Comma3 - Strumenti e soluzioni per comunicare con internet

Categoria: Web e dintorni Pagina 19 di 28

I migliori siti ecommerce italiani 2011

Le aziende scommettono su web marketing e social media marketing. Quali sono quelle preferite dai consumatori italiani? E quali esibiscono la miglior pagina “social”? In crescita i numeri del commercio elettronico.

Dove fare shopping online? I negozi virtuali sono affidabili come quelli reali? Stando alla cura con cui alcune aziende trattano il web e, soprattutto, sulla base dei numeri in crescita dell’ecommerce, non c’è dubbio che, una dopo l’altra, sono state abbattute quasi tutte le barriere all’acquisto online. La conferma giunge dall’analisi del Terzo Osservatorio Italiano sull’e-Business effettuata da eBit Innovation e Demoskopea.
Sono state premiate 12 aziende, suddivise per categoria, sulla base delle preferenze dei consumatori per la capacità di creare una relazione sul web tra azienda e consumatore.

I siti sono: H&M (settore abbigliamento), Ikea (arredamento), Genertel (assicurativo), Intesa Sanpaolo (bancario), Coca Cola (beverage), Bottega Verde (cosmetica), Henkel (detergenza), Mediaworld (distribuzione elettronica di consumo), Nokia (elettronica di consumo), Dolce & Gabbana (fashion), Esselunga (grande distribuzione alimentare), Ducati (moto).

Interessanti anche i riconoscimenti per la miglior pagina “social”. I primi 3 classificati sono Nutella (Ferrero), Max Factor (Deborah Group) e Ikea. Crescono l’utilizzo del web marketing (71%), del social media marketing (58%) e dell’attività su mobile (35%). Spiega Fabrizio Angelini, amministratore delegato di Demoskopea: “L’Osservatorio conferma come il web sia sempre di più l’ambiente in cui il consumatore matura la decisione di acquisto e l’importanza crescente degli strumenti di condivisione e socializzazione dell’informazione nel processo di scelta del prodotto o servizio”.

Fonte: http://www.webmasterpoint.org

Il web cambia la pubblicità e anche la tv diventa “smart”

Il Politecnico di Milano fa una fotografia dettagliata dei media italiani. Ecco come stanno cambiando tv, giornali e periodici al tempo di Facebook e dell’iPad. Il boom italiano dei “social media”

C’è chi ride e c’è chi piange. Ma soprattutto, c’è chi non sa se fare la prima o la seconda cosa. La fotografia scattata dal Politecnico di Milano ai media italiani è piena di promossi, bocciati e tanti rimandati che in futuro potrebbero però diventare la punta di diamante dell’intera classe. Rispetto all’anno precedente, periodo nero per i bilanci, nel 2010 torna il segno positivo e oltre allo strapotere della televisione in termini di introiti pubblicitari, anche il Web comincia a farsi sentire. Generando utili tali che, in prospettiva, potrebbero forse avere un ruolo non marginale. Infine i nuovi modelli di business tutti ancora da verificare, da Facebook alle “smart tv”, al mondo delle applicazioni, che per ora valgono pochi spiccioli ma sui quali in tanti stanno scommettendo..
Nel 2010 il mercato complessivo dei media, considerando sia la pubblicità sia i ricavi provenienti dai servizi a pagamento, cresce di circa tre punti percentuali (3,3%). Non è cosa da poco, se si tiene presente il crollo del 2009, pari a -10%. Stiamo parlando grosso modo di 17 miliardi di euro generati dalla tv (+5%), stampa (-4), radio (+12%), Internet (+13%), piattaforme mobili che includono ovviamente smartphone vari, iPad e concorrenti (+15%).  I pesi però, inutile dirlo, sono differenti. Il settore
televisivo vale da solo il il 55%, quello della carta stampata il 34, segue poi il Web con appena il 6,5%, le radio con il 3 e la telefonia mobile con il 1,5%. “A ben guardare il mondo dei media in Italia ha ancora oggi una struttura antica”, sintetizza Andrea Rangone, che ha coordinato la ricerca del Politecnico. “E’ uno dei pochi settori che negli ultimi 20 anni è cambiato pochissimo. Ora però all’orizzonte si stanno affacciando dei mutamenti profondi che riguardano tutti senza distinzioni”.

