I dati di uno studio a livello mondiale
La differenza nell’accesso ad Internet tra uomini e donne è ancora molto marcata malgrado un terzo della popolazione mondiale sia ormai online. Ad evidenziare il problema è il recente studio di Intel “Women and the Web” che pone l’accento, in particolare, sul divario di genere nei paesi in via di sviluppo. A livello globale circa 2,4 miliardi di persone accede ed usa Internet. Nei paesi meno sviluppati il totale degli utenti della rete è pari a 1,4 miliardi ma solo 600 milioni sono donne, secondo l’indagine condotta con l’aiuto del Dipartimento di Stato Usa e delle Nazioni Unite e presentato durante una conferenza a Washington. In questa parte del pianeta la percentuale di donne online è in media inferiore del 25% rispetto agli uomini mentre in regioni come l’Africa subsahariana il gap arriva fino al 45%.
Anche nelle economie in rapida crescita si presenta in maniera dirompente la questione di genere. In Asia meridionale, Medio Oriente e Nord Africa la percentuale di donne in meno su Internet è pari al 35% e al 30% in Asia centrale e in alcune zone d’Europa.
Nella maggior parte dei paesi sviluppati, invece, il ritardo femminile nell’accesso al web è estremamente trascurabile, sebbene si riscontrino ancora condizioni più sfavorevoli nelle aree rurali e tra fasce più povere della popolazione, e addirittura in Francia e negli Stati Uniti il numero di donne online è di poco superiore agli uomini.
Oltre agli ostacoli rappresentati dalla minore diffusione di tecnologie e infrastrutture e dai costi elevati nelle nazioni meno sviluppate pesano anche fattori sociali e culturali. Per esempio una donna su cinque in India e in Egitto ritiene che navigare sul web sia inappropriato per il sesso femminile. Molte ragazze restano tagliate fuori – essendo private di risorse e opportunità in una realtà sempre più iper-connessa – a causa di analfabetismo, scarsa conoscenza, pressioni familiari o norme che in alcune comunità limitano la libertà fino al punto di impedire loro di frequentare cybercafè o Internet point, in qualche circostanza unico mezzo per usufruire di un computer.
Quasi il 40% delle donne che non usano Internet ne attribuiscono la ragione ad una mancanza di familiarità e di comfort con la tecnologia. Tuttavia, nel rapporto si mette in luce come questa cosiddetta tecnofobia, che restringe le possibilità di alfabetizzazione digitale e di acquisizione di competenze informatiche utili per trovare lavoro, sia in gran parte un riflesso della disparità di genere in materia di istruzione, occupazione e reddito.
Per Renee Wittemyer, ricercatrice di Intel, accessibilità e disponibilità costituiscono i due elementi critici su cui occorre agire per incrementare la partecipazione alla rete del genere femminile chiamando le imprese a creare piattaforme innovative e a basso costo, e ad ampliare l’offerta di contenuti gratuiti, i governi ad investire nella banda larga, allargare il mercato, stabilire sovvenzioni a progetti specifici, realizzare adeguati programmi formativi, e le associazioni a sostenere la nascita network sensibili al tema di genere sul piano locale, regionale e internazionale come nel caso di Wougnet , ArabDev e APC.
Nei prossimi tre anni, grazie alla crescita spontanea di Internet e al diffondersi dei dispositivi mobili, è previsto l’ingresso online di altre 450 milioni di donne ma con uno sforzo mirato questo numero può essere aumentato a 600 milioni. Questo obiettivo, se conseguito, porterebbe a raddoppiare la presenza femminile nei paesi in via di sviluppo raggiungendo il traguardo di una percentuale del 40% (1,2 miliardi).
Abbattere le barriere all’accesso online delle donne oltre ad accrescere libertà e potenzialità espressiva significherebbe ottenere enormi benefici sociali ed economici contribuendo a far lievitare il prodotto interno lordo di 144 paesi in via di sviluppo di 13-18 miliardi di dollari all’anno.
Fonte: La Stampa