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Categoria: Approfondimenti Pagina 23 di 25

FACEBOOK COME UNA DROGA, ARRIVA SINDROME D’ASTINENZA

(AGI) – Londra, 3 gen. – Sono bastate 24 ore di lontananza da e-mail, sms, Facebook e Twitter per stare male e provare ansia e irrequietezza alla stregua del fumatore che tenta di smettere. A rivelarlo e’ stato un gruppo di ricercatori della Bournemouth University che partecipa all’esperimento internazionale ‘Unplugged’, come riporta il quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’. Ai volontari di 12 universita’ di tutto il mondo, tra cui 125 studenti dell’ateneo britannico, e’ stato chiesto di trascorrere un giorno intero lontano da computer, cellulari, iPod, televisione, radio e giornali. I ragazzi avevano il permesso di utilizzare solo i telefoni di rete fissa e potevano leggere libri. Nel corso dell’esperimento i volontari hanno tenuto diari in cui raccontare la propria esperienza. Da quelle pagine e’ emerso che molti hanno provato sentimenti di forte irrequietezza, di ansia e isolamento. In pratica, i soggetti si sono trovati alle prese con la sindrome d’astinenza da informazioni. “La misura in cui stiamo usando una parte della moderna tecnologia e dei nuovi media ci sta cambiando”, ha spiegato Roman Gerodimos, lo scienziato che si e’ occupato della parte britannica dell’esperimento. I giovani che hanno riportato sintomi di dipendenza sono stati maggiormente male per via della mancanza di musica. “Molti di loro”, ha riferito Gerodimos, “hanno detto di aver trovato il silenzio inizialmente piuttosto scomodo e imbarazzante. Ma non appena vi si sono abituati hanno cominciato a notare cose cui mai avevano fatto caso prima: dal canto degli uccelli al ‘suono’ della vita quotidiana dei vicini”. Riflettendo su questa esperienza, ha continuato lo scienziato, “i volontari hanno ammesso di soffrire di sintomi dell’astinenza. Gli studenti hanno paragonato quest’esperienza a quella di una dieta e allo smettere di fumare, e la parola dipendenza e’ risultata ricorrente. La maggioranza di loro in un primo momento ha sofferto ma poi si e’ lasciata coinvolgere dalle nuove atmosfere e sensazioni, mentre una minoranza ha odiato tutto questo”. E ha concluso: “Diventare piu’ consapevoli di quanto e come usiamo le nuove tecnologie potrebbe aiutarci a controllare l’effetto che hanno su di noi. E forse dovremmo rinunciarvi almeno per un giorno all’anno”.

Fonte: www.agi.it

Facebook mette la freccia Nel 2010 più visitatori di Google

Facebook batte Google e si afferma come il sito più visitato negli Stati Uniti nel 2010. Intanto intorno al social network si sta per aprire un nuovo capitolo della battaglia legale che si protrae da anni tra i gemelli Winklevoss, che avrebbero avuto l’idea da cui poi nacque Facebook, e il suo fondatore Mark Zuckerberg.