La tv e le sue trasformazioni
Continua a dominare, anche se è in via di cambiamento. Il passaggio al digitale terrestre a fine anno ha riguardato il 64% della popolazione italiana. I soliti noti, Mediaset e Rai in primis, hanno occupato le frequenze digitali aumentando, o forse dovremmo dire duplicando, il numero di canali da 53 a 92. Cresce anche l’offerta di Sky sul satellitare che ha aggiunto 24 canali in più rispetto al 2009, siamo attualmente a 334, puntando sull’alta definizione. Ad oggi sono ben 36 canali in hd sul satellite contro i 7 che può vantare, per limiti di banda, il digitale terrestre. Buon per noi consumatori, che da questa competizione combattuta non solo sul fronte dell’offerta ma anche su quella dei prezzi degli abbonamenti e pay-per-view, abbiamo guadagnato. Tant’è che da una parte l’arricchimento dell’offerta contribuisce alla crescita della pubblicità sui canali digitali terresti e satellitari, siamo a un più più 26% (530 milioni di euro, pari al 14% della raccolta pubblicitaria), dall’altra la competizione sul prezzo tra Mediaset Premium e Sky genera una riduzione complessiva dei ricavi dei servizi a pagamento di quasi dieci punti percentuali.

Anche il piccolo schermo diventa “smart”
Il Politecnico di Milano le chiama “connected tv”, altri preferiscono il termine di “smart tv”, preso in prestito da quello dei cellulari alla iPhone (smartphone), visto che son due tipologie di apparecchi che cominciano a condividere diversi aspetti. Si tratta di televisioni e decoder che, potendosi collegare al Web, consentono di fruire contenuti multimediali provenienti a quel mondo. E’ un fenomeno nuovo, anzi forse il fenomeno tout court di questo 2011 per quel che riguarda il piccolo schermo. A fine 2010 erano circa 2.7 milioni le “connected tv” in Italia, ma solo una piccola parte, (meno del 10%) 180 mila, erano realmente collegate a Internet. Ora però si cominciano a vedere i primi modelli con wi-fi integrato e la nascita di negozi di applicazioni per televisori che dovrebbero rendere molto più immediata la fruizione via Rete dei tanti servizi che stanno nascendo. Non a caso sono fioriti anche i decoder esterni da collegare al televisore che fanno in pratica la stessa cosa. Da Apple Tv a TvBox di Tiscali, a Cubovision di Telecom Italia, a Hybrid BlobBox di Telesystem e in futuro a Google Tv. Secondo il Politecnico potrebbe diventare uno dei trend di maggiore interesse nei prossimi due o tre anni.

Il boom dei “social media” in Italia
“Sono quattro, a nostro avviso, i trend principali che hanno caratterizzato il mondo Internet nel 2010”, racconta Andrea Rangone. “Due all’insegna dell’evoluzione rispetto al 2009 e due completamente nuovi. I due trend di natura evolutiva sono la diffusione dei social network e la proliferazione dei contenuti video sui siti di informazione. Quelli nuovi invece sono la trasversalità del modello di business delle applicazioni, passa dai cellulari alle tv fino ai pc, e l’imporsi di una nuova tipologia di dispositivi come i’iPad”.

Partiamo dai social network o, come li chiama Rangone, dai “social media”. Sono oltre 21 milioni gli utenti registrati ad almeno un social network, pari ad oltre l’80% di tutti gli utenti Internet attivi italiani. Il ruolo dominante è svolto da Facebook che, a fine 2010, ha sfiorato i 18 milioni di utenti arrivando a coprire oltre il 90% dei giovani italiani tra 0 e 24 anni ed il 63% di quelli tra i 25 ed i 30 anni. Il tempo speso sui social media mensilmente dalle persone è di circa 7 ore, solo gli australiani da questo punto di vista ci superano. Ed è un settore che si sta spostando su piattaforma mobile: oltre 4 milioni gli Italiani accedono ai social network tramite smartphone.

“Sono due, a nostro avviso, i punti interrogativi che riguardano i social network”, puntualizza Andrea Rangone. “Il primo riguarda i ricavi, il secondo invece il ruolo svolto nei confronti degli altri media. Per quanto riguarda il primo punto, visto il modello essenzialmente basato sulla pubblicità, non si capisce bene la reale capacità di rendere interessante per gli investitori pubblicitari un ambiente dove i contenuti non sono controllabili (essendo user-generated).

Quell’universo parallelo chiamato Facebook
Un discorso a parte merita Facebook che va visto come un modo diverso di concepire Internet. Mondo complementare, se non alternativo, all’Internet marchiato Google. Il cuore è rappresentato infatti non più da un motore di ricerca, ma dalle relazioni sociali. “Proprio per questo Facebook sta diventando un ecosistema”, continua Rangone. “Ecosistema in cui trovano una loro collocazione tutti i mercati sviluppati negli ultimi 18 anni nel mondo Internet tradizionale: quello della pubblicità, dei contenuti digitali, dei giochi, dell’e-commerce e via discorrendo”. I ricavi quindi saranno diversificati e diversificabili, andando dagli introiti pubblicitari alla vendita di abbonamenti, di contenuti, di prodotti, servizi.

