (73%) e dei tedeschi (80%). Risultano secondi solo ai russi (con il 96% i più digitalizzati del mondo), ai cinesi (92%) e agli indiani (90%).

Le donne italiane consultano il “dottor Web” più degli uomini (83% contro 78%), ma il picco massimo di ricerche legate alla salute, indipendentemente dal sesso, si registra comunque tra i giovani dai 25 ai 34 anni (87%), la generazione evidentemente più predisposta sia per l’età sia per la confidenza con il pianeta dell’online. Quando si tratta, invece, di contattare il proprio medico con un’e-mail o un sms, i più propensi risultano gli uomini (27% contro il 21% delle donne). Da segnalare, infine, un 13% di italiani che ricorre ai social media come Facebook per postare commenti e domande o approfondire temi medici.

Entrando nel particolare, il 65% degli italiani cerca in Rete informazioni sui farmaci; il 47% naviga per effettuare un’autodiagnosi; il 42% si informa su ospedali o cliniche; il 26% cerca a colpi di mouse notizie sui medici; il 13% ricorre ai social media come Facebook per postare commenti e domande o approfondire temi medici.

È gennaio il mese in cui i consigli medici online raggiungono – con l’inizio del nuovo anno e complice una rinnovata attenzione per la salute – il loro picco massimo. Inoltre uno studio della London School of Economics ipotizza nei prossimi anni un’ulteriore crescita delle informazioni online sulla salute: ciò si spiega anche con l’incremento delle vendite di smartphone e ipad previsto entro il 2012. Lo studio spiega che le persone rischiano così di imbattersi in contenuti che non hanno una fonte certa e faticano, dunque, a conoscere ciò di cui si possono fidare.

«Se online si reperiscono delle informazioni inaffidabili – ha commentato Sneh Khemka, direttore medico di “Bupa International” – le conseguenze possono essere serie. Da una parte le persone possono sentirsi falsamente rassicurate da sintomi potenzialmente pericolosi, non cercando l’aiuto di cui hanno bisogno, dall’altra un’informazione imprecisa può portare la gente a preoccuparsi per nulla, a sottoporsi a esami e trattamenti che non apportano loro alcun beneficio. Quando si è alla ricerca di informazioni online è davvero importante assicurarsi che provengano da una fonte attendibile».

«Le nuove tecnologie – ha spiegato David McDaid, ricercatore della London School of Economics – stanno aiutando tantissime persone in tutto il mondo ad approfondire argomenti che riguardano la loro salute e a prendere decisioni con un bagaglio informativo implementato. Tuttavia la gente necessita di informazioni ottimali. Le persone devono ricercare le fonti online badando al marchio di qualità, verificando sia la sezione ’Chi siamò dei siti web, sia la data dell’ultimo aggiornamento delle informazioni stesse».

Ed ecco i consigli per chi cerca informazioni online sulla salute:
1. Migliorare la propria ricerca: quando si va a caccia informazioni online sulla salute è importante essere quanto più specifici è possibile nell’inserimento delle parole chiave.

2. Verificare la provenienza delle informazioni e scegliere scrupolosamente i siti che forniscono informazioni sulla salute.

3. Alcuni paesi hanno marchi di qualità per contraddistinguere i siti web sulla salute affidabili. Ad esempio nel Regno Unito il Dipartimento del Governo di Sanità ha sviluppato uno standard informativo a cui si conformano i siti di elevata qualità che si occupano di salute (tra cui www.bupa.co.uk).

4. Controllare la sezione “Chi siamo”: se non vi sono marchi di qualità è importante scoprire chi gestisce il sito sulla salute e perchè. I siti con una certa fama indicano se gli autori sono qualificati e se vi è un processo editoriale nella produzione dei contenuti.

5. Controllare la data: i consigli medici possono ’scaderè ed è quindi bene cercare la data di pubblicazione delle informazioni. Come regola generale le informazioni sulla salute che hanno oltre due anni devono essere considerate non più valide.

6. Consultare il proprio medico: internet può essere utile per capire qualcosa di più sulla propria salute, ma quando si è preoccupati per un problema occorre contattare il proprio camice bianco.

