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Anziani, con Facebook vivono meglio

Secondo l’associazione italiana di psicogeriatria (Aip), Facebook avrebbe un effetto benefico sulla memoria degli over 65. Oltre un milione e mezzo di anziani possiede un profilo sul social network e un altro milione di internauti dai 65 anni in su utilizza Skype e YouTube.

Uno studio condotto nelle province di Brescia e Cremona ha rivelato che collegarsi quotidianamente a Facebook per un’ora avrebbe un effetto positivo e benefico sulla memoria, conservandola attiva, e migliorerebbe l’umore.

Marco Trabucchi, presidente dell’Aip, ha detto: “Negli ultimi anni il numero di anziani che si è avvicinato al web è cresciuto dell’80%. Gli anziani sono la fascia di utenti cresciuta di più. Basti pensare che gli over 65 iscritti a Facebook o MySpace sono circa l’8% del totale. Internet e le nuove tecnologie tengono viva la curiosità culturale degli anziani, migliorano le prestazioni cognitive e mantengono giovane il cervello, stimolando l’attenzione, la memoria, la percezione”.

L’utilizzo del web, inoltre, ridurrebbe i sintomi di ansia, stress e depressione e aiuterebbe gli anziani con problemi di disabilità a creare reti di supporto e sociali

Fonte: http://www.televideo.rai.it

Decollano gli accessi a Facebook da cellulari e tablet e arriva un’unica versione per il mobile

Se fosse una nazione, sarebbe la quarta più popolata al mondo dopo Cina, India e Stati Uniti. Decollano gli accessi a Facebook da cellulari e tablet: il social network ha appena superato la soglia di 250 milioni di utenti unici mensili che leggono le sue pagine in strada, in viaggio o a casa senza impiegare una connessione alla rete fissa.

Per accedere ai loro profili utilizzano le applicazioni software da iPhone, Blackberry, Nokia e smartphone con il sistema operativo Android. La maggior parte naviga attraverso i browser. Anzi, Facebook ha semplificato l’interazione per il suo pubblico. Finora aveva una pagina dedicata ai dispositivi con schermo touch e un’altra per i cellulari meno potenti. Ma gli sviluppatori software hanno ammesso che era troppo complesso gestire l’evoluzione di ogni versione del social network. E quindi hanno costruito una singola piattaforma all’indirizzo m.facebook.com. Nel mondo la rete sociale online lanciata da uno studente di Harvard, Mark Zuckerberg, e da tre suoi amici del college ha raggiunto 600 milioni di persone.
Ma per le successive espansioni Facebook guarda ai paesi in via di sviluppo, a partire dall’India dove ha aperto di recente un centro per gli sviluppatori software e ha conquistato il podio come social network più frequentato, sottraendo il primato a Orkut. Diventa decisivo l’accesso da cellulare, soprattutto nelle aree non raggiunte da connessioni fisse. Secondo l’Itu alla fine dell’anno scorso erano 5,3 miliardi gli utenti di telefonia mobile: può collegarsi ai network di telecomunicazione il 90% della popolazione. E Facebook si prepara all’avanzata. Ha comprato Snaptu: è un’azienda specializzata nell’arricchimento dell’interazione con il social network attraverso gli schermi di cellulari meno potenti degli smartphone.
L’espansione procede rapida. Lo scorso febbraio la rete sociale online aveva 100 milioni di utenti attivi che leggevano le sue pagine in mobilità, raddoppiati a novembre. E da allora si sono aggiunte altri 50 milioni di persone.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com

Sfida Facebook con un virus e poi Zuckerberg lo assume

ROMA – C’è una nuova generazione al lavoro. Si muove e vive nella Rete, la crea da dentro, la gestisce. E’ una generazione che sfugge alla comprensione della maggioranza, che segue proprie regole e inventa codici di accesso e di riconoscimento. Il suo linguaggio è stato tradotto per gli umani nel film di David Fincher, The Social Network, che ha raccontato la storia di Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Un genio, un hacker, l’uomo dell’anno, il miliardario più giovane del pianeta e, soprattutto, un visionario. Difficile contattarlo e captarne l’attenzione, per riuscirci bisogna passare da codici, algoritmi, buchi neri, cavi e fantasiose scorciatoie.

