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La pubblicità su internet scopre i social network

La marcia dell’economia digitale passa anche per le vendite online e la pubblicità, riproposizione postmoderna del commercio e della sua vecchia anima. Dinamiche che s’insinuano in quella filiera della complessità e all’interno di quei percorsi condivisi che necessitano di essere raccontati in 140 caratteri (su Twitter) oppure ripostati (su Facebook), potente megafono del nostro e dell’altrui pensiero.

Dell’economia dei nuovi media, di marketing digitale, di editoria, nuove televisioni e cyber advertising si è parlato ieri al Forum Digital Media organizzato dal Sole 24 Ore, nel corso del quale è stata presentata una ricerca dedicata proprio ai consumatori digitali.

«Solo il 54% degli italiani è connesso a internet – ha spiegato Antonio Noto, numero uno di Ipr Marketing, che ha realizzato il report – e sono le donne e i giovani le categorie che in media passano più tempo sulla rete: 4 ore al giorno il 37% delle prime contro il 39% dei 18-34enni». Anche se il dato più interessante riguarda proprio l’ecommerce: nell’ultimo anno sul web hanno fatto acquisti online quasi 8 italiani su dieci e i prodotti preferiti sono quelli dell’editoria: libri, film, musica, seguiti da elettronica, informatica e abbigliamento.

E tutto avverrà sempre di più anche in mobilità, se è vero quello che ha detto Cesare Sironi, amministratore delegato di Matrix e head of innovation di Telecom Italia: «In tutto il mondo nel 2011 conteremo 4-5 miliardi di devices connessi, ma nel 2020 saranno probabilmente 50 miliardi. Tra questi rientrano anche le tv, che in tempi molto più brevi saranno tutte online».

La televisione, appunto. «Da questa stagione Mediaset ha messo a disposizione l’intero palinsesto – spiega Yves Confalonieri, direttore Rti interactive media – e non ha tolto nessun ascoltatore alla tv». Dello stesso avviso Andrea Portante, responsabile marketing di Rai nuovi media: «Non c’è alcuna cannibalizzazione tra le piattaforme».

E la pubblicità? Quest’anno l’advertising online arriverà a valere in Italia oltre un miliardo di euro sui 9,2 miliardi del mercato complessivo, ancora dominato per quasi il 60% dalla televisione. «Dal punto di vista pubblicitario nel futuro ci saranno tre internet – dice Luca Paglicci, a capo della Websystem, la concessionaria online del Sole 24 Ore – l’editoria online, il social networking e poi Google, ovvero la search. Il mondo dell’editoria non perda occasioni».

Ma per far decollare gli spot online «servirà trovare nuovi formati e non fermarsi al banner, i creativi in questo senso non hanno ancora dato il meglio di sè», sostiene Francesco Giromini di Bright.ly. Di pubblicità “social” ha parlato Luca Colombo, country manager per l’Italia di Facebook, che ha spiegato come sul “libro faccia” «le campagne possano prevedere anche budget limitatissimi pur essendo sempre più potenti».

Fonte: http://www.ilsole24ore.com

In azienda la rivoluzione dei social network E’ il momento della Weconomy

ROMA – Facebook, Skype, Youtube: sul lavoro non sono occasione di distrazione, ma piuttosto strumenti che stanno rivoluzionando in positivo le relazioni tra colleghi e tra aziende, favorendo la collaborazione e la trasparenza. E’ quanto emerge da un’indagine che verrà presentata il 24 maggio a Milano, in occasione del Weconomy Day, organizzato da Logotel e dal Centro Formazione Management del Terziario (CFMT). Secondo l’indagine, effettuata dal CFMT, e che ha coinvolto un campione di oltre 1.000 imprese dei servizi e del commercio, il 20% delle aziende italiane del terziario utilizza le piattaforme di social network. La più utilizzata in azienda è Skype (48%), seguita da Linkedin (36,8%), Facebook (29,8%), Youtube (26,4%), e infine dalle piattaforme wiki (19%) e dai blog (17,3%). Percentuali destinate ad aumentare nel prossimo futuro.