Il social network, secondo uno studio di Experian Hitwise, ha scalzato il motore di ricerca al primo posto della classifica dei portali più visitati negli Usa nell’anno appena concluso: fra gennaio e novembre Facebook è stato visitato dall’8,93% dei navigatori contro il 7,19% di Google.com. Mountain View supera però Facebook se vengono inclusi nel conteggio tutti i siti che fanno capo a Google, fra i quali quali Youtube e Gmail. In questo caso infatti Google è stato visitato dal 9,85% dei navigatori. Il terzo posto va in ogni caso a Yahoo! con l’8,12% dei navigatori.
I problemi per Facebook arrivano invece sul fronte legale. Tyler e Cameron Winklevoss ci ripensano. E puntano a un annullamento dell’accordo raggiunto in precedenza con il sito web, dichiarandosi pronti ad aprire un nuovo capitolo della battaglia legale intorno al social network che si protrae da anni. I gemelli Winklevoss, che accusano Mark Zuckerberg di aver rubato l’idea originale per la creazione di Facebook e che hanno patteggiato un accordo che li ha portati a incassare 20 milioni di dollari in contanti e 45 milioni di dollari di azioni Facebook, ritengono di essere stati ingannati: l’intesa – riporta il New York Times – non rispecchia il valore reale del social network e la somma ricevuta è troppo ridotta.
Il mese prossimo i gemelli Winklevoss potrebbero chiedere alla corte d’appello federal di San Francisco l’annullamento del precedente accordo così da poter riprendere l’azione legale avviata nel 2004. E insistono: non è una questione di soldi ma di principio. Una differenza di valore c’è senza dubbio, secondo alcune stime infatti l’attuale valore dell’accordo sarebbe pari a 140 milioni di dollari. «Il principio è loro non si sono battuti correttamente. Il principio è che Mark ha rubato l’idea» spiega Tyler Winklevoss. A complicare ulteriormente la vicenda è il fatto che i gemelli Winklevoss sono in guerra anche con gli avvocati che li hanno portati ad accettare il patteggiamento. Un giudice di recente ha stabilito che i gemelli devono versare ai legali una commissione del 20%, ovvero 13 milioni di dollari. Il risultato è che i soldi ricevuti dall’accordo del 2008 sono attualmente bloccati in un conto corrente. «Mark è dove è perchè noi lo abbiamo incluso nel nostro progetto» aggiungono.
Una nuova battaglia legale presenta rischi sia per i gemelli Winklevoss sia per Facebook, la cui posta in gioco è elevata: se il giudice decidesse di annullare l’accordo, la società dovrebbe decidere se patteggiare un’intesa più ricca o se andare al processo. I gemelli Winklevoss potrebbe arricchirsi di più oppure perdere tutto.
La disputa è datata 2003, quando Zuckerberg, i due gemelli e Divya Narendra erano a Harvard e Zuckerberg si è offerto di aiutarli a creare il programma Harvard Connection. Zuckerberg – denunciano i gemelli – avrebbe ritardato il lavoro e si sarebbe mostrato evasivo nel rispondere alle pressioni. Nel febbraio 2004 Zuckerberg ha lanciato The Facebook, fra l’irritazione dei suoi compagni che hanno subito avviato una causa.

Fonte: www.lastampa.it

Facebook? Mai così invadente…e ora molti vogliono scappare

Mai, come nel 2010, Facebook è stato al centro dell’attenzione dei media. Il Time pochi giorni fa ha eletto «uomo dell’anno» l’inventore e fondatore Mark Zuckerberg, 26 anni. Nelle sale cinematografiche ha spopolato The Social Network, ispirato alla biografia di Zuckerberg stesso (indispettito dal risultato: ne esce come un sociopatico, proprio lui che ha aggiornato il significato della parola «amicizia»). Un trionfo per il regista David Fincher: fuochi d’artificio al botteghino, critica in sollucchero e probabile Oscar in arrivo. In luglio le iscrizioni a Facebook hanno raggiunto e superato quota 500 milioni dopo una cavalcata inarrestabile iniziata nel 2004 per rimorchiare ragazze all’università di Harvard. Negli ultimi dodici mesi solo Google, il motore di ricerca «egemone», ha avuto un maggior numero di contatti in rete.
Esserci dunque sembra un imperativo categorico. Mezzo miliardo di utenti (incluso chi scrive) ha risposto alla chiamata: aprendo una pagina personale, connettendosi e comunicando con «amici» selezionati, aggiornando con messaggi la bacheca, rendendo visibili foto, messaggi, video del proprio diario multimediale.
Eppure… se il 2011 fosse l’anno della fuga da Facebook? Sembra folle solo pensarlo a fronte dei fatti appena ricordati ma qualcosa si muove nel variegato mondo di internet. Mettiamo insieme qualche indizio. Un rapporto di Nielsen Rating (azienda che misura, fra le altre cose, l’audience del web) sostiene che su quattro minuti e mezzo di navigazione, l’utente ne dedica uno ai social network, Facebook o Twitter che siano. E cosa fa in quei sessanta secondi? Quasi sempre, nulla. Statistiche a parte, provate a pensare alle vostre pagine Facebook. Probabilmente avrete molti «amici». Altrettanto probabilmente, però, la percentuale di quelli che aggiornano con assiduità il profilo sarà piuttosto bassa. Qualche anno fa impazzava la moda di Second Life, un mondo virtuale in cui si entrava a far parte col proprio avatar. Per settimane non si parlò d’altro. Il sito ha ancora oltre un milione di iscritti ma sembra una città fantasma. Non sarà certo il caso di Facebook, infinitamente più semplice, utile e sensato ma anche il social network non sembra esplodere di vitalità. Una volta iscritto, sei dentro per sempre, la tua pagina rimarrà come una lapide funeraria anche post mortem. Cancellarsi è difficile (più semplice essere cancellato, spesso per motivi imperscrutabili): quante pagine sono in realtà inattive? Quante volte avete sentito dire a qualcuno che Facebook è una noia interrotta da messaggi di antichi scocciatori ora riapparsi come per magia digitale?
Poi, come raccontava la Repubblica qualche giorno fa, ci sono anche gli «antisociali» organizzati. Aziende o singoli che installano nel computer programmi al fine di escludere dalla navigazione qualsiasi sito abbia a che vedere con i social network. Pazzia? Tutt’altro. Le aziende li installano per evitare perdite di tempo prezioso. In qualche caso, il software antisociale è «prescritto» per interrompere la dipendenza da Facebook e affini. In molti altri è una questione di privacy: c’è chi preferisce tutelare i propri dati. Per vari motivi. Per esempio, chi seleziona il personale ormai butta un’occhiata alle pagine personali, e può trovare foto o commenti sgraditi.