La storia di Chris Putnam ne è la dimostrazione. Digitando questo nome su Facebook, appare una foto sfocata, e un “mi piace” sottoscritto da circa 30mila persone. Putnam è un hacker nato nel 1988 che ha sfidato con un virus il grande social network. Il suo scopo non era infastidire Zuckerberg, ma farsi notare. La sua avventura ha inizio nel 2005 quando Chris, allora 19enne, studiava alla Georgia Southern University e insieme ai suoi due amici Marcel Laverdet e Kyle Stoneman, decise di creare un worm che si replicava grazie a un exploit XSS (Cross-site scripting) tramite un campo non trattato correttamente (Websites). Il worm era in grado di fare tre cose: chiedeva l’amicizia all’account di Chris, si replicava nel profilo e cambiava la grafica del profilo dell’utente replicando fedelmente quella di MySpace.

Il worm code si replicava di utente in utente in modo rapido e silenzioso, diffondendosi in modo virale attraverso gli amici che guardavano il profilo di qualcun altro. I tre hacker potevano così modificare rapidamente lo script principale per produrre una serie di effetti a sorpresa sugli account che passavano sotto il loro controllo. “Era un lavoro che faceva molto effetto e riarrangiava tutti i campi del profilo in sgradevoli caselle di MySpace e schemi colorati”, ha raccontato Putnam. Questo li rendeva però facilmente rintracciabili. Tre rintracciabili e geniali sbruffoni. In meno di 24 ore dal rilascio del worm, Putnam venne contattato da Dustin Moscovitz, uno dei co-fondatori di Facebook.

Con la diffusione del virus gli utenti contagiati avevano cominciato subito a lamentarsi. Anche numerosi dipendenti di Facebook erano stati infettati, incluso un account interno di prova chiamato The Creator. Come ha poi spiegato Putnam, il ‘creatore’ non era Zuckerberg: “Ma abbiamo immaginato che anche lui fosse stato costretto a fare il punto e avesse considerato l’operazione uno straordinario successo”. In meno di un giorno Putnam fu invitato da Moscovitz a presentarsi alla sede di Palo Alto di Facebook. Questo non prima di un lungo scambio di messaggi. “Il fatto che Moskovitz conoscesse la mia identità non fu una grande sorpresa dal momento che l’interazione del worm con il mio account era scontata. Anzi eravamo arrivati a fornire delle informazioni su come contattarci”, ha raccontato Putman. La reazione di Moskovitz fu comunque divertita. “Hey tutto questo è divertente, ma sembrerebbe che tu stia cancellando le informazioni sui contatti dai profili degli utenti quando il worm si replica nuovamente. E così non è bello”. In cambio di tanta condiscendenza, Putnam iniziò a rivelare il worm nei dettagli insieme ai punti deboli che aveva identificato nel social network. Dopo circa un mese gli fu chiesto se volesse lavorare per Facebook.

La Rete segue percorsi e colloqui di lavoro senza regole. Putnam era spaventato. In quel periodo un altro hacker era stato arrestato dopo aver fatto la stessa cosa. Un virus per MySpace, la promessa del social network all’assunzione e dopo l’invito, la prigione. “Quando arrivai alla sede, al secondo piano dovevo incontrarmi con Dustin. Ero teso ma quando la porta si aprì e trovai Moskovitz e non i poliziotti in piedi di fronte a me”. Putnam fu assunto e iniziò a lavorare per Facebook pochi giorni dopo il colloquio. Oggi lavora insieme al suo amico Marcel Laverdet insieme allo staff del Social Network più famoso del mondo.