Molti manager sono convinti che l’uso di quelli che sono stati definiti strumenti di “weconomy”, cioè di economia condivisa, non possa che favorire l’impresa. “Nel modello economico che sta prendendo piede – spiegano gli analisti del CFMT, centro di ricerca nato nel 1994 per iniziativa di Confcommercio e Manageritalia – quello riassumibile nella tendenza contemporanea alla condivisione e alla partecipazione, la vecchia impresa fordista basata su una visione e gestione egocentrica non ha nulla da raccontare, nessuna risorsa per coinvolgere collaboratori, fornitori e clienti. L’impresa del futuro è invece quella che democratizza i processi gestionali, co-progetta e stimola questa preziosissima massa critica di talento collettivo verso la creazione di valore nelle reti globali”.

In altre parole le nuove piattaforme tecnologiche possono anche contribuire all’emersione dei talenti all’interno delle realtà aziendali. “Dal basso, dal bordo, il web 2.0, i social network, la generazione digitale stanno facilitando e imponendo nuove pratiche”, scrive Giuliano Favini, amministratore delegato di Logotel, nella prefazione di Weconomy, di Isaac Mao, il libro che teorizza questa evoluzione della struttura delle imprese, tendenza che è stata battezzata “sharismo”.

Tuttavia, perché le piattaforme di social network adottate all’interno dell’azienda possano dare davvero questi risultati positivi, occorre seguire una serie di regole. Secondo l’indagine della CFMT, i manager ritengono che innanzitutto occorra “raccontare chiaramente la promessa della piattaforma ai partecipanti” (69%), “garantire una radicale trasparenza sulle decisioni chiave e sui financial metrics” (58,8%) e “creare o eleggere una community governance board, così da orientare e revisionare le principali decisioni politiche e strategiche (45,9%).

“Co-operation” (52%) e Co-working (42%) sono i cardini, secondo i manager intervistati, dell'”impresa collaborativa”. Che promuove anche la “trasparenza dei criteri di valutazione dei risultati e delle professionalità” (58%), le assunzioni in base a criteri di merito professionale (41%) e la partecipazione al rischio abbastanza ampia (35%). Il 52% dei manager intervistati ha affermato anche di aver adottato strumenti di “formazione più coinvolgente e condivisa”, e di aver favorito la creatività collettiva (26%). La cooperazione vale anche all’esterno, verso le altre imprese: ha promosso network di questo tipo il 49,7% degli intervistati.

Percentuali troppo ottimistiche? In effetti in Italia, ammettono gli organizzatori del Weconomy Day, si parla pochissimo di queste nuove tendenze. E probabilmente la svolta impressa dall’uso dei social network in azienda sta muovendo ancora i primissimi passi. Tuttavia il CFMT, oltre ad avviare una riflessione su questo tema con la giornata del 24, intende promuovere un tour all’interno delle aziende italiane, per far conoscere “i nuovi strumenti collaborativi”.

Fonte: http://www.repubblica.it

Un futuro da social dipendenti?

La stavo aspettando da qualche tempo. E’ arrivata. Cosa?
La pubblicazione ufficiale dei risultati della ricerca internazionale “The world unplugged experiment”dell’International Center for Media & the Public Affairs (ICMPA) in partnership con la Salzburg Academy on Media & Global Change.
1000 “nativi digitali” (under 25); 10 nazioni del mondo coinvolte (America, Cina,Messico, Slovacchia, Uganda, Cile, Libano, Gran Bretagna, Argentina, Hong Kong) una sfida degna di una puntata di “Ai confini della realtà”: 24 ore disconnessi da ogni da mezzo di comunicazione.

Dopo queste 24 ore senza telefonino e Internet ai partecipanti è stato chiesto di esprimere il loro stato d’animo e le considerazioni in merito
I nativi digitali di tutto il mondo hanno dichiarato di aver trascorso le 24 ore in preda ad ansia, depressione, isolamento, desolazione, irritazione, paranoia, angoscia e in crisi di identità.