Fonte: www.lastampa.it

Ecco le innovazioni che dal 2000 hanno cambiato lo stile di vita degli italiani

Dal tanto temuto avvento del terzo millennio sembrano passati secoli, proprio perché in questi primi dieci anni sono innumerevoli i cambiamenti, le innovazioni, vere e proprie rivoluzioni che hanno modificato drasticamente il modo di vivere degli Italiani. E se a primeggiare è sicuramente la tecnologia (89%) che ha subito incessanti trasformazioni anno dopo anno, non mancano brand e marchi che hanno saputo modificare lo stile di vita anche in settori come l’alimentazione e la gastronomia (75%), il mondo del divertimento e del tempo libero (67%), la moda (63%) e, infine, il modo di informarsi, conoscere e apprendere (61%).

Ma quali sono i meccanismi per cui un brand è diventato capace di aver rivoluzionato un decennio? Secondo gli italiani, più che l’imporsi come status symbol (58%), è stata fondamentale la forza con cui ha mutato il proprio stile di vita (65%), rendendola più facile e comoda (56%) e fornendo alternative divertenti e mai viste prima (52%). Per il 75% degli italiani, infatti, i marchi che hanno saputo rinnovare sono garanzia di continuo cambiamento anche in futuro perché testimoniano una propensione alla novità e al “domani” (81%) che include non solo nuovi prodotti ma veri e propri stili di vita innovativi (67%).

Ma quali sono i brand più rivoluzionari? Nella speciale classifica ecco spiccare la Apple, grazie all’iPod, all’iPhone e all’iPad; la Ryanair con i suoi viaggi low-cost; il Nescafé con il food-fenomeno brunch; Facebook, il re dei social network e Wikipedia, l’enciclopedia libera online.

È quanto emerge da uno studio di “Meta Comunicazione” condotto attraverso un monitoraggio di 500 siti internet e blog italiani e dei principali social network per sondare il giudizio sui marchi più rivoluzionari degli ultimi 10 anni.

Protagonista assoluta la tecnologia: dal mondo Apple alla rinascita della radio con Tivoli Audio sino al successo del 3D al cinema con Avatar

A distinguersi come il settore con le maggiori innovazioni e rivoluzioni è certamente la tecnologia. Protagonista indiscussa la Apple che, sin dall’avvento sul mercato internazionale il 21 ottobre 2001 del primo iPod, il lettore di musica digitale basato su hard disk e memoria flash, ha mutato l’approccio alla tecnologia. Un successo costruito negli anni con nuove generazioni di iPod e con l’iPhone, lo smart-phone per eccellenza, e con l’ultimo ritrovato della azienda di Cupertino (California), l’iPad.

Innumerevoli le novità tecnologiche dei primi dieci anni del nuovo secolo che, grazie al WiFi, al GPS o al 3D impostosi al cinema con il kolossal di James Cameron Avatar, hanno drasticamente cambiato la vita quotidiana degli italiani. Ma la tecnologia ha riportato in vita anche prodotti apparentemente finiti nel dimenticatoio: è il caso della radio che, per merito del design accattivante e del suono ultrafedele della “Model One” della Tivoli Audio dell’italo-americano Tom De Vesto, ha riscoperto una nuova giovinezza a partire dal 2000, con milioni di imitazioni in tutto il mondo e un trionfo inimmaginabile solo qualche anno addietro.

Il brunch con Nescafè ha cambiato la domenica degli italiani, mentre l’energy drink della Red Bull e il commercio equo-solidale di FairTrade hanno imposto nuovi stili di vita

Anche l’alimentazione e il modo di consumare i cibi ha subito un drastico cambiamento negli ultimi dieci anni. A partire dal brunch, il food-fenomeno che, sbarcato a Milano nei primi anni ’90 grazie all’intuizione di Nescafé, emblema del caffè lungo, ha conquistato l’intera Italia, imponendosi come il nuovo modo di mangiare della domenica e non solo, ed entrando persino nelle case degli italiani. A testimoniarlo anche l’ultimo libro dal titolo “Storie di brunch” del giovane chef Simone Rugiati che racconta il suo viaggio all’interno delle comitive e delle famiglie che, ognuna con il suo stile di vita, fa del brunch un punto di riferimento sulla propria tavola.