Anche da un punto di vista «ideologico», i frondisti sono in crescita. A luglio, dicevamo, Facebook tagliava un traguardo numerico eccezionale. In agosto, il servizio di copertina di Wired, bibbia degli internauti, era dedicato alla «morte del web». Gli assassini? I motori di ricerca (tradotto: Google) e i social network (tradotto: Facebook) che monopolizzano il mercato e abituano il navigatore a una esperienza ipersemplificata del web. Nemico numero uno: Steve Jobs, creatore di un sistema chiuso in cui Apple controlla i contenuti e la tecnologia per fruirli (iTunes, iPhone, iPad).
Più «filosofica» l’opposizione di Jaron Lanier, rispettato pioniere di internet e della realtà virtuale (l’espressione è stata coniata da lui). Secondo Lanier Facebook è «un software antiumano» perché banalizza l’idea di amicizia e ci chiede di descriverci con tre o quattro parole. In altre parole, ci chiede di interagire con la macchina come fosse una persona. Il che implica che il nostro cervello potrebbe essere considerato niente più di un programma. Le nuove generazioni crescono così «con un’idea riduttiva di ciò che è una persona». Date tempo al tempo: quelle quattro parole diventeranno la nostra vera identità. A meno che non organizziamo una bella evasione da Facebook. Magari nel 2011.

Fonte: www.ilgiornale.it

E-commerce: storia positiva del 2010

MILANO – Sarà che la gente alla fine ha preso confidenza con gli acquisti online, sarà che la politica di marketing dei siti di e-commerce è stata piuttosto aggressiva, sarà che sul web la scelta è più ampia e gli sconti più generosi: fatto sta che gli americani nel periodo dal 31 ottobre al 24 dicembre 2010 hanno speso 36,4 miliardi di dollari in cyber acquisti, regalando agli acquisti a colpi di click una crescita del 15,4 per cento rispetto al medesimo intervallo temporale del 2009. I dati provengono dal rapporto SpendingPulse, divisione di MasterCard Advisors che traccia le vendite di 72 mila rivenditori online, e si incrociano con quelli dei negozi calce e mattoni, che hanno beneficiato anch’essi di un Natale abbastanza dispendioso per gli americani (a dispetto dei tempi ancora duri).

TEMPI DI CRISI – Il commercio elettronica dimostra insomma di essere più florido oggi che in tempi economici ben più tranquilli, complici l’abbattimento della diffidenza e una leggera ripresa generale. Ma forse proprio l’austerità che continua a scandire il clima economico ha spinto molta gente insospettabile ad avvicinarsi ai negozi virtuali, preferendoli a quelli brick-and-mortar (calce e mattone), evidentemente meno sensibili alle promozioni. «Il commercio virtuale rappresenta oggi una quota ben più significativa delle vendite al dettaglio rispetto ad alcuni anni fa» – ha dichiarato il vicedirettore generale per la ricerca di SpendingPulse, Michael McNamara, notando che in sei delle sette settimane natalizie la crescita è stata a doppia cifra e definendo la stagione appena trascorsa«una delle storie positive del 2010».

