L’opinione dei medici sui presunti rischi da onde elettromagnetiche: «Esporsi per 24 ore equivale a una telefonata di 20 minuti sul cellulare. E neanche questo è dimostrato essere dannoso»
«Se davvero le onde wi-fi facessero male, allora dovremmo smettere di usare anche radiosveglia e televisore. Entrambi ricevono onde radio più potenti, perché le emittenti sono molto lontane e quindi è necessaria una forza estremamente maggiore».
Carlo La Vecchia, direttore del reparto di Epidemiologia all’Istituto Mario Negri di Milano, non nutre dubbi sulla strategia da adottare per sfatare i timori sulla presunta nocività delle onde wi-fi. Così, nonostante non possa fare a meno di ammettere come «manchino studi attendibili sulla questione», la strada che sceglie di seguire per dimostrare l’assenza di rischi è una sola, a base di esempi e citazioni. «Quando negli anni ’70 si diffusero in America, le microonde furono studiate senza che emergessero evidenze dell’insorgenza di patologie, né di sintomi quali il mal di testa. Ci sono più dati sui telefonini, certo, e i primi avevano effettivamente un’energia elevata, che portava al surriscaldamento dell’area dell’orecchio. Ma il wi-fi si serve di una frequenza molto alta e di conseguenza di potenza estremamente bassa, perciò non c’è alcun rischio di cancro», spiega il medico. Ed è proprio l’assenza di rischi il vero cavallo di battaglia del professore, convinto soprattutto dall’aspetto tecnico della questione: «Il wi-fi copre al massimo due-tre locali e la potenza delle onde è davvero bassa, altrimenti si sovrapporrebbero alle altre. Inoltre, le onde radio umane sono in giro da più di un secolo e non sono mai state accostate a rischi biologici».
Il professor La Vecchia, in ogni caso, è in buona compagnia nel sostegno alla tesi della non pericolosità. «Esporsi alle onde del wi-fi per 24 ore di seguito equivale a telefonare per 20 minuti con il cellulare all’orecchio, e neanche questo è stato dimostrato che possa essere dannoso», conferma Daniele Santini, oncologo al Policlinico Campus Bio-Medico di Roma e tra gli specialisti interpellati dal Corriere. Accanto, però, al giudizio di merito, lo stesso Santini non può che lamentare anche «la mancanza di uno studio particolare sui tumori dovuti a esposizione al wi-fi, su un periodo non inferiore ai 5 anni. Comunque, finora è stato verificato solo che l’esposizione per più di 2 ore giorno alle onde dei cellulari, causa un surriscaldamento dei tessuti prodromico alla modifica di alcuni parametri a livello celebrale, ma sicuramente non all’insorgenza di tumori, che non pertiene neanche al wi-fi». Santini cita, tra gli altri, anche uno studio dello scorso anno firmato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per la quale non esiste alcuna dimostrazione che leghi l’insorgenza di tumori o di danni per la salute, all’esposizione a onde wi-fi.
«L’insorgenza di effetti negativi dovuti all’impiego dei dispositivi wi-fi è poco probabile e molto limitata. La normativa esclude possibilità di effetti acuti derivanti dall’uso di radiazioni elettromagnetiche», gli fa eco Guido Pedroli, direttore del dipartimento di Fisica Sanitaria dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO). Ma anche dal punto di vista tecnico, secondo Pedroli, non dovrebbero esserci timori sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza. «Le potenze dei dispositivi wi-fi non possono superare i 100 mW, un ordine di grandezza inferiore rispetto a quello dei telefoni cellulari, per giunta normalmente indossati mentre il dispositivo wi-fi si trova quasi sempre a una certa distanza dagli individui. Per inciso, non esistono neanche studi epidemiologici che evidenzino rapporti causa-effetto tra il normale utilizzo dei telefonini e la sterilità», continua il fisico sanitario dell’istituto milanese. Quasi in risposta, poi, all’intervista rilasciata da Francesco Monico al Corriere, anche Pedroli chiama in causa i dati di uno studio firmato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro (IARC). Ma mentre Monico riferisce di una ricerca per cui «i router wi-fi sarebbero pericolosi come i radar», Pedroli cita due pareri diversi firmati IARC e apparentemente in contrasto tra loro. «I dispositivi wi-fi emettono radiazioni simili a quelle dei telefoni cellulari. E secondo l’Agenzia (IARC), non ci sarebbe alcun aumento del rischio di glioma o meningioma cerebrale neppure tra gli utilizzatori regolari di telefoni cellulari da 10 anni o più», spiega il fisico dell’Istituto Europeo di Oncologia. Allo stesso tempo, però, è la stessa Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro ad aver inserito «i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde nel gruppo 2B, cui appartengono gli agenti per i quali non è possibile escludere la possibilità di effetti cancerogeni. Si consideri, comunque, che nel gruppo 2b rientrano anche il caffè e i sottaceti», conclude Pedroli.