E’ uno degli ingegneri del sito, partecipa regolarmente a forum da nerds assoluti, come Somethingawful.com, dove è abbastanza famoso. Le sue pagine preferite sono Facebbok (un profilo nel profilo), Facebook Engineering e una pagina sulle “uova di pasqua”: easter eggs che in realtà sono un regalo segreto dentro i programmi, ovvero dei codici segreti che i programmatori inseriscono all’interno dei loro programmi e che non sono menzionati nei manuali ufficiali. In genere vengono usati dai programmatori per scrivere segretamente i loro nomi. Per vedere un easter egg bisogna conoscere delle sequenze di tasti o operazioni da compiere. Presso alcune società di software l’inserimento di queste “sorprese” è permesso. Così, tra i simpaticissimi scherzi da hacker, nella lista delle emoticon di Facebook, ce n’è una dedicata proprio a Chris Putnam, è la ‘Weird face’ (e si richiama digitando :putnam:). “Sarò sempre grato a Facebook e alla sua passione per gli ingegneri stravaganti e con un passato da hacker”, ha raccontato l’ingegnere in un’intervista in Rete, abbastanza in superfice perché a noi fosse possibile riportarla sulla terra.

Fonte: http://www.repubblica.it

Una bambina di nome Facebook

Facebook Jamal Ibrahim, questo il nome di una bambina egiziana nata da pochissime ore; i suoi genitori hanno deciso di chiamarla in questo modo come riconoscimento al social network che ha avuto un ruolo fondamentale nella rivolta che ha permesso la cacciata di Mubarak.

La creatura di Mark Zuckerberg, spesso additata unicamente come veicolo di perdite di tempo, è stata indispensabile per l’organizzazione degli insorti, per la circolazione delle idee, per veicolare informazioni diverse rispetto a quelle fornite dai canali ufficiali.

Se un tempo i bambini prendevano il nome dei grandi protagonisti della Storia, oggi la Storia la fanno anche le nuove forme di comunicazione digitale, il Web 2.0, i blog, il microblogging e il social networking; cambia il Mondo, cadono i tiranni e nascono nuovi eroi.

Al di là di quelle che sono le considerazioni “estetiche” riguardo alla scelta di un nome così particolare, ci si augura semplicemente che questa bambina possa portarlo con serenità e vivere in un Mondo meno incerto rispetto a quello in cui sono cresciuti i suoi genitori.

Ferrari, Google, Coca Cola, le aziende con più commenti su Facebook

Text 100 ha realizzato in collaborazione con e.Life una ricerca per indagare come le aziende usano Facebook e come interagiscono con gli utenti italiani.
Lo studio ha preso in esame circa 200 brand italiani e internazionali e 15 categorie merceologiche e ha analizzato oltre 1.000.000 tra post, commenti e link in italiano pubblicati in wall aperti, fan page e gruppi di Facebook.
E’ stato preso in considerazione il periodo tra il 1 novembre e il 31 dicembre 2010.
I post relativi alle 10 aziende più commentate, rappresentano il 40% del totale dei commenti nel periodo analizzato.

La classifica delle aziende più commentate:
Non stupisce che nella top ten dominino multinazionali come Google, Coca-Cola, Disney (rispettivamente prima, seconda e sesta) e campioni del web come YouTube (quarta) e Yahoo (settima).
Più sorprendente il quinto posto di  MySpace ma soprattutto la presenza nelle top ten di brand italiani: Ferrari, FIAT e Mediaset, rispettivamente terza, ottava  e decima.
Ma sono anche altre le aziende del nostro paese che riescono a utilizzare con estrema efficacia sia in termini quantitativi che qualitativi lo strumento “Facebook”.
Ad esempio TIM, tra i primi nella speciale classifica di gradimento, ha ottenuto oltre 5.000 “like” a novembre e dicembre.
Segue Pupa con 4.455 “like”, che ha dimostrato anche una buona capacità di coinvolgimento sulla propria fanpage, in particolare grazie alla campagna sul “cofanetto di tuoi sogni” che nel mese di dicembre ha ottenuto centinaia di commenti. Le fan page più popolari
Solo il 25% delle aziende oggetto della ricerca possiede una fan page in Italiano e tra queste spiccano Vodafone con oltre 638.000 fan e più di 7.000 commenti, IKEA con “soli” 96.436 fan ma con ben 4.833 “like”, TIM con 165.867 fan ma oltre 5.000 “like” e 3.400 commenti e, come già detto, Pupa che spicca per numero di fan (oltre 59.000)  e di “like” (4.455) .
Lo studio ha anche valutato quali siano le fanpage più apprezzate dagli utenti e, in questa speciale classifica, che incrocia le variabili gradimento  (like/fan) e coinvolgimento (post del brand/commenti dei fan),  è Pupa a primeggiare, seguita da IKEA, TIM  e Vodafone.
Sempre a proposito di gradimento, interessante è la top five dei post che sono piaciuti di più, ovvero quelli che hanno ottenuto il maggior numero di fan: BMW primeggia con ben due post in classifica (al primo e al quarto posto), in piazza d’onore IKEA, Vodafone si inserisce con due post in terza e quinta posizione.
Dalla ricerca di Text 100 ed e.life emerge che la maggior parte dei post appare nei “wall pubblici” e non nelle fanpage delle aziende, segno che – quando si parla di social network – l’ascolto è molto importante.
Non sempre infatti le aziende più attive nella loro fanpage sono capaci di coinvolgere i fan in un dialogo a due vie.
Sono numerosi i wall in cui le aziende si limitano a pubblicare i propri messaggi, senza tenere in debita considerazione i commenti dei visitatori o quello che si dice di loro su altri wall.  Quindi quando si definiscono gli obiettivi legati a Facebook è importante non solo puntare al numero di fan ma anche darsi dei target qualitativi, ovvero in termini di coinvolgimento e gradimento.