I social network stanno però modificando anche la fruizione stessa del Web, che in Italia a volte diventa sinonimo di Facebook. Dall’altro le discussioni e i confronti fra gli utenti su queste piattaforme contribuiscono a creare interesse per i temi proposti da altri media, come i siti di informazione, incrementandone l’utilizzo. “Difficile capire quale sia l’effetto preponderante di Facebook sui media tradizionali”, continua Rangone. “L’approccio di chi ha sviluppato progetti in questo ambito è stato al momento quello di “buttare il cuore al di là dell’ostacolo” credendo fortemente nel mezzo e nelle sue potenzialità, senza avere ancora la possibilità di misurare oggettivamente i risultati.

E Internet rischia di morire per mano degli app store
Il secondo fenomeno di natura evolutiva che ha caratterizzato il Web nel 2010 è la proliferazione dei Video che vengono utilizzati da qualsiasi editore presente online per arricchire la propria offerta. Gli utenti unici mensili che fruiscono in Italia di video online sono quasi 15 milioni, pari al 60% degli utenti Internet attivi. Nel 2010 si sono innescate anche due dinamiche completamente nuove: il lancio dell’iPad che “inventa” una nuova famiglia di terminali per l’accesso ai contenuti Internet, e la trasmigrazione dal mondo degli smartphone al mondo dei pc del concetto di Application Store. Questi due fenomeni, secondo il Politecnico di Milano, stanno portando ad un cambiamento del concetto stesso di Internet, che si allontana non poco da quello a cui siamo stati abituati fino ad oggi. Dando quindi ragione alle teorie di Chris Anderson, direttore di Wired, che quest’estate decreto la morte della Rete proprio per mano del crescente traffico legato ai negozi di applicazioni. Da noi gli editori hanno sviluppato 221 applicazioni diverse per smartphone e 126 per iPad legate a prodotti editoriali. Nel primo caso la parte del leone la fanno i periodici con il 44% delle applicazioni disponibili (ma sono solo il 4% dei periodici esistenti in edicola), seguiti dal 24% dei quotidiani (uno su due ha una sua applicazione), il 20% delle radio (presenti sugli app store nel 70% dei casi) e delle tv che sono ferme al 12% (8% delle emittenti italiane ha una sua app). A gennaio 2011, il 5% delle testate analizzate, quotidiani, periodici, canali tv e radio, ha un’applicazione appositamente dedicata su iPad. La maggior parte fa riferimento a testate cartacee visto che i tablet, stando al Politecnico, costituiscono una piattaforma particolarmente adatta all’esperienza di lettura di contenuti multimediali. In realtà nella maggior parte dei casi le applicazione prese in esame dalla ricerca si sono dimostrate una mera trasposizione su iPad della testata cartacea.

Il problema, sottolineano al Politecnico, è che i ricavi da questo mondo sono ancora ridicoli. “Bisogna però fare attenzione”, spiegano. “La forza degli app store non sta tanto nei numeri attuali, ma nel cambiare paradigma. Si passa da un mondo dove tutto è gratuito come quello del Web, a un mondo dove le persone sono molto più disposte a pagare per i contenuti. E questa è davvero una mezza rivoluzione.

Il dramma dei periodici sul Web
L’Osservatorio ha svolto una specifica ricerca sull’editoria periodica. E a sorpresa vin fuori che solo il 52% delle testate periodiche ha una presenza sulla Rete con un sito proprio o condiviso con più testate. Di queste il 63% è percepito come di basso valore dall’utente e, spesso, senza alcun reale modello di business. Dato sorprendente visto il calo degli introiti pubblicitari sulla carta stampata che dovrebbe spingere gli editori ad essere più dinamici su Internet. “Anche perché”, racconta Andrea Rangone, “attraverso la presenza online è possibile colmare il vuoto che intercorre fra l’uscita in edicola di un numero e la successiva, ed è possibile intercettare una nuova fascia di utenti differenziando i contenuti proposti rispetto all’edizione cartacea Infine, sul Web, è possibile gestire in modo più completo e strutturato il cliente che può essere conosciuto in modo molto più preciso”. Occorre però inventare un prodotto differente, adatto alla Rete, che attragga e stimoli gli utenti. E a quanto pare è proprio qui che cominciano i problemi. E questo ci porta all’ultima parte della ricerca, una serie di consigli da seguire in questi tempi digitali tanto burrascosi per gli editori.

I ricavi della stampa online
I ricavi generati dal mondo Internet pesano sul mercato media complessivo solo il 22%. Troppo poco per compensare la riduzione dei mezzi più tradizionali (stampa in particolare) e per consentire di ripagare adeguatamente gli investimenti di coloro che operano online (fatta eccezione per Google “piglia tutto”).  La soluzione? Secondo il Politecnico bisogna puntare sia su un incremento dei ricavi da pubblicità, sia sulla generazione di nuovi ricavi da servizi/contenuti pay.

