Mentre i primi dati sul «Cyber Monday» – seguito all’apertura post-Thanksgiving della stagione dello shopping – evidenziano un forte balzo degli acquisti via Internet, la soluzione di una delicata controversia giudiziaria appare destinata – con qualche rischio – a rimuovere un potenziale ostacolo all’ulteriore esplosione di massa del commercio online. Chi gestisce un mercato in Rete non va considerato automaticamente responsabile se attraverso il suo sito vengono vendute merci contraffatte: la Corte Suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di prendere in considerazione il ricorso di Tiffany contro eBay, ponendo fine a una causa iniziata nel lontano 2004.Vengono così confermate le decisioni prese da autorità giudiziarie inferiori, che avevano ritenuto sufficienti le procedure messe in atto dalla casa d’aste online a protezione dei marchi dei produttori. Nell’economia contemporanea sempre più condizionata dalla Rete, la casa di gioielleria chiedeva una tutela superiore, realizzabile solo attraverso un riconoscimento della responsabilità “oggettiva” delle società Internet che ospitano servizi offerti da altri.

Tiffany non è certo l’unica azienda a lamentarsi che su eBay si trovi merce contraffatta che porta il suo marchio: non a caso, due anni fa eBay era stata condannata da un tribunale francese a pagare l’equivalente di oltre 60 milioni di dollari al colosso del lusso Lvmh per la vendita di falsi. In quell’occasione non era valso l’argomento della società internet, secondo cui già viene attuato un ampio piano di difesa contro le truffe, con l’investimento di 20 milioni di dollari l’anno per rimuovere dal sito i prodotti contraffatti e per consentire ai titolari dei marchi di evidenziare eventuali problemi.

Così il rigetto aprioristico del ricorso di Tiffany da parte della Corte Suprema diventa una vittoria non solo per eBay, ma anche per Google e altre società online: non può essere loro imputato il comportamento fraudolento di chi utilizza i loro servizi per raggiungere l’utente finale. Al contrario, nel suo ricorso Tiffany aveva sottolineato che eBay e società simili hanno «un forte incentivo a minimizzare le merci contraffatte vendute sui loro websites» e sanno fin troppo bene di agevolare la commercializzazione di una «quantità sostanziale» di prodotti falsi, traendone profitto con le commissioni. Non è però un messaggio di lassismo che arriva dagli Usa in coincidenza con un Cyber Monday in cui molte società online hanno annunciato transazioni record, per un totale di vendite stimato in crescita del 19,4% rispetto a un anno fa (e del 31% rispetto al Black Friday di poco precedente).

Fonte: www.ilsole24ore.com