Entrando nello specifico ecco i risultati più sorprendenti e comuni in tutti i paesi:
– Tutti i partecipanti sono diventati consciamente consapevoli di “dipendere” dai media e di avere avuto conseguenze rilevanti, per lo più negativamente, sul proprio stato d’animo durante le 24 ore dell’esperimento.
– Gli studenti hanno definito il cellulare un’estensione del proprio corpo e della propria personalità senza il quale la vita è inimmaginabile ed hanno dichiarato che tecnologia, Internet e social media sono essenziali per costruire e gestire le amicizie e la vita sociale.
– I giovani sviluppano un pericoloso e fuorviante metodo di rappresentare il sè, diverso a seconda dei social network usati, con conseguenze anche significative sullo sviluppo della personalità.
– I sentimenti comuni a tutti i partecipanti all’esperimento dopo qualche ora dall’inizio della prova erano per lo più noia e vuoto esistenziale, molti hanno volontariamente interrotto l’esperimento.
– Il telefonino rappresenta una fonte insostituibile di sicurezza.
– La sovraesposizione mediatica massiccia provoca nei giovani il rigetto dalle news tradizionali: le notizie le trovano attraverso i loro telefoni cellulari o su Internet, attraverso messaggi di testo, Facebook, Twitter, chat, IM di Skype, QQ, email, ecc., non da fonti autorevoli, ma per lo più dalla rete di amici.

Questo esperimento ha, per l’ennesima volta, dimostrato, se ce ne fosse ancora stato bisogno, che la pervasività dei vecchi e nuovi media ha un impatto decisivo sulla percezione del sè, le relazioni sociali, la relazione con la realtà quotidiana, la coscienza critica e lo sviluppo della personalità degli individui ed è vitale insegnare, sopratutto ai nativi digitali, ad avere un corretto rapporto con i media e con il ruolo che essi hanno nella loro vita.

E’ altresì imprescindibile focalizzare l’azione formativa per far comprendere ai nativi digitali come distinguere tra realtà e finzione, quali sono le fonti attendibili e non attendibili e come navigare consapevolmente senza diventare tossicamente travolti e distratti.

A questo punto il riconoscimento politico e istituzionale della questione della REPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE PERSUASIVE è una questione cruciale; quanto tempo ancora servirà per prendere seriamente in considerazione il problema, perché di questo si tratta, del rapporto tra nativi digitali e la loro evoluzione nell’esperienza umana?

E’ davvero urgente, molto urgente, che famiglie, istituzioni, consumatori, centrali educative e comunità scientifica prendano velocemente coscienza dell’impatto di questo problema decisamente sottoconsiderato, prima che sia tardi per porvi rimedio e che vengano elaborate strategie ottimali per educare responsabilmente le giovani generazioni a convivere convenientemente con le tecnologie persuasive.

Fonte: http://www.corriereinformazione.it

FACEBOOK COME UNA DROGA, ARRIVA SINDROME D’ASTINENZA

(AGI) – Londra, 3 gen. – Sono bastate 24 ore di lontananza da e-mail, sms, Facebook e Twitter per stare male e provare ansia e irrequietezza alla stregua del fumatore che tenta di smettere. A rivelarlo e’ stato un gruppo di ricercatori della Bournemouth University che partecipa all’esperimento internazionale ‘Unplugged’, come riporta il quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’. Ai volontari di 12 universita’ di tutto il mondo, tra cui 125 studenti dell’ateneo britannico, e’ stato chiesto di trascorrere un giorno intero lontano da computer, cellulari, iPod, televisione, radio e giornali. I ragazzi avevano il permesso di utilizzare solo i telefoni di rete fissa e potevano leggere libri. Nel corso dell’esperimento i volontari hanno tenuto diari in cui raccontare la propria esperienza. Da quelle pagine e’ emerso che molti hanno provato sentimenti di forte irrequietezza, di ansia e isolamento. In pratica, i soggetti si sono trovati alle prese con la sindrome d’astinenza da informazioni. “La misura in cui stiamo usando una parte della moderna tecnologia e dei nuovi media ci sta cambiando”, ha spiegato Roman Gerodimos, lo scienziato che si e’ occupato della parte britannica dell’esperimento. I giovani che hanno riportato sintomi di dipendenza sono stati maggiormente male per via della mancanza di musica. “Molti di loro”, ha riferito Gerodimos, “hanno detto di aver trovato il silenzio inizialmente piuttosto scomodo e imbarazzante. Ma non appena vi si sono abituati hanno cominciato a notare cose cui mai avevano fatto caso prima: dal canto degli uccelli al ‘suono’ della vita quotidiana dei vicini”. Riflettendo su questa esperienza, ha continuato lo scienziato, “i volontari hanno ammesso di soffrire di sintomi dell’astinenza. Gli studenti hanno paragonato quest’esperienza a quella di una dieta e allo smettere di fumare, e la parola dipendenza e’ risultata ricorrente. La maggioranza di loro in un primo momento ha sofferto ma poi si e’ lasciata coinvolgere dalle nuove atmosfere e sensazioni, mentre una minoranza ha odiato tutto questo”. E ha concluso: “Diventare piu’ consapevoli di quanto e come usiamo le nuove tecnologie potrebbe aiutarci a controllare l’effetto che hanno su di noi. E forse dovremmo rinunciarvi almeno per un giorno all’anno”.