Fonte: www.bitcity.it

Facebook, Zuckerberg beffato Un hacker gli ruba il profilo

NON poteva esserci modo migliore per dimostrare quanto Facebook sia insicuro. Un hacker dall’identità ancora ignota ha preso il controllo della pagina ufficiale di Mark Zuckerberg 1, il fondatore del social network, divertendosi a lanciare messaggi alle migliaia di fan del giovane miliardario. Giusto il tempo di raccogliere 1.800 “mi piace” e circa 500 commenti al suo unico post e il social network è stato costretto a rimuovere la pagina del fondatore, senza rilasciare almeno al momento alcun tipo di commento. Una figuraccia globale a cui prima o poi dovrà dare una spiegazione.

GUARDA IL MESSAGGIO DELL’HACKER 2

Il messaggio inviato dallo Zuckerberg posticcio era questo “Che l’hacking abbia inizio: Se Facebook ha bisogno di soldi, invece di andare dalle banche, perché non permette ai suoi utenti di investirvi in modo sociale? Perché non trasformare Facebook in un “social business”, nel modo in cui lo ha descritto il vincitore del premio Nobel Muhammed Yunus? Che ne pensate?”. Un chiaro riferimento al recente investimento di Goldman Sachs nel social network quindi, con una proposta da parte dell’hacker di abbandonare i sistemi capitalistici tradizionali per abbracciare l’esperienza di Yunus e del suo social business, in cui i ricavi non sono distribuiti tra gli investitori

ma usati per il miglioramento dellastruttura stessa e per scopi sociali.

Il messaggio “rivoluzionario” dell’hacker ha ricevuto commenti e insulti, ma di sicuro ha colpito l’attenzione dei lettori, increduli di fronte a una comunicazione del genere. Insieme al messaggio, il finto Zuckerberg ha lasciato il riferimento dell’hashtag #hackercup2011, un codice usato nelle conversazioni sul sito di microblogging Twitter. Si tratta di un’ulteriore beffa per Facebook, visto che l’Hacker Cup 2011 altro non è che il concorso indetto dal social network per far emergere i migliori talenti del panorama informatico. L’autore dell’attacco alla fan page di Zuckerberg si candida quindi come un probabile vincitore, seppure fuori dagli schermi, del concorso.

A parte la figura non certo esaltante per Facebook e il suo fondatore (e per gli addetti che si occupano della pagina), il problema della sicurezza sui social network torna all’attenzione degli ormai 600 milioni di utenti del sito. Proprio in queste ore veniva diffuso l’ultimo rapporto sull’argomento, stilato dalla società di sicurezza informatica Sophos, che indicava i social network come uno dei principali veicoli di malware e spam. Ma se neppure Mark Zuckerberg è in grado di custodire la propria password, chi può dirsi davvero al sicuro?