Nel primo caso sfruttando i nuovi device come smartphone, tablet e mondo delle applicazioni, e lavorando contemporaneamente sulla creazione di un ecosistema che non sia vittima degli attuali metodi di calcolo della pubblicità sull’online. Si tratta in pratica di far comprendere il reale valore di questi nuovi canali di comunicazione agli investitori guardando oltre gli strumenti di misurazione oggi adottati. E questo significa passare attraverso lo sviluppo di competenze specifiche all’interno degli attori storici del mercato della pubblicità che oggi esistono in maniera marginale.

Le cinque regole per non annegare nella Grande Rete di domani
La ricerca del Politecnico di Milano sui media in Italia si chiude con cinque regole per riuscire a ritagliarsi uno spazio nel mercato di domani. Eccole di seguito.

Rifuggire dalla “one best way” e dall’effetto moda. Non esistono strade uguali per tutti e, soprattutto, non esistono strade più o meno di moda. Oggi basta sentire parlare qualunque analista, “esperto” o provider, e sembra che la soluzione a qualsiasi problema in ambito digitale sia rappresentata dall’iPad e dalle Applicazioni. Una strategia orientata solo a cavalcare questi nuovi paradigmi  –  per quanto rivoluzionari e rilevanti  –  non basta certo a creare le basi per un successo duraturo e rilevante nei mercati digitali.

Cercare la propria identità digitale dentro sé stessi. Ogni organizzazione deve guardarsi all’interno, comprendere il proprio dna in termini di risorse e competenze (testate, posizionamento, capacità di produzione di contenuti, base utenti e via discorrendo.) e, coerentemente, inventare una propria strategia digitale, senza seguire necessariamente la strada percorsa da altri. Il mondo digitale mette in crisi l’identità “tradizionale” degli editori, che non possono più fare riferimento ai modelli di business del passato, ma non l’insieme di risorse e competenze chiave sviluppate.

Fonti di ricavi nascoste. Sui mercati digitali non esistono esclusivamente i clienti/utenti del mondo analogico tradizionale, le “solite” value proposition, le “solite” fonti di ricavo (pubblicità o vendita di contenuti premium). Nel mondo digitale i mercati possono essere riconfigurati, i confini delle aree di business cambiati, le filiere ridefinite, le strategie reinventate. Esistono casi estremamente interessanti di aziende che sono riuscite ad inventarsi nuove forme di ricavo legata all’offerta di servizi innovativi, prima, neppure lontanamente immaginabili nel mondo analogico.

Puntare su una strategia multicanale. È sempre più evidente che il mondo digitale si sta articolando su una molteplicità di differenti piattaforme, in parte correlate, ma con una forte identità specifica: smartphone, tablet, pc, tv, applicazioni, web, carta. Occorre puntare su una strategia che sappia abbracciarle tutte, con elementi trasversali, ma anche peculiarità verticali. Ma multicanalità significa anche sapere sfruttare i canali digitali per portare valore al canale offline tradizionale. Non sono pochi gli esempi di imprese che sono riuscite a incrementare le copie vendute in edicola con una oculata strategia digitale.

Costruire un’organizzazione flessibile e fondata sulla sperimentazione. In un contesto completamente nuovo come quello digitale, essendo impossibile prevedere le evoluzioni e le azioni migliori, occorre puntare su un’organizzazione capace di sperimentare velocemente, di apprendere dalle esperienze  –  e anche dai fallimenti  –  per mettere a punto in modo tempestivo e flessibile nuove strategie e azioni.

“In sintesi”, conclude Rangone, “possiamo riassumere tutti i punti sopra riportati in un’unica espressione: occorre un passaggio culturale da media company a “media entrepreneur”. Passaggio che presuppone un cambiamento culturale non da poco in organizzazioni spesso grandi e complesse non molto abili nel sapersi adattare”.

Fonte: http://www.repubblica.it

Google contro la Cina su Gmail

Per Mountain View il governo di Pechino sta rallentando e bloccando il servizio di posta elettronica su web.

Nelle ultimo settimane utenti internet in Cina hanno riportato grosse difficoltà con Gmail segnalando su diversi microblog che il servizio di posta elettronica è lento o inaccessibile. Google afferma che la responsabilità è da imputare al governo di Pechino. “Sul nostro fronte non ci sono problemi tecnici. Abbiamo controllato in modo esteso”, dichiara un portavoce di Google. “Questo è un blocco governativo attentamente progettato per farlo sembrare un problema di Gmail”.

I recenti problemi di accesso non sono categorizzati come interruzioni significative da parte dei report di Google sul traffico, questo probabilmente perché sono intermittenti e men dettagliati.
Il bloc di Gmail coincide con i recenti sforzi cinesi di sopprimere qualsiasi citazione della cosiddetta “Jasmine Revolution” avviata come campagna online richiedente proteste contro il governo locale.

Gmail ha già registrato problemi in Cina in passato. A gennaio 2010 ad esempio Google aveva detto che un attacco originato dalla Cina aveva tentato di infiltrarsi e accedere ad account di posta di attivisti cinesi per i diritti umani.