Fonte: www.agi.it

Facebook? Mai così invadente…e ora molti vogliono scappare

Mai, come nel 2010, Facebook è stato al centro dell’attenzione dei media. Il Time pochi giorni fa ha eletto «uomo dell’anno» l’inventore e fondatore Mark Zuckerberg, 26 anni. Nelle sale cinematografiche ha spopolato The Social Network, ispirato alla biografia di Zuckerberg stesso (indispettito dal risultato: ne esce come un sociopatico, proprio lui che ha aggiornato il significato della parola «amicizia»). Un trionfo per il regista David Fincher: fuochi d’artificio al botteghino, critica in sollucchero e probabile Oscar in arrivo. In luglio le iscrizioni a Facebook hanno raggiunto e superato quota 500 milioni dopo una cavalcata inarrestabile iniziata nel 2004 per rimorchiare ragazze all’università di Harvard. Negli ultimi dodici mesi solo Google, il motore di ricerca «egemone», ha avuto un maggior numero di contatti in rete.
Esserci dunque sembra un imperativo categorico. Mezzo miliardo di utenti (incluso chi scrive) ha risposto alla chiamata: aprendo una pagina personale, connettendosi e comunicando con «amici» selezionati, aggiornando con messaggi la bacheca, rendendo visibili foto, messaggi, video del proprio diario multimediale.
Eppure… se il 2011 fosse l’anno della fuga da Facebook? Sembra folle solo pensarlo a fronte dei fatti appena ricordati ma qualcosa si muove nel variegato mondo di internet. Mettiamo insieme qualche indizio. Un rapporto di Nielsen Rating (azienda che misura, fra le altre cose, l’audience del web) sostiene che su quattro minuti e mezzo di navigazione, l’utente ne dedica uno ai social network, Facebook o Twitter che siano. E cosa fa in quei sessanta secondi? Quasi sempre, nulla. Statistiche a parte, provate a pensare alle vostre pagine Facebook. Probabilmente avrete molti «amici». Altrettanto probabilmente, però, la percentuale di quelli che aggiornano con assiduità il profilo sarà piuttosto bassa. Qualche anno fa impazzava la moda di Second Life, un mondo virtuale in cui si entrava a far parte col proprio avatar. Per settimane non si parlò d’altro. Il sito ha ancora oltre un milione di iscritti ma sembra una città fantasma. Non sarà certo il caso di Facebook, infinitamente più semplice, utile e sensato ma anche il social network non sembra esplodere di vitalità. Una volta iscritto, sei dentro per sempre, la tua pagina rimarrà come una lapide funeraria anche post mortem. Cancellarsi è difficile (più semplice essere cancellato, spesso per motivi imperscrutabili): quante pagine sono in realtà inattive? Quante volte avete sentito dire a qualcuno che Facebook è una noia interrotta da messaggi di antichi scocciatori ora riapparsi come per magia digitale?
Poi, come raccontava la Repubblica qualche giorno fa, ci sono anche gli «antisociali» organizzati. Aziende o singoli che installano nel computer programmi al fine di escludere dalla navigazione qualsiasi sito abbia a che vedere con i social network. Pazzia? Tutt’altro. Le aziende li installano per evitare perdite di tempo prezioso. In qualche caso, il software antisociale è «prescritto» per interrompere la dipendenza da Facebook e affini. In molti altri è una questione di privacy: c’è chi preferisce tutelare i propri dati. Per vari motivi. Per esempio, chi seleziona il personale ormai butta un’occhiata alle pagine personali, e può trovare foto o commenti sgraditi.