Fonte: www.repubblica.it

FACEBOOK COME UNA DROGA, ARRIVA SINDROME D’ASTINENZA

(AGI) – Londra, 3 gen. – Sono bastate 24 ore di lontananza da e-mail, sms, Facebook e Twitter per stare male e provare ansia e irrequietezza alla stregua del fumatore che tenta di smettere. A rivelarlo e’ stato un gruppo di ricercatori della Bournemouth University che partecipa all’esperimento internazionale ‘Unplugged’, come riporta il quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’. Ai volontari di 12 universita’ di tutto il mondo, tra cui 125 studenti dell’ateneo britannico, e’ stato chiesto di trascorrere un giorno intero lontano da computer, cellulari, iPod, televisione, radio e giornali. I ragazzi avevano il permesso di utilizzare solo i telefoni di rete fissa e potevano leggere libri. Nel corso dell’esperimento i volontari hanno tenuto diari in cui raccontare la propria esperienza. Da quelle pagine e’ emerso che molti hanno provato sentimenti di forte irrequietezza, di ansia e isolamento. In pratica, i soggetti si sono trovati alle prese con la sindrome d’astinenza da informazioni. “La misura in cui stiamo usando una parte della moderna tecnologia e dei nuovi media ci sta cambiando”, ha spiegato Roman Gerodimos, lo scienziato che si e’ occupato della parte britannica dell’esperimento. I giovani che hanno riportato sintomi di dipendenza sono stati maggiormente male per via della mancanza di musica. “Molti di loro”, ha riferito Gerodimos, “hanno detto di aver trovato il silenzio inizialmente piuttosto scomodo e imbarazzante. Ma non appena vi si sono abituati hanno cominciato a notare cose cui mai avevano fatto caso prima: dal canto degli uccelli al ‘suono’ della vita quotidiana dei vicini”. Riflettendo su questa esperienza, ha continuato lo scienziato, “i volontari hanno ammesso di soffrire di sintomi dell’astinenza. Gli studenti hanno paragonato quest’esperienza a quella di una dieta e allo smettere di fumare, e la parola dipendenza e’ risultata ricorrente. La maggioranza di loro in un primo momento ha sofferto ma poi si e’ lasciata coinvolgere dalle nuove atmosfere e sensazioni, mentre una minoranza ha odiato tutto questo”. E ha concluso: “Diventare piu’ consapevoli di quanto e come usiamo le nuove tecnologie potrebbe aiutarci a controllare l’effetto che hanno su di noi. E forse dovremmo rinunciarvi almeno per un giorno all’anno”.

Fonte: www.agi.it

Facebook mette la freccia Nel 2010 più visitatori di Google

Facebook batte Google e si afferma come il sito più visitato negli Stati Uniti nel 2010. Intanto intorno al social network si sta per aprire un nuovo capitolo della battaglia legale che si protrae da anni tra i gemelli Winklevoss, che avrebbero avuto l’idea da cui poi nacque Facebook, e il suo fondatore Mark Zuckerberg.