Gli attuali problemi di accesso si aggiungono a una crescente lista di prodotti Google bloccati totalmente o parzialmente nel Paese. Ad esempio gli utenti  non possono più accedere a YouTube o Blogger e anche Google Maps sarà limitato se non verranno risolti questioni di licenze entro luglio.

Fonte: http://www.cwi.it

Smau Business sbarca a Roma il 30 e 31 marzo

Il circuito Smau Business Roadshow torna nella capitale il 30 e 31 marzo schierando oltre 90 fornitori di soluzioni ICT tra cui aziende del calibro di Adobe, Canon, Cisco, Dell, Fastweb, HP,IBM, Intel, Miscrosoft, Oracle, Sap e Zucchetti.
Le aziende presenteranno al padiglione 11 della Fiera di Roma le ultime novità tecnologiche tagliate su misura per le Piccole e Medie Imprese e le Pubbliche Amministrazioni del Centro Italia.
L’evento, realizzato in collaborazione con l’Unione degli Industriali e delle Imprese di Roma presenterà un’area espositiva che proporrà un’ampia offerta di soluzioni tecnologiche per il business e un calendario di oltre 40 appuntamenti formativi che, con il coinvolgimento delle Business School Italiane e di analisti di mercato, cavalcheranno gli ultimi trend tecnologici del momento in grado di aumentare la competitività delle imprese e ridurne i costi interni.
Ecco qualche anticipazione sul calendario degli eventi formativi: la School of Management del Politecnico di Milano, nell’ambito di quattro laboratori della durata di 90 minuti ciascuno, affronterà tematiche d’attualità nel mondo delle nuove tecnologie come la Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione dei Documenti, le più innovative soluzioni di Unified Communication e Collaboration, l’innovazione nell’ attività di Progettazione, e il Cloud Computing e fornirà utili strumenti per calcolare il benefici concreti derivanti dall’adozione di tali tecnologie in azienda.
SDA Bocconi School of Management, invece, punterà l’attenzione sul Project Management e la Business Intelligence attraverso sessioni formative che prevedono la partecipazione di un numero limitato di imprese, ognuna delle quali sarà protagonista di una sessione di assessment personalizzata.
Gartner realizzerà due workshop dedicati al pubblico allargato di manager e decisori aziendali dedicati alle dinamiche di mercato delle spese in tecnologie informatiche da parte delle aziende e alla comunicazione del valore delle tecnologie informatiche al business.

Fonte: http://www.impresacity.it

Sfida Facebook con un virus e poi Zuckerberg lo assume

ROMA – C’è una nuova generazione al lavoro. Si muove e vive nella Rete, la crea da dentro, la gestisce. E’ una generazione che sfugge alla comprensione della maggioranza, che segue proprie regole e inventa codici di accesso e di riconoscimento. Il suo linguaggio è stato tradotto per gli umani nel film di David Fincher, The Social Network, che ha raccontato la storia di Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Un genio, un hacker, l’uomo dell’anno, il miliardario più giovane del pianeta e, soprattutto, un visionario. Difficile contattarlo e captarne l’attenzione, per riuscirci bisogna passare da codici, algoritmi, buchi neri, cavi e fantasiose scorciatoie.

La storia di Chris Putnam ne è la dimostrazione. Digitando questo nome su Facebook, appare una foto sfocata, e un “mi piace” sottoscritto da circa 30mila persone. Putnam è un hacker nato nel 1988 che ha sfidato con un virus il grande social network. Il suo scopo non era infastidire Zuckerberg, ma farsi notare. La sua avventura ha inizio nel 2005 quando Chris, allora 19enne, studiava alla Georgia Southern University e insieme ai suoi due amici Marcel Laverdet e Kyle Stoneman, decise di creare un worm che si replicava grazie a un exploit XSS (Cross-site scripting) tramite un campo non trattato correttamente (Websites). Il worm era in grado di fare tre cose: chiedeva l’amicizia all’account di Chris, si replicava nel profilo e cambiava la grafica del profilo dell’utente replicando fedelmente quella di MySpace.

Il worm code si replicava di utente in utente in modo rapido e silenzioso, diffondendosi in modo virale attraverso gli amici che guardavano il profilo di qualcun altro. I tre hacker potevano così modificare rapidamente lo script principale per produrre una serie di effetti a sorpresa sugli account che passavano sotto il loro controllo. “Era un lavoro che faceva molto effetto e riarrangiava tutti i campi del profilo in sgradevoli caselle di MySpace e schemi colorati”, ha raccontato Putnam. Questo li rendeva però facilmente rintracciabili. Tre rintracciabili e geniali sbruffoni. In meno di 24 ore dal rilascio del worm, Putnam venne contattato da Dustin Moscovitz, uno dei co-fondatori di Facebook.