Anche da un punto di vista «ideologico», i frondisti sono in crescita. A luglio, dicevamo, Facebook tagliava un traguardo numerico eccezionale. In agosto, il servizio di copertina di Wired, bibbia degli internauti, era dedicato alla «morte del web». Gli assassini? I motori di ricerca (tradotto: Google) e i social network (tradotto: Facebook) che monopolizzano il mercato e abituano il navigatore a una esperienza ipersemplificata del web. Nemico numero uno: Steve Jobs, creatore di un sistema chiuso in cui Apple controlla i contenuti e la tecnologia per fruirli (iTunes, iPhone, iPad).
Più «filosofica» l’opposizione di Jaron Lanier, rispettato pioniere di internet e della realtà virtuale (l’espressione è stata coniata da lui). Secondo Lanier Facebook è «un software antiumano» perché banalizza l’idea di amicizia e ci chiede di descriverci con tre o quattro parole. In altre parole, ci chiede di interagire con la macchina come fosse una persona. Il che implica che il nostro cervello potrebbe essere considerato niente più di un programma. Le nuove generazioni crescono così «con un’idea riduttiva di ciò che è una persona». Date tempo al tempo: quelle quattro parole diventeranno la nostra vera identità. A meno che non organizziamo una bella evasione da Facebook. Magari nel 2011.

Fonte: www.ilgiornale.it

Nuovi profili Facebook, cosa cambia?

Facebook ha recentemente introdotto un nuovo layout per le pagine dei profili. Non si tratta di una riorganizzazione radicale come accaduto in passato ma di una processo di affinamento che ha modificato l’organizzazione delle pagine.

Confermata la struttura in tre colonne si nota subito come lo spazio a destra destinato a pubblicità e servizi correlati sia stato leggermente aumentato. Al centro la colonna principale si apre ora con una breve descrizione dell’utente che riporta i dati più importati del suo profilo. Da quest’area scompaiono invece le tradizionali schede che davano accesso alle varie aree del profilo. Gli stessi link sono ora disponibile nella colonna sinistra.

Sempre a sinistra sono spuntate nuove opzioni di personalizzazione che consentono di mettere in evidenza i propri familiari o un qualsiasi altro gruppo di contatti. La migrazione verso i nuovi profili sarà graduale e dovrebbe comunque concludersi entro pochi giorni.

Fonte: www.azpoint.net

Tv non più regina, Internet la sorpassa tra i giovani

Secondo l’indagine Sip, i ragazzi passano più tempo sui social network

Per la prima volta, tra gli adolescenti, Internet batte la tv. Il sorpasso si deve soprattutto all’inarrestabile ascesa di Facebook: il 67% ha un profilo sul social network più famoso al mondo, contro il 50% dello scorso anno. Aumentano i comportamenti a rischio nella rete, come dare il telefonino a uno sconosciuto. E ancora, si riduce il consumo di alcol e sigarette, ma non quello di droghe leggere, dilagano le «diete fai da te» e i genitori influiscono sulle scelte dei figli meno di quanto gli stessi figli ritengono giusto e aumenta il numero di adolescenti che reputa «troppo poche» le regole date dalla famiglia. Si riduce la fiducia verso tutte le figure istituzionali (insegnanti, forze dell’ordine, medici, magistrati, preti, politici). L’unica in controtendenza? I giornalisti.

Questa l’istantanea che emerge dall’edizione 2010 dell’indagine «Abitudini e stili di vita degli adolescenti» che la Società italiana di pediatria svolge da quattordici anni su un campione nazionale di 1300 studenti delle scuole medie inferiori di età compresa tra gli 12 e i 14 anni. L’indagine, patrocinata dal Ministero della Gioventù, sarà presentata al convegno «la Società degli Adolescenti» il 2 dicembre a Salsomaggiore.

Gli intervistati che passano sul Web più di 3 ore al giorno (17,2%) superano quelli che passano più di 3 ore al giorno davanti al piccolo schermo (15,3%), dato in calo rispetto allo scorso anno quando la percentuale dei ragazzi che guardava la tv più di tre ore al giorno era pari al 22%.

Di fatto, è Facebook il protagonista indiscusso del Web. Oltre il 67% degli adolescenti ha un profilo sul social network, con un incremento di circa il 35% rispetto allo scorso anno. Nel 2009 aveva infatti il profilo «solo» il 50% e nel 2008 era una esigua minoranza. Ancora una volta le donne cybernaute superano i loro coetanei maschi (68,7 contro 65,8%). Il fascino di Facebook scalza anche l’utilizzo di messenger e la creazione di blog. Solo il 17% dichiara di avere un proprio blog, percentuale che nel 2009 era pari al 41,2%, il che sembra connotare la moda del blog personale come passeggera, spiegano i pediatri della Sip.