Il social network, secondo uno studio di Experian Hitwise, ha scalzato il motore di ricerca al primo posto della classifica dei portali più visitati negli Usa nell’anno appena concluso: fra gennaio e novembre Facebook è stato visitato dall’8,93% dei navigatori contro il 7,19% di Google.com. Mountain View supera però Facebook se vengono inclusi nel conteggio tutti i siti che fanno capo a Google, fra i quali quali Youtube e Gmail. In questo caso infatti Google è stato visitato dal 9,85% dei navigatori. Il terzo posto va in ogni caso a Yahoo! con l’8,12% dei navigatori.
I problemi per Facebook arrivano invece sul fronte legale. Tyler e Cameron Winklevoss ci ripensano. E puntano a un annullamento dell’accordo raggiunto in precedenza con il sito web, dichiarandosi pronti ad aprire un nuovo capitolo della battaglia legale intorno al social network che si protrae da anni. I gemelli Winklevoss, che accusano Mark Zuckerberg di aver rubato l’idea originale per la creazione di Facebook e che hanno patteggiato un accordo che li ha portati a incassare 20 milioni di dollari in contanti e 45 milioni di dollari di azioni Facebook, ritengono di essere stati ingannati: l’intesa – riporta il New York Times – non rispecchia il valore reale del social network e la somma ricevuta è troppo ridotta.
Il mese prossimo i gemelli Winklevoss potrebbero chiedere alla corte d’appello federal di San Francisco l’annullamento del precedente accordo così da poter riprendere l’azione legale avviata nel 2004. E insistono: non è una questione di soldi ma di principio. Una differenza di valore c’è senza dubbio, secondo alcune stime infatti l’attuale valore dell’accordo sarebbe pari a 140 milioni di dollari. «Il principio è loro non si sono battuti correttamente. Il principio è che Mark ha rubato l’idea» spiega Tyler Winklevoss. A complicare ulteriormente la vicenda è il fatto che i gemelli Winklevoss sono in guerra anche con gli avvocati che li hanno portati ad accettare il patteggiamento. Un giudice di recente ha stabilito che i gemelli devono versare ai legali una commissione del 20%, ovvero 13 milioni di dollari. Il risultato è che i soldi ricevuti dall’accordo del 2008 sono attualmente bloccati in un conto corrente. «Mark è dove è perchè noi lo abbiamo incluso nel nostro progetto» aggiungono.
Una nuova battaglia legale presenta rischi sia per i gemelli Winklevoss sia per Facebook, la cui posta in gioco è elevata: se il giudice decidesse di annullare l’accordo, la società dovrebbe decidere se patteggiare un’intesa più ricca o se andare al processo. I gemelli Winklevoss potrebbe arricchirsi di più oppure perdere tutto.
La disputa è datata 2003, quando Zuckerberg, i due gemelli e Divya Narendra erano a Harvard e Zuckerberg si è offerto di aiutarli a creare il programma Harvard Connection. Zuckerberg – denunciano i gemelli – avrebbe ritardato il lavoro e si sarebbe mostrato evasivo nel rispondere alle pressioni. Nel febbraio 2004 Zuckerberg ha lanciato The Facebook, fra l’irritazione dei suoi compagni che hanno subito avviato una causa.

Fonte: www.lastampa.it

Facebook? Mai così invadente…e ora molti vogliono scappare

Mai, come nel 2010, Facebook è stato al centro dell’attenzione dei media. Il Time pochi giorni fa ha eletto «uomo dell’anno» l’inventore e fondatore Mark Zuckerberg, 26 anni. Nelle sale cinematografiche ha spopolato The Social Network, ispirato alla biografia di Zuckerberg stesso (indispettito dal risultato: ne esce come un sociopatico, proprio lui che ha aggiornato il significato della parola «amicizia»). Un trionfo per il regista David Fincher: fuochi d’artificio al botteghino, critica in sollucchero e probabile Oscar in arrivo. In luglio le iscrizioni a Facebook hanno raggiunto e superato quota 500 milioni dopo una cavalcata inarrestabile iniziata nel 2004 per rimorchiare ragazze all’università di Harvard. Negli ultimi dodici mesi solo Google, il motore di ricerca «egemone», ha avuto un maggior numero di contatti in rete.
Esserci dunque sembra un imperativo categorico. Mezzo miliardo di utenti (incluso chi scrive) ha risposto alla chiamata: aprendo una pagina personale, connettendosi e comunicando con «amici» selezionati, aggiornando con messaggi la bacheca, rendendo visibili foto, messaggi, video del proprio diario multimediale.
Eppure… se il 2011 fosse l’anno della fuga da Facebook? Sembra folle solo pensarlo a fronte dei fatti appena ricordati ma qualcosa si muove nel variegato mondo di internet. Mettiamo insieme qualche indizio. Un rapporto di Nielsen Rating (azienda che misura, fra le altre cose, l’audience del web) sostiene che su quattro minuti e mezzo di navigazione, l’utente ne dedica uno ai social network, Facebook o Twitter che siano. E cosa fa in quei sessanta secondi? Quasi sempre, nulla. Statistiche a parte, provate a pensare alle vostre pagine Facebook. Probabilmente avrete molti «amici». Altrettanto probabilmente, però, la percentuale di quelli che aggiornano con assiduità il profilo sarà piuttosto bassa. Qualche anno fa impazzava la moda di Second Life, un mondo virtuale in cui si entrava a far parte col proprio avatar. Per settimane non si parlò d’altro. Il sito ha ancora oltre un milione di iscritti ma sembra una città fantasma. Non sarà certo il caso di Facebook, infinitamente più semplice, utile e sensato ma anche il social network non sembra esplodere di vitalità. Una volta iscritto, sei dentro per sempre, la tua pagina rimarrà come una lapide funeraria anche post mortem. Cancellarsi è difficile (più semplice essere cancellato, spesso per motivi imperscrutabili): quante pagine sono in realtà inattive? Quante volte avete sentito dire a qualcuno che Facebook è una noia interrotta da messaggi di antichi scocciatori ora riapparsi come per magia digitale?
Poi, come raccontava la Repubblica qualche giorno fa, ci sono anche gli «antisociali» organizzati. Aziende o singoli che installano nel computer programmi al fine di escludere dalla navigazione qualsiasi sito abbia a che vedere con i social network. Pazzia? Tutt’altro. Le aziende li installano per evitare perdite di tempo prezioso. In qualche caso, il software antisociale è «prescritto» per interrompere la dipendenza da Facebook e affini. In molti altri è una questione di privacy: c’è chi preferisce tutelare i propri dati. Per vari motivi. Per esempio, chi seleziona il personale ormai butta un’occhiata alle pagine personali, e può trovare foto o commenti sgraditi.

