youtubeBrutto colpo per fan e detrattori di Vittorio Sgarbi, che rischiano di restare orfani delle risse televisive del loro critico d’arte e opinionista più amato/odiato, almeno su YouTube.

Sgarbi, tramite avvocati, ha mandato una lettera di diffida al sito di videosharing perché impedisca la pubblicazione dei suoi duelli verbali nel corso di alcune trasmissioni Rai. Nel mirino, in particolare, gli scontri con l’onorevole Alessandra Mussolini e il giornalista Marco Travaglio. Se il sito insisterà nella pubblicazioni di queste “performance”, gli avvocati di Sgarbi hanno chiesto un pagamento per il loro cliente pari a 10 mila euro per ogni minuto di video trasmesso. Una cifra che sarebbe stata calcolata in base agli introiti pubblicitari incassati dai siti grazie ai tanti clic sui video di Sgarbi.
La questione merita d’essere affrontata, non solo perché sollevata da un personaggio che, quando si pronuncia, fa sempre notizia, ma anche perché non priva di contenuti interessanti rispetto all’uso di Internet e al rapporto con le leggi di certi grandi network della Rete.

Nella lettera di diffida, i legali citano la violazione la legge sul diritto d’autore, poiché su YouTube sono trasmessi filmati estratti da programmi tutelati da copyright in esclusiva. Ma non c’è solo questo.Abbiamo detto che gli avvocati di Sgarbi hanno fatto riferimento a trasmissioni Rai e non Mediaset, ed esiste una regione precisa per questa distinzione: quando appare sulle televisioni di Berlusconi, Sgarbi cede al network anche i diritti di immagine, come ha rivelato in un’intervista a La Stampa. Ed è proprio per la difesa della propria immagine che l’opinionista televisivo sembra essersi mosso. Nell’intervista citata, concessa al quotidiano torinese e pubblicata online, il critico d’arte dichiara: “sono consapevole dei miei comportamenti. Ma sono io che sul piccolo schermo gestisco i miei scatti d’ira. Su Internet no. Finisce lì, la mia immagine, inamovibile e ci può stare un’eternità, prescindendo dalla mia volontà. Ho fatto questa scelta e me la ripiglio”.

Insomma, in termini generali, sembra profilarsi qualcosa che assomiglia al diritto all’oblio previsto dal nostro ordinamento giuridico. Chi ha commesso un reato, e per esso ha pagato, ha il diritto di non essere più perseguitato da questo suo sbaglio. Quando ci si concede a una trasmissione televisiva, magari in diretta, non è detto che si accetti di essere immortalati per un tempo indefinito, perché, in effetti, il mezzo televisivo e Internet sono profondamente diversi. Il primo è legato a una comunicazione effimera, che può essere destinata a esaurirsi nell’arco di poche ore. Il secondo è un luogo di archiviazione, destinato a un accesso protratto nel tempo e costante. Al di là delle reali ragioni che possono aver spinto Sgarbi ad agire in termini legali contro YouTube, è evidente che un archivio di video online, quale YouTube, modifica la natura di un prodotto che nasce in un preciso contesto temporale e storico, consegnandolo a una memoria perpetua e, come sottolinea Sgarbi, suscitando dibattiti e discussioni che prendono una loro storia, autonoma e incontrollabile dal protagonista delle polemiche TV.

Forse, la cosa migliore sarebbe che coloro che decidono di apparire in TV (lautamente pagati) si rendessero conto che ormai urla e strepiti sollevati in uno uno stato d’animo momentaneo rischiano di diventare il loro eterno ritratto di Dorian Gray sul web. E forse, per chi ha fatto della rissa il motivo principale del proprio successo, non è neanche una nemesi così ingiusta, almeno sul piano morale.

Fonte: pcworld.it