Frequentare YouTube e chattare sono di gran lunga le attività principali per le quali gli adolescenti si collegano in Internet e perde sempre più terreno la «ricerca di informazioni» per studio. Si conferma inoltre la tendenza, da parte degli adolescenti, ad un uso sempre più «privato» di tv e Internet. Più della metà ha tv e computer nella propria camera da letto, circa uno su due guarda la tv e oltre il 20% naviga in Internet la sera tardi prima di andare a dormire. Sempre elevatissima (86%) la cattiva abitudine di guardare la tv durante i pasti. Oltre l’80% (con una nettissima prevalenza dei maschi) gioca ai videogiochi.

Fonte: www.lastampa.it

Il social network delle buone cause

Chris Hughes ha 27 anni, è diventato milionario collaborando da subito con Mark Zuckerberg per la creazione di Facebook, ha coordinato la campagna elettorale online di Barack Obama nel 2008 e da poco ha lanciato online un nuovo social network per incentivare il volontariato e le iniziative benefiche. Il nuovo sito si chiama Jumo, una parola che in Yoruba – una lingua parlata nell’Africa occidentale – significa “collaborare insieme” e mira ad aiutare le persone a migliorare le realtà in cui vivono.

Su Facebook esistono da tempo alcune applicazioni per incentivare la raccolta di fondi per le associazioni non profit, come l’applicazione Causes che ha una media di 19 milioni di utenti attivi ogni mese. Jumo intende partire dal successo di Causes e degli altri sistemi simili creando uno spazio maggiormente slegato da Facebook con un maggior numero di servizi e funzionalità per gli utenti.

Nonostante questo intento, il nuovo sito web rimane molto legato al social network di Zuckerberg. Al momento, infatti, per poter utilizzare Jumo è necessario avere un account su Facebook, ma le pagine dei singoli progetti possono essere comunque visualizzate prima di iscriversi al portale. La grafica è molto essenziale e privilegia il testo sulle immagini, offrendo link a contenuti e approfondimenti sui singoli progetti.

Nella homepage di Jumo vengono segnalati i temi più seguiti dagli utenti e per ogni argomento è poi disponibile un elenco dei progetti presenti sul social network. Collegandosi, per esempio, al profilo dell’associazione benefica Partners in Health è possibile visualizzare le ultime attività dell’organizzazione nella sezione “Top News”, cosa dicono gli utenti e che cosa segnalano nella sezione “Talk” e i programmi umanitari avviati. Non manca poi il tasto “Donate” per consentire a chi lo desidera di inviare denaro per sostenere le diverse iniziative.

Sempre nella pagine delle singole iniziative è possibile visualizzare l’elenco degli utenti che hanno deciso di aderire, cosa che consente di scoprire se alcuni dei propri amici abbiano o meno deciso di seguire una data attività benefica. Proprio come su Facebook, anche i profili dei singoli utenti possono essere consultati per controllare le loro attività e le iniziative cui partecipano.

Jumo è partito da pochi giorni e ha già raccolto circa 3.500 iniziative da altrettante organizzazioni benefiche. Il numero, spiega Hughes, dovrebbe aumentare sensibilmente già nel corso delle prossime settimane perché ogni utente che lo desidera ha la facoltà di avviare un nuovo progetto. Singoli gruppi di amici potranno quindi usare il social network per coordinare le loro attività di volontariato su piccola scala, coinvolgendo magari altre persone della zona in cui vivono.

Fonte: www.ilpost.it

Il 67% ha un profilo su Facebook

Lo rivela l’indagine “Abitudini e Stili di vita degli adolescentì“ della Società italiana di pediatria

Internet “sorpassa” la televisione tra gli adolescenti italiani, ormai impegnati per più  tempo in rete che davanti al piccolo schermo. E si conferma l’inarrestabile ascesa di Facebook: il 67% dei teenager ha un profilo sul social network, contro il 50% dello scorso anno. Ma aumentano anche i comportamenti a rischio sul web, come dare il numero di telefonino a uno sconosciuto. È l’istantanea che emerge dalla 14esima edizione 2010 dell’indagine “Abitudini e Stili di vita degli adolescenti“ della Società italiana di pediatria (Sip), realizzata su un campione di 1.300 studenti delle scuole medie di età compresa tra 12 e 14 anni.