VESTITI – A stupire ancor più è l’abbigliamento che, con il suo incremento del 25,7 per cento rispetto al 2009, costituisce ormai una quota del 18,8 per cento del totale delle vendite online. A dispetto delle profezie nefaste dei molti che pensavano che, soprattutto nella scelta dei vestiti, fosse fondamentale l’esperienza di acquisto «fisica», con la possibilità di toccare un tessuto, indossare un modello e verificarne la qualità. A seguire i settori più corteggiati su internet si sono dimostrati i gioielli e l’elettronica (con un incremento rispettivamente del 4,5 per cento e del 12,2 per cento).

SEGNALI – Del resto le cifre relative al Giorno del Ringraziamento americano lasciavano già presagire un successo senza precedenti. Il lunedì successivo al Thanksgiving Day infatti il bilancio dei soldi spesi online è stato di 999.3 milioni di dollari, con un aumento del 25,3 per cento paragonato all’anno scorso.

Fonte: www.corriere.it

Dieci anni di invenzioni, la Tecnoclassifica

Dallo smarphone ai led, le 11 invenzioni che hanno cambiato il mondo

Smartphone, social network e telefonate via internet: ecco chi è salito sul podio della classifica delle 11 tecnologie più “cool”, eccezionali, di questa decade che si appresta a finire. La vittoria, meritatissima, è loro assegnata per l’impatto che hanno avuto sulla società e per la loro utilità. E’ la classifica stilata dal magazine di tecnologia IEEE Spectrum Magazine, il giornale della associazione IEEE – Institute of Electrical and Electronic Engineers..

SMARTPHONE Letteralmente i ‘telefoni furbi’, si sono aggiudicati il primo posto per la loro utilità e per il loro successo indiscusso: gli smartphone, infatti, sono amati da tutti perché racchiudono nel telefono una serie di funzioni, dall’ascolto di musica a internet, dalla macchina fotografica alle email.

SOCIAL NETWORK da Facebook a MySpace, passando per Twitter, da quando sono nati i social network hanno conquistato tutti tanto che ormai è quasi un ‘must’ relazionarsi con la propria cerchia di amici tramite uno di loro; non a caso finora hanno ‘accolto’ come membri un quinto della popolazione mondiale..

TELEFONO VIA INTERNET ‘Voice over IP’ (Voce tramite protocollo Internet), abbreviato VoIP, è una tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione internet e un microfono. Ciò consente di abbattere le distanze con telefonante intercontinentali che costano quanto un’urbana.

LED Le lucine sparse per casa, su PC, TV e altri elettrodomestici; LED sta per Light Emitting Diode (diodo ad emissione luminosa) ed è usata sia come spia di funzionamento del congegno, sia per far funzionare telecomandi, semafori e anche gli stop delle auto, solo per fare qualche esempio.

COMPUTER SEMPRE PIU’ POTENTI grazie a microprocessori (il cervello del PC) multipli, le cosiddette ‘Multicore CPU’ che hanno tanti piccoli cervelli raggruppati in un unico chip.

CLOUD COMPUTING Una ‘nuvola’ di applicazioni posta nella rete e utilizzabile da un comune pc senza doverla installare su di esso. E’ questo il futuro dell’ informatica, anche i tuoi dati, immagazinati sul web, sono utilizzabili da qualunque pc accedendovi tramite internet.. AEREI SENZA PILOTI Noti come ‘droni’, sono ‘robot alati’ usati a scopo militare che si prevede verranno impiegati anche nell’ aeronautica civile. ROVER Robot esploratori lanciati su altri pianeti a scopo di ricerca.

TRASMISSIONE FLESSIBILE DI CORRENTE. Gli ingegneri hanno sviluppato modi sofisticati di trasmettere la corrente alternata in modo potente ma stabile: è il sistema flessibile di trasmissione di corrente alternata (FACTS).

