UN SENTORE c’era, negli ultimi tempi, ed era solo questione di tempo: la Rete “social” proietta la sua ombra, e spuntano i contrari di Facebook e Twitter, per evitare piuttosto che conoscere. E i nomi di siti e app parlano chiaro: Hatebook, Hell is other people, Enemy Book.
E l’ondata di app anonime o semianonime come Secret o Whisper nasconde un’altrettanto evidente volontà di isolamento, almeno della propria identità.
Dopo un decennio – scegliendo il lancio di Facebook come data d’inizio della scorpacciata di amici virtuali su internet – disponiamo infatti di decine di piattaforme per accumulare contatti e magari incrociarli per strada o a un concerto: Instagram, taggando i luoghi in cui abbiamo scattato una foto o girato un video, Foursquare, che della geolocalizzazione ha fatto il suo dna, passando per il sito di Mark Zuckerberg o le tempeste di cinguettii da ogni parte del mondo di Twitter. E così via, incluse piattaforme molto più specifiche per metterci in contatto in aereo, sui mezzi pubblici, in luoghi precisi. Sembra che l’imperativo sia collegarci, ovunque e comunque. Ma, più che di odio, qui si parla di discrezione: se volessimo evitare di ritrovarci faccia a faccia con tutte queste persone al bar dietro l’angolo o al centro commerciale?