Con la diffusione del virus gli utenti contagiati avevano cominciato subito a lamentarsi. Anche numerosi dipendenti di Facebook erano stati infettati, incluso un account interno di prova chiamato The Creator. Come ha poi spiegato Putnam, il ‘creatore’ non era Zuckerberg: “Ma abbiamo immaginato che anche lui fosse stato costretto a fare il punto e avesse considerato l’operazione uno straordinario successo”. In meno di un giorno Putnam fu invitato da Moscovitz a presentarsi alla sede di Palo Alto di Facebook. Questo non prima di un lungo scambio di messaggi. “Il fatto che Moskovitz conoscesse la mia identità non fu una grande sorpresa dal momento che l’interazione del worm con il mio account era scontata. Anzi eravamo arrivati a fornire delle informazioni su come contattarci”, ha raccontato Putman. La reazione di Moskovitz fu comunque divertita. “Hey tutto questo è divertente, ma sembrerebbe che tu stia cancellando le informazioni sui contatti dai profili degli utenti quando il worm si replica nuovamente. E così non è bello”. In cambio di tanta condiscendenza, Putnam iniziò a rivelare il worm nei dettagli insieme ai punti deboli che aveva identificato nel social network. Dopo circa un mese gli fu chiesto se volesse lavorare per Facebook.

La Rete segue percorsi e colloqui di lavoro senza regole. Putnam era spaventato. In quel periodo un altro hacker era stato arrestato dopo aver fatto la stessa cosa. Un virus per MySpace, la promessa del social network all’assunzione e dopo l’invito, la prigione. “Quando arrivai alla sede, al secondo piano dovevo incontrarmi con Dustin. Ero teso ma quando la porta si aprì e trovai Moskovitz e non i poliziotti in piedi di fronte a me”. Putnam fu assunto e iniziò a lavorare per Facebook pochi giorni dopo il colloquio. Oggi lavora insieme al suo amico Marcel Laverdet insieme allo staff del Social Network più famoso del mondo.

E’ uno degli ingegneri del sito, partecipa regolarmente a forum da nerds assoluti, come Somethingawful.com, dove è abbastanza famoso. Le sue pagine preferite sono Facebbok (un profilo nel profilo), Facebook Engineering e una pagina sulle “uova di pasqua”: easter eggs che in realtà sono un regalo segreto dentro i programmi, ovvero dei codici segreti che i programmatori inseriscono all’interno dei loro programmi e che non sono menzionati nei manuali ufficiali. In genere vengono usati dai programmatori per scrivere segretamente i loro nomi. Per vedere un easter egg bisogna conoscere delle sequenze di tasti o operazioni da compiere. Presso alcune società di software l’inserimento di queste “sorprese” è permesso. Così, tra i simpaticissimi scherzi da hacker, nella lista delle emoticon di Facebook, ce n’è una dedicata proprio a Chris Putnam, è la ‘Weird face’ (e si richiama digitando :putnam:). “Sarò sempre grato a Facebook e alla sua passione per gli ingegneri stravaganti e con un passato da hacker”, ha raccontato l’ingegnere in un’intervista in Rete, abbastanza in superfice perché a noi fosse possibile riportarla sulla terra.

Fonte: http://www.repubblica.it

Google modifica l’algoritmo per migliorare la qualità dei risultati

L’aggiornamento riduce la visibilità dei siti «fotocopia» o di scarso valore

NEW YORK
Google ha modificato l’algoritmo del suo motore di ricerca, nel tentativo di migliorare la qualità dei risultati delle ricerche.

«L’aggiornamento – si legge sul blog di Mountain View – è pensato per ridurre il ranking, ovvero la visibilità nei risultati di ricerca, dei siti di bassa qualità, quelli che hanno pochi contenuti di valore aggiunto per gli internauti o ad esempio con notizie fotocopia di altri. Allo stesso tempo saranno premiati i siti Internet di qualità, quelli con informazioni originali, analisi e approfondimenti».

Diversamente dalle molte altre modifiche già apportate, ma in molti casi piccole, questa novità merita un annuncio, dicono da Google, perchè influirà per circa il 12% sui risultati delle ricerche, una percentuale significativa che potrà essere apprezzata dagli utilizzatori. La modifica interessa per ora la versione Usa del motore, ma verrà presto estesa agli altri Paesi.

Anche se non dichiarato esplicitamente, l’obiettivo sembra quello di colpire i cosiddetti «content farm», come eHow e Answerbag, siti Web che pubblicano migliaia di contenuti al giorno col solo scopo di apparire più in cima possibile nell’elenco dei risultati.

L’aggiornamento dell’algoritmo, precisa Mountain View, non si basa sull’opzione introdotta la scorsa settimana sul suo browser Chrome e che consente agli utenti di bloccare siti ritenuti futili. Tuttavia,  i siti penalizzati dal nuovo algoritmo coincidono per l’84% con quelli segnalati dagli internauti.