FOTOGRAFIA DIGITALE Non solo ha reso la fotografia immediatamente gratificante, perché vedi subito il prodotto del tuo scatto, ma soprattutto ha reso l’immagine (e il video, la registrazione di ogni evento) molto più invasiva nella nostra quotidianità.

SISTEMI AUDIO DI CLASSE D Tecnologia efficiente per ascoltare musica ad alta fedeltà: rappresenta il più grande miglioramento nella riproduzione audio da moltissimo tempo.

Fonte: www.ansa.it

AGCOM, arriva il nuovo decreto contro la pirateria informatica

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha approvato il nuovo regolamento anti-pirateria digitale, che dopo 60 giorni di consultazione pubblica potrebbe diventare legge. L’obiettivo del decreto è quello di tutelare il diritto d’autore nel mondo del web. L’impresa non è sicuramente facile, riuscirà il decreto a raggiungere il suo obiettivo?

Stando alle parole del presidente AGCOM, Corrado Calabrò, il decreto cerca di bilanciare il diritto alla privacy dei cittadini con la libertà di accesso al web e la salvaguardia del copyright.

I punti cardine del provvedimento sono fondamentalmente quattro. Di fatto il garante diventa unico supervisore e si impegna a far rispettare le nuove metodiche. Il detentore dei diritti di copyright può richiedere la rimozione di contenuti dai siti e nel caso non avvenga entro 48 ore far intervenire direttamente l’AGCOM. Il passo successivo fa scattare un confronto tra le parti e “qualora risulti l’illegittima pubblicazione di contenuti protetti da copyright” la rimozione diventa forzata.

Per quanto riguarda invece i siti situati all’estero vi sono due possibilità: da una parte la creazione di una black-list per i provider, dall’altra in casi estremi l’inibizione di indirizzi IP.

“La  proposta di AGCOM per contrastare la pirateria online costituisce una seria ed efficace risposta alla necessità di tutelare i contenuti digitali in rete in una fase nella quale il decollo dell’offerta legale è ancora aggredito dalla contraffazione”, ha commentato il presidente della Federazione dell’industria musicale italiana Enzo Mazza. “[…] l’iniziativa di blocco dei siti, già dimostratasi molto efficace nel caso del stop di Pirate bay in Italia, costituisce un chiaro messaggio nei confronti degli operatori illegali per i quali non deve esserci alcun spazio nelle reti digitali del futuro”.

Risulta comunque interessante anche analizzare la parte del decreto che riguarderà i singoli utenti e la loro esperienza di navigazione online. Sempre Corrado Calabrò afferma:

“Non si prevede alcuna forma di controllo sugli utenti o di censura del web, come qualcuno temeva, ma, ispirandoci soprattutto all’esperienza Usa, l’Italia si colloca tra gli esempi più moderni e avanzati, facendo proprio l’approccio che considera il mercato unico digitale come la “quinta libertà” il cui sviluppo va considerato prioritario”.

In sostanza non verrà punito chi viene sorpreso a scaricare un film o una canzone, ma sarà perseguito a termini di legge il sito che favorisce il download illegale dei prodotti coperti da diritto d’autore.

Sembra una proposta interessante e con tanti punti di forza, ma credo che, per bloccare realmente il mercato dei download illegali, la legge dovrebbe intervenire anche a livello dei singoli utenti. In questo modo, infatti, i singoli si sentiranno tranquillamente autorizzati a scaricare qualsiasi cosa, certi di non poter essere perseguiti dalla legge anche se si trovavano in possesso di materiale chiaramente protetto da diritto d’autore.

Personalmente sono d’accordo solo in parte con questo decreto. Ha grosse potenzialità, ma andrebbe corretto sotto certi aspetti.

Voi che ne dite?

Fonte: www.yourlifeupdated.com

I migliori videogames del 2010

Lo scorso weekend si è tenuta l’annuale cerimonia dei VideoGames Awards per premiare i titoli migliori dell’anno 2010: un evento importanti per tutti gli appassionati che offre loro una linea guida per scegliere quale tra i tanti titoli usciti nell’anno sia più consono alle aspettative individuali.

Il campione in assoluto del 2010 è stato Red Dead Redempion, il roaming game basato su ambientazione western (ne abbiamo parlato diffusamente qui), che si è aggiudicato 3 premi: gioco dell’anno, miglior DLC (downloadable content) e miglior colonna sonora.