Dall’indagine patrocinata dal ministero della Gioventù – che sarà presentata al Convegno “la Società degli adolescenti” il 2 dicembre a Salsomaggiore – emerge che gli intervistati che passano sul web più di 3 ore al giorno (17,2%) superano quelli che passano più di 3 ore al giorno davanti al piccolo schermo (15,3%), dato in calo rispetto allo scorso anno quando i ragazzi che guardavano la tv più di tre ore al giorno erano il 22%. Le donne cybernaute, inoltre, superano i loro coetanei maschi (68,7% contro 65,8%).

Il fascino di Facebook scalza anche l’utilizzo di messenger e la creazione di blog. Solo il 17% dichiara di avere un proprio blog, percentuale che nel 2009 era pari al 41,2%, il che sembra connotare la moda del diario personale online come passeggera. Frequentare You Tube e chattare sono di gran lunga le attività principali per le quali gli adolescenti si collegano in Internet, mentre perde sempre più terreno la ‘ricerca di informazionì per studio. Si conferma la tendenza, da parte degli adolescenti, a un uso sempre più “privato” di tv e Internet. Più della metà ha televisione e computer nella propria cameretta, circa uno su due guarda la tele e oltre il 20% naviga in Internet la sera tardi prima di andare a dormire. Sempre elevatissima (86%) la cattiva abitudine di guardare la tv durante i pasti. Oltre l’80% (con una nettissima prevalenza dei maschi) gioca ai videogiochi. Crescono però i comportamenti a rischio come inviare foto, dare informazioni personali, farsi vedere in webcam, accettare incontri con sconosciuti. Oltre il 16% (contro il 12,8% del 2009) dichiara di aver dato il proprio numero di telefono a un estraneo, e il 24,6% (contro il 20,7% del 2009) non ha esitato a inviare una sua foto. Nella stragrande maggioranza dei casi gli “sconosciutì sono altri adolescenti, ma non sono rari gli episodi in cui l’interlocutore è un adulto (il che non significa che sia un pedofilo). Secondo il presidente della Sip Alberto Ugazio, il sorpasso del web sulla tv «di per sé è un fatto positivo perché Internet è una straordinaria finestra sul mondo, con un enorme potenziale di arricchimento culturale e di crescita, soprattutto se rapportato a ciò che oggi propone la televisione. Ma tutto dipende da come si usa. Se il webviene utilizzato prevalentemente per chattare, per sostituire ai rapporti reali una comunicazione virtuale, se aumentano sul web i comportamenti potenzialmente a rischio allora sorge qualche dubbio su questo sorpasso».

Fonte: www.vita.it

La sfida italiana di Youppido! ai social network americani

Sfida aperta, e tutta italiana, ai consueti social network americani, a cominciare da Facebook e Twitter. Ci prova una nuova piattaforma, che raccoglie e cataloga foto, filmati, contatti, permette la geolocalizzazione degli amici e nasce già ottimizzata per la navigazione con l’iPhone.
In aggiunta, Youppido! unisce alle tradizionali funzioni di un social network quelle di un sito di dating: un sistema di affinità calcola la percentuale di compatibilità con ogni profilo. E’ possibile scegliere le caratteristiche della persona ideale ed impostare la propria navigazione, per visualizzare esclusivamente i profili che corrispondono alle qualità scelte. Di profilo in profilo, è possibile navigare facendo “zapping tematico” con i link che compaiono nel box-suggerimenti, dove si segnalano altri utenti con interessi affini.
Gli utenti iscritti possono usufruire del servizio dopo aver acquisito dei pacchetti di crediti spendibili all’interno del sito e acquistabili con carta di credito. La piattaforma dispone anche di un sistema di guadagno crediti, attraverso il quale ogni utente, facendo alcune azioni all’interno del sito (ad esempio inserire foto, inviare messaggi, inviare wow) potrà accumulare crediti da spendere in seguito. Youppido! è un servizio riservato ad un pubblico maggiorenne.

Fonte: www.lastampa.it

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