Fonte: http://www.lastampa.it

Firefox 4, tutte le novità per sfidare Chrome e IE

La cosiddetta “battaglia dei browser” negli ultimi anni non ha risparmiato sorprese. Internet Explorer di Microsoft ha regnato incontrastato per anni, ma l’arrivo di Firefox e poi di Google Chrome ha scompigliato le carte. Al punto che Firefox ha ora più utenti di Explorer in Europa, mentre Chrome guadagna terreno grazie alle ottime performance su tutte le piattaforme. Mozilla, sviluppatore di Firefox, ha ben chiaro che in uno scenario così fluido non ci si può riposare sugli allori. E per la nuova versione del suo browser, in arrivo entro marzo, ha lavorato parecchio per migliorare velocità e capacità. Con il risultato che Firefox 4 è ora un browser percepibilmente più veloce della versione 3.6, l’ultima rilasciata ufficialmente. E per la nuova versione, debutta un’interfaccia utente alleggerita, ispirata certamente al minimalismo scelto da Google per Chrome, ma anche alla nuova estetica scelta da Microsoft per il nuovo Explorer 9. Ma questa versione numero quattro potrebbe non essere l’ultima dell’anno: l’incredibile roadmap di Mozilla 1 per il suo browser vede il rilascio della versione 7 entro il 2011. Se ci riusciranno non è dato saperlo, di sicuro Google fa già qualcosa di simile con i continui rilasci di aggiornamenti per Chrome.

Veloce come una volpe. La prima cosa che si nota in questa versione 4 è la velocità complessiva. Il browser si avvia molto più rapidamente di prima e la navigazione risulta molto più spedita: le pagine si caricano in pochi istanti, e la performace di Firefox 4 è ormai pari a quella ottima di Google Chrome e a quella promessa da quanto visto finora di Explorer 9. Mozilla ha recuperato terreno, dopo un periodo speso in seconda posizione, implementando al meglio Css3 e Html5, piattaforme che consentono un’esperienza web multimediale senza l’utilizzo di plugin esterni. Anche il motore Javascript è stato ottimizzato, un accorgimento che permette un’esperienza più fluida in quei siti che utilizzano molto questo tipo di linguaggio, Facebook ad esempio. Mozilla ha introdotto poi il supporto al video in formato WebM, e inserito la funzione Sync nativamente. Ora è possibile sincronizzare il proprio profilo Firefox su diversi computer, con segnalibri, password e cronologia, prima per farlo era necessario installare un’estensione. In Firefox 4 c’è anche un sistema di protezione dei dati dell’utente, attraverso la funzionalità “Navigazione anonima” che non lascia tracce in giro per il web. Il nuovo browser impiega la tecnologia DNT, Do Not Track, che evita ai siti che raccolgono pubblicità di aggregare i dati degli utenti. In questo modo, la navigazione è sempre protetta, a scelta dell’utente.

Arrivano le applicazioni web. Tra le novità più interessanti c’è Firefox Panorama, un rinnovato sistema di gestione delle schede di navigazione, ora raggruppabili e più lineari da tenere d’occhio, anche in grandi quantità. Soprattutto ora le schede possono essere configurate come “applicazioni” e quindi godere di un’attenzione speciale e rimanere in rilievo. Firefox fa il salto formale verso le “web app” come Explorer 9, che però al momento permette di gestire i siti come fossero vere e proprie applicazioni, integrabili nella barra di Windows. Mozilla rilancia insomma, e promette una roadmap più veloce per le prossime versioni della “volpe di fuoco”. Se riuscirà a mantenersi in testa alle preferenze degli utenti si vedrà: sia le nuove incarnazioni di Chrome che di Explorer sono ottimi prodotti. Quello che è certo è che la versione 4 di Firefox porta nell’arena dei browser un concorrente molto ben attrezzato.

Fonte: http://www.repubblica.it

ITALIA 150: RAI, LE INIZIATIVE WEB

Aumentano le iniziative web della Rai in occasione dei 150 anni dell’unita’ d’Italia. Il video portale www.150.rai.it e’ gia’ on line. Contiene una web tv che trasmette in streaming oltre 200 filmati sulla Storia d’Italia dal 1861 ad oggi con particolare attenzione agli anni del Risorgimento; decine di Biografie testuali sui principali protagonisti della storia d’Italia; dossier tematici; una ricerca facilitata per parole chiave ; l’elenco dei piu’ importanti eventi relativi alle celebrazioni dei 150 Anni e la programmazione televisiva dettagliata.
Sul portale l’interazione tra Tv e Web viene realizzata anche grazie a format ideati appositamente . Tra questi una Time map del Risorgimento che offre la possibilita’ di navigare nella storia d’ItaIia dal 1815 al 1871 anno per anno . Via via che scorre il tempo cambiano i confini del paese che si va formando. e si succedono gli eventi che portano all’Unita’. La Time map contiene circa 80 schede, ognuna delle quali e’ composta da un video e da un testo di approfondimento, che raccontano gli eventi che portano all’Unita’.
Giochi e quiz sono presenti sul portale e sono rivolti ad utenti di tutte le fasce d’eta’. Il primo gioco realizzato e’ dedicato a Garibaldi. Si tratta di un quiz multimediale con domande sulla spedizione dei Mille. Rispondendo esattamente alle domande proposte si accompagna Garibaldi nel suo viaggio tra animazioni multimediali e video tratti dagli archivi Rai Sono infine state realizzate applicazioni dedicate per tutte le piattaforme mobili. La prima APP verra’ pubblicata per iPhone e iPad. Dall’applicazione sara’ possibile accedere ad un menu’ con: una selezione dei video presenti sul video portale; le biografie dei personaggi che hanno fatto la storia d’Italia; la cronologia del Risorgimento.