Di poco distaccato è stato God Of War III (ne abbiamo parlato qui) che ha vinto l’oscar per la miglior grafica e come il miglior titolo da consolle portatile.

In ambiente Xbox 360 la palma del migliore è andata al famoso Mass Effect 2 che è stato scelto come miglior gioco per la consolle di Microsoft mentre Bioware che lo ha sviluppato è stata scelta come la miglior software house dell’anno.

Nella categoria sparatutto il premio è andato a Call of Duty Black Ops mentre ad Assassin’s Creed: Brotherhood (maggiori info qui) è andata la palma del miglior action-adventure.

Riguardo alle altre piattaforme, su PC il migliore dell’anno è risultato essere Starcraft II mentre su Nintendo Wii Mario Galaxy.
Per la categoria multi-player stravince Halo-Reach ma è nella categoria sportiva che troviamo la prima ed unica sorpresa dei VGA, infatti il premio come miglior simulazione sportiva è andato a NBA 2011 che ha scalzato Fifa 11 e PES 2011; nella categoria guida ha stravinto Need For Speed: Hot Pursuit.

Spero vi siate fatti un’idea qualora decideste di regalare o regalarvi un videogames per Natale.

Flickr e Youtube i social più apprezzati

Sono Youtube e Flickr i social network più apprezzati del 2010 secondo la classifica stilata dall’agenzia di marketing Zeta Interactive e riportata da Mashable. La classifica “The Zeta 2010 Buzz Awards” nasce come giudizio medio tra la popolarità di un social network ed il tono dei giudizi che accompagnamo il sito nei commenti della rete (buzz, ronzio).
Youtube esce molto bene da questa valutazione sia grazie alla sua vasta popolarità, terza in assoluto dopo quella di Facebook e Twitter, sia per un riscontro positivo del 91% nei giudizi. In questo campo è però Flickr ha ottenere la miglior valutazione con giudizi positivi nel 98% dei casi.
Sul terzo gradino del podio si colloca Twitter, mentre al sesto posto si posiziona Facebook. Da segnalare anche il decimo posto di Google Buzz.

Fonte: www.azpoint.net

Internet: gli italiani e lo shopping online? Trendsetter e spendaccioni

Oggi l’e-commerce puo’ essere considerato il primo mercato digitale in Italia. Dal 2001 al 2008 il suo valore e’ cresciuto con tassi a due cifre, seguito da una lieve frenata nel 2009 e da una sostanziale ripresa nel 2010, durante il quale ci si aspetta una crescita del 15% con un aumento del numero d’ordini effettuati e del valore medio dello scontrino. Questo e’ stato sicuramente supportato dalla crescita dei siti di vendite-evento online e dalle loro esclusive offerte proposte ogni giorno. Tra questi, vente-privee.com, pioniere e leader mondiale nel settore delle vendite-evento online con un fatturato previsto nel 2010 di 700 milioni di euro, piu’ di 11,5 milioni di membri in Europa e 7.200 nuove iscrizioni al giorno. Presente in Italia dal 2008, oggi conta piu’ di 560 mila iscritti, di cui 98 mila clienti e una media di 870 nuovi iscritti al giorno.Il successo di questo innovativo business model francese e’ riconosciuto a livello internazionale. Infatti, negli ultimi anni sono nati in tutto il mondo piu’ di 200 siti che si ispirano a vente-privee.com, i quali hanno favorito lo sviluppo di una nuova esperienza di shopping online. Ma chi si nasconde dietro questo fenomeno? Chi preferisce utilizzare internet per gli acquisti piuttosto che aggirarsi tra le strade metropolitane e le vie della moda? Per rispondere a queste domande venteprivee.com ha effettuato uno studio sui suoi membri, presentando un profilo tipo e definendone caratteristiche e peculiarita’.

La ricerca svolta sui clienti europei ha rilevato che, ad apprezzare e approfittare di questo innovativo sistema di fare shopping sono soprattutto le donne (68% rispetto a 32% di uomini), con eta’ media intorno ai 35 anni, lavoratrici e residenti in grandi centri urbani, sposate o conviventi. Si tratta di persone che amano fare shopping e che solitamente si connettono da casa, quando sono piu’ rilassati e hanno il tempo di dedicarsi alle vendite in corso e selezionare gli acquisti migliori.