È austriaca, invece, l’altra bevanda che ha fatto breccia nel cuore e nel gusto italico: si tratta della Red Bull, l’energy drink che ha sposato il proprio brand al mondo degli sport estremi (windsurfing, basejumping, snowboarding) e delle auto da corsa (in Formula1 ben due scuderie a suo nome) creando un nuovo stile di vita basato sul suo claim “ti mette le ali”.

Ultima rivoluzione gastronomica è quella del commercio equo e solidale che, a piccoli passi, ha trovato spazio anche nella grande distribuzione italiana, facendosi conoscere al grande pubblico. Un nome su tutti: FairTrade.

Le informazioni si cercano su Wikipedia mentre si comunica con gli amici tramite Facebook. Intanto spopolano i reality della Endemol e la Tv diventa HD con Sky.

Rivoluzioni anche nell’informazione e nell’industria dell’intrattenimento. Nata il 15 gennaio 2001, Wikipedia, l’enciclopedia multilingue collaborativa, online e gratuita, è diventata il punto di riferimento per tutti i naviganti che hanno abbandonato negli anni le polverose e mastodontiche enciclopedie, lasciate a far “libreria” sugli scaffali. Con una media di 60 milioni di accessi al giorno, più di 10 milioni di voci, 34 milioni di pagine e con la sua filosofia di “pubblicazione aperta a tutti” si è imposto come uno dei dieci siti più visitati al mondo.

Viaggia sempre sul World Wide Web il fenomeno d’intrattenimento del momento, il social network per antonomasia, ovvero Facebook, capace di attirare l’attenzione di giovani e adulti. Creatura del 19enne studente di Harvard Mark Zuckerberg, dalla metà degli anni 2000 è stato in grado di modificare i rapporti interpersonali e di annullare le distanze in maniera immediata con amici e parenti.

Ma i primi dieci anni del XXI secolo sono anche gli anni del boom di un nuovo format televisivo: i reality. Merito soprattutto della Endemol che con i suoi programmi (il Grande Fratello su tutti che proprio in questa edizione spegne le 10 candeline) rivoluziona i palinsesti delle tv italiani. Un ulteriore scossone alla classica tv generalista lo impone il magnate Rupert Murdoch che, dall’estate del 2003 con la pay-tv Sky, offre pacchetti con centinaia di programmi monotematici e porta in Italia l’HD, l’High Definition delle immagini. Un’innovazione nell’approccio al mezzo di comunicazione di massa più amato dagli italiani che inizia a coinvolgere tutti con l’avvento del “digitale terrestre”.

Nasce il fast-fashion di H&M, i viaggi sono rigorosamente low-cost dall’avvento di Ryanair e si viaggia in simpatiche auto dalle piccole dimensioni, le Smart

A cambiare drasticamente è anche la moda. Ad innovare in questo settore, dettando il percorso a tutte le aziende concorrenti è la Hennes & Mauritz meglio conosciuta come H&M che, nel 2003, apre il primo negozio in Corso Vittorio Emanuele a Milano. Nasce il fast-fashion, amato anche da star come Madonna che nel 2006 firma una sua linea personale, la “M by Madonna”. Oggi l’impero svedese dell’abbigliamento può contare su 2200 punti vendita in 38 paesi, di cui 67 in Italia.

Ma negli anni 2000 prende piede anche un nuovo modo di viaggiare, quello dei voli low-cost che rivoluzionano i cieli con prezzi convenienti e appetibili a tutti. Emblema è la compagnia irlandese Ryanair che, sotto la guida di Michael O’Leary, in meno di dieci anni dal 1999 al 2008, ha subito una crescita esponenziale: dai 5.358.000 a oltre 58 milioni di passeggeri trasportati. Non solo gli aerei ma anche le auto cambiano aspetto: è l’intelligente idea della SMART (acronimo Swatch-Mercedes ART, ma anche parola inglese che significa “scaltro”), una piccola vettura a due posti che ottiene un successo strabiliante soprattutto nei grandi centri come Roma e Milano, ingolfati dal traffico.

Fonte: www.newsfood.com

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