Fonte: www.agi.it

Informazione e media, tv regina ma il web corre

La televisione regina dell’informazione, il Web in crescita. Sono in estrema i sintesi i risultati di uno studio a cura dell’Università di Urbino Carlo Bo. Il canale televisivo come fonte di informazione fa infatti registrare il 90,8% delle preferenze del campione, seguono poi la stampa nazionale (63%), le radio (56,6%) e Internet (51,1%). La televisione svetta in cima alle preferenze e il Web è ancora il fanalino di coda, ma in crescita, specialmente perché man mano riguarda una fascia sempre più ampia di popolazione, interessando l’88,8% delle persone tra i 18 e i 29 anni e il 65,7% degli adulti tra i 30 e i 49 anni. Il mezzo è poi meno rappresentativo per le altre fasce d’età: 45,6% dai 40 ai 65 e 13,3% per i più anziani, gli over 65. La fruizione dell’informazione non rimane però legata a un solo mezzo o confinata a una scelta netta tra online e offline. Il 50,5% del campione, infatti, dichiara di fare uso sia di fonti in Rete sia di tipo tradizionale. Dai dati risulta del resto piuttosto evidente che ognuno si compone la propria dieta mediatica appoggiandosi anche a mezzi diversi. Il 96% degli intervistati sostiene di utilizzare più di due media, mentre il 48,7% cinque o più. Al di là delle preferenze sul mezzo di informazione o sulle più frequenti combinazioni delle diete mediatiche degli intervistati, preoccupa un dato rilevato già anche da altri studi: il campione mostra una fiducia del tutto relativa nell’informazione in generale. Più del 70% è convinto che i media, nuovi o tradizionali indifferentemente, manipolino le notizie, omettendone volutamente una parte ed essendo schierati politicamente.

Fonte: www.adginforma.it

Colpo grosso di Aol su Huffington Post

Continua a essere l’informazione il piatto succulento del mondo del web. Quello capace di creare profitti e di muovere per questo capitali diretti all’acquisizione di siti specializzati in news. A dimostrarlo è l’ultimo colpo di ieri negli Stati Uniti dove il colosso del web, America on line, ha messo sul piatto 315 milioni di dollari (300 in contanti e il resto in azioni) per acquisire uno dei siti più popolari d’America nel mondo dei new media: l’Huffington Post. Un sito fondato nel 2005 da Anna Huffington, signora ultra-liberal, e che è diventato uno dei new media più popolari e autorevoli degli States, forte di circa 25 milioni di visitatori unici al mese. Il boom è arrivato durante l’ultima campagna elettorale per la Casa Bianca. In quei mesi HuffPost ha superato il conservatore Drudge-Report, affermandosi come un punto di riferimento di tutta la stampa americana. Con questa operazione Aol darà vita ad un gruppo media che avrà complessivamente 117 milioni di visitatori al mese negli Usa e 270 milioni a livello globale. Sarà proprio Arianna Huffington a guidare, come presidente e direttore, il nuovo The Huffington Post Media Group, che integrerà i contenuti del suo sito con la rete di Aol, puntando in particolare su iniziative video, approfondimenti locali, una diffusione internazionale e l’integrazione con ogni piattaforma immaginabile: web, cellulari e tablet. La transazione dovrebbe concludersi, secondo quanto comunicato da Aol, fra la fine del primo e l’inizio del secondo trimestre 2011. Il sito icona dei liberal Usa vedrà allargare a dismisura i suoi contatti. L’espansione sarà tangibile in cinque aree: l’informazione locale nella sterminata periferia americana, dove Aol da anni è presente; il lancio di sezioni di Huffington Post al livello internazionale e già si parla della creazione di HuffPost Brasile; maggiore attenzione a servizi di utilità quotidiana, molti più video e la creazione di tantissime nuove sezioni da offrire ai lettori, come rubriche su auto, musica, giochi e turismo.

Fonte: www.iltempo.it

Pagina 19 di 28

Powered by WordPress & Tema di Anders Norén