Fonte: www.adnkronos.com

Istat, le aziende fanno largo uso di computer e internet

La diffusione delle tecnologie informatiche di base nelle imprese con almeno 10 addetti del settore industriale e dei servizi è ormai ampiamente consolidata.
A gennaio 2010 il 95,1% delle imprese ha dichiarato di utilizzare il computer e il 93,7% dispone di una connessione ad internet. L’impiego del computer coinvolge 4 addetti alle imprese su 10.
L’utilizzo di internet avviene tramite connessioni fisse in banda larga per l’83,1% delle imprese.
L’84% delle imprese si collega a internet tramite connessioni veloci fisse o mobili: queste ultime sono utilizzate dal 18,6% delle imprese.
La connessione mobile è caratterizzata da una maggiore presenza di connessioni veloci con tecnologia almeno di terza generazione (UMTS, CDMA2000, HSDPA) rispetto a quelle mobili non in banda larga (rispettivamente 18,6% e 11,6%).
Le tecnologie di collegamento a internet in banda larga sono presenti soprattutto tra le imprese con almeno 50 addetti (oltre il 92,9% adotta la connessione fissa a banda larga e l’86,7% quella DSL).
La connessione mobile interessa complessivamente circa il 23% delle imprese ed è fortemente influenzata sia dalla dimensione aziendale (la percentuale di utilizzo passa dal 19,9% delle imprese con meno di 50 addetti al 71,1% di quelle con oltre 249), sia dall’attività economica, come emerge dal confronto tra le telecomunicazioni (41,7%) e i servizi di ristorazione (8,6%).
Sempre a gennaio 2010 il 24,4% delle imprese utilizza la rete intranet ed il 17,3% reti extranet.
La connessione ad internet è largamente presente su tutto il territorio nazionale, con differenze contenute tra il 95% del Nord-ovest e il 91,4% del Mezzogiorno.
I sistemi operativi open source sono stati utilizzati dal 15,9% delle imprese, la firma digitale dal 23,6%.
L’86,6% delle imprese usufruisce della rete per accedere a servizi bancari o finanziari on-line, il 65,5% per acquisire informazioni sui mercati, il 55,3% per ottenere servizi e informazioni in formato digitale, il 50,9% per acquisire servizi post-vendita e, infine, il 22,6% per proporre progetti di formazione e istruzione online del personale.
Nel 2009 8 imprese su 10 hanno fatto ricorso a servizi offerti online dalla Pubblica Amministrazione.
Poco più di una impresa su tre effettua acquisti online ed il 5% è impegnato nelle vendite online.
A gennaio 2010 la presenza di un sito web coinvolge sei imprese su dieci, raggiungendo livelli del 69,8% nelle imprese dell’industria (senza le costruzioni) e l’80,7% in quelle del settore ICT.
Nel settore dei servizi non finanziari di particolare rilievo appare la presenza del sito web nelle imprese operanti nel settore dei servizi di alloggio e in quello delle agenzie di viaggio (rispettivamente 96,8% e 92,4%).
L’utilizzo delle reti intranet ha coinvolto il 21,3% delle piccole imprese, con quote crescenti all’aumentare della dimensione aziendale, fino a raggiungere il 74,4% nelle grandi unità.
Analogamente, l’utilizzo di reti extranet ha interessato il 15,1% delle piccole imprese e il 54,6% di quelle più grandi.
I sistemi operativi open source sono stati utilizzati dal 13,9% delle piccole e dal 49,3% delle grandi imprese, mentre la firma digitale, rispettivamente, dal 21,7 e dal 50%.
Il 29,4% delle imprese ha dichiarato di disporre di una politica di sicurezza ICT formalmente definita e con un programma di revisione regolare. Questa attività mostra un’elevata variabilità settoriale e dimensionale: le maggiori incidenze si rilevano nelle telecomunicazioni (89,4% delle imprese) e nelle grandi aziende (77,6%).
Tra i rischi rilevati e trattati nell’ambito della politica di sicurezza vi sono quelli legati alla distruzione e corruzione di dati a causa di un attacco o di un incidente inaspettato vengono considerati dalla maggior parte delle imprese (88,2%).
