Da Google in Cina a Wikileaks, quest’anno la Rete ci ha riservato sorprese rivoluzionarie e si è rivelata capace di superare anche le censure
Il caso Google-Cina, l’affare Blackberry, i nuovi media che si affacciano all’orizzonte, i Paesi autoritari che annaspano vedendo svanire la loro capacità di fermare la valanga della Rete. Il 2010 è stato anche l’anno di Internet.
Per la prima volta nella storia, a difesa di Google minacciato in Cina, è scesa in campo l’amministrazione americana. Hacker cinesi avevano preso di mira le caselle di posta Gmail di alcuni dissidenti, un attacco che – si è poi scoperto leggendo i cablogrammi di Wikileaks – fu lanciato direttamente da Pechino. «In un mondo interconnesso, un attacco alla rete di una nazione è un attacco contro tutti noi», dichiarò il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, promettendo «serie conseguenze» per chi lancia attacchi informatici e «minaccia la libertà di espressione sul web».
Nel frattempo, a migliaia di chilometri di distanza, alcuni Paesi del Golfo, e non solo, tentavano di mettere sotto controllo la rete Blackberry. Anche in quel caso, a impensierire Arabia Saudita, Emirati Arabi, Libano, India e Indonesia era l’impossibilità di controllare i messaggi scambiati attraverso gli smartphone poichè transitano su server blindati in Canada. In alcuni casi, come in India, si è raggiunto un accordo secondo il quale le autorità giudiziarie, previa richiesta formale e in nome della sicurezza nazionale, possono accedere ai dati dei server installati ad hoc nei singoli Paesi.
Un capitolo a parte va dedicato all’Iran: le autorità della Repubblica islamica hanno fallito nel tentativo di censurare la rete. Esempio concreto è stata la “rivoluzione verde” del giugno del 2009, quando milioni di giovani scesero nelle strade per protestare contro la controversa rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. Quella rivoluzione è stata un’enorme vittoria anche per la Rete: il servizio di microblogging Twitter è diventato un ottimo strumento per comunicare, un sistema contro il quale la censura non ha potuto nulla, poichè per diffondere una notizia, un grido di aiuto, non serve, in quel caso, neppure una connessione Internet, ma è sufficiente un semplice sms.
L’anno si chiude con il caso Wikileaks. Indipendentemente dai contenuti rivelati attraverso la diffusione di cablogrammi e documenti riservati, è cruciale pensare al mezzo che è stato utilizzato: la Rete. Una rete sociale che fa parte di un nuovo sistema di comunicare e fare informazione, il cosiddetto web 3.0, attraverso strumenti che consentono una condivisione di notizie, in tutti i formati e in tempo reale. È sempre più difficile censurare la Rete, se non tentando di stringere i rubinetti della banda larga.
Ma anche in Cina, uno dei Paesi in cui il governo tenta di controllare ogni segnale sull’etere, si stanno aprendo grosse falle: gli internauti aumentano, cresce la fame di informazione e migliorano le tecnologie per aggirare i blocchi. Non è un caso se dopo la dura battaglia tra Google e il Dragone, si sia riusciti a raggiungere un accordo e a evitare che il colosso di Mountain View abbandonasse il Paese (una minaccia cui nessuno aveva creduto fino in fondo, se si pensa a un mercato da 384 milioni di internauti). Prima di raggiungere l’accordo, Google dimostrò a Pechino con un semplice “switch” (un dirottamento sui server a Hong Kong) di riuscire a rendere accessibili agli utenti in pochi secondi contenuti sensibili, come la strage di Piazza Tienanmen.
A poche settimane dalla fine del 2010, arriva poi l’elezione di Mark Zuckerberg a persona dell’anno della rivista Times. E la Rete ci consegna una foto: il fondatore di Facebook, felpa e jeans, passeggia in un enorme palazzo di Pechino accanto all’amministratore delegato di Baidu, il più grande motore di ricerca della Grande Muraglia. Forse nel 2011 ci saranno altre sorprese.
Fonte: www.lastampa.it