Anche da un punto di vista «ideologico», i frondisti sono in crescita. A luglio, dicevamo, Facebook tagliava un traguardo numerico eccezionale. In agosto, il servizio di copertina di Wired, bibbia degli internauti, era dedicato alla «morte del web». Gli assassini? I motori di ricerca (tradotto: Google) e i social network (tradotto: Facebook) che monopolizzano il mercato e abituano il navigatore a una esperienza ipersemplificata del web. Nemico numero uno: Steve Jobs, creatore di un sistema chiuso in cui Apple controlla i contenuti e la tecnologia per fruirli (iTunes, iPhone, iPad).
Più «filosofica» l’opposizione di Jaron Lanier, rispettato pioniere di internet e della realtà virtuale (l’espressione è stata coniata da lui). Secondo Lanier Facebook è «un software antiumano» perché banalizza l’idea di amicizia e ci chiede di descriverci con tre o quattro parole. In altre parole, ci chiede di interagire con la macchina come fosse una persona. Il che implica che il nostro cervello potrebbe essere considerato niente più di un programma. Le nuove generazioni crescono così «con un’idea riduttiva di ciò che è una persona». Date tempo al tempo: quelle quattro parole diventeranno la nostra vera identità. A meno che non organizziamo una bella evasione da Facebook. Magari nel 2011.

Fonte: www.ilgiornale.it

Uomo dell’anno: Mark Zuckerberg batte Julian Assange

Ignorando l’appello dei suoi lettori, che spingevano per un riconoscimento al boss di WikiLeaks, Julian Assange, il Time magazine ha premiato con il consueto riconoscimento di ”persona dell’anno” il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Il 26enne mente del social network più diffuso della rete ha preceduto il movimento conservatore statunitense del Tea Party, che ha avuto un grosso impatto sulle elezioni di medio termine, e lo stesso Assange.

I lettori di Time magazine avevano votato a larghissima maggioranza per il fondatore di WikiLeaks, attualmente dietro le sbarre a Londra, seguito da Lady Gaga, ma secondo il direttore della rivista, Richard Stengel, Zuckerberg ha meritato di più il riconoscimento perché il suo Facebook ‘’sta trasformando ogni giorno il nostro modo di vivere”.

Zuckerberg è il secondo più giovane vincitore del premio dal 1927, quando fu assegnato per la prima volta all’aviatore americano Charles Lindbergh all’età di 25 anni.

Fonte: http://blog.panorama.it

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