Seguono i rischi dovuti alla divulgazione di informazioni riservate a seguito di intrusioni, di attacchi come pharming, phishing o a seguito di un incidente (75,8%) e quelli di indisponibilità dei servizi ICT a seguito di un attacco derivante dall’esterno (56,7%).
In tutte le attività economiche considerate si rileva una netta prevalenza di incidenti avvenuti nel 2009 legati alla indisponibilità di servizi informatici o alla perdita o corruzione dei dati dovuti a guasti di hardware o software (16,3%), contro il 3,1% di incidenti legati a indisponibilità o distruzione dati per attacchi esterni, virus dolosi, accessi non autorizzati.
Meno dell’1% delle imprese indica di aver subito incidenti relativi alla sicurezza che hanno comportato la divulgazione di dati riservati a seguito di intrusioni o attacchi come pharming e phishing (0,8%) o di cause legate ai comportamenti dei propri dipendenti (0,6%).
Per sensibilizzare il proprio personale relativamente agli obblighi in materia di sicurezza informatica, sette imprese su dieci hanno dichiarato di utilizzare metodi quali la formazione obbligatoria, norme contrattuali legate al fenomeno, azioni di informazione diffusa (ad es. via Intranet, newsletter o documenti cartacei). Tra le procedure interne di sicurezza adottate dalle imprese, la più diffusa risulta l’autenticazione tramite l’utilizzo di password di tipo ‘forte’ (64%), seguita dal backup dei dati all’esterno (41,8%), la registrazione informatica delle attività per l’analisi degli incidenti relativi alla sicurezza (logging), l’autenticazione mediante componenti hardware (ad esempio, smart card) seguito a maggiore distanza dai metodi biometrici (rispettivamente 12,3 e 1,6%).
Analogamente, la diffusione di queste procedure risulta più intensa tra le imprese con almeno 250 addetti rispetto alle altre, con particolare riferimento alle procedure più sofisticate quali password forte e logging (rispettivamente 90,1 e 64,0% contro il 61,9 e il 15,2 delle imprese più piccole).
A gennaio 2010 il 63,2% delle imprese con almeno 10 addetti scambia elettronicamente informazioni con altre imprese in un formato che ne consente il trattamento automatico. Il 21,8% delle imprese condivide per via elettronica informazioni con clienti e fornitori sulla gestione della filiera produttiva.
La tipologia di informazioni maggiormente scambiata risulta quella legata alla ricezione di fatture elettroniche (54,4%), con elevate differenziazioni settoriali.
Le imprese attive nelle attività editoriali, immobiliari o negli altri servizi alle imprese (noleggio, ricerca, vigilanza e altri servizi delle divisioni).
A gennaio 2010 il 40,8% delle imprese con almeno 10 addetti condivide automaticamente per via elettronica, al proprio interno, le informazioni relative agli ordini di vendita ricevuti in qualsiasi forma e il 33,9% quelle relative agli ordini di acquisto trasmessi.
La maggior parte delle imprese mette in comune queste informazioni con la funzione aziendale connessa alla contabilità, seguono la funzione della produzione e di gestione dei livelli delle scorte e, nel caso delle vendite, quella della distribuzione.
Circa 3 imprese su 10 hanno dichiarato di adottare applicazioni software ERP (Enterprise Resource Planning) per la condivisione di informazioni con altre aree funzionali interne (quali contabilità, progettazione, produzione, marketing), ma si registrano anche diversificazioni legate sia all’attività economica, come nel caso delle telecomunicazioni (53,8%) e delle imprese nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (46,6%), sia alla dimensione aziendale (si passa dal 18,4% delle imprese con 10-49 addetti al 67,9% di quelle con oltre 249 addetti).
Il 23,4% delle imprese utilizza applicazioni di gestione del front office con riferimento alla raccolta, condivisione e analisi delle informazioni ottenute sulla clientela (CRM, Customer Relationship Management). Livelli di utilizzo maggiore si registrano per le imprese del settore ICT (41,4%) e delle attività editoriali (49,3%).

Fonte: www